lunedì 12 settembre 2016

I profughi in TV e la paura nelle urne

di Renzo Balmelli 

DESTINO. Grazie alla salutare tenuta della SPD forse sarà ancora possibile sfuggire alla marea nera del Meclemburgo. Tuttavia sarebbe vano illudersi che la minaccia sia sventata. Infatti, comunque la si declini, l'attrazione fatale esercitata dalla AfD (Alternative für Deutschland) va oltre l'emergenza migranti, usata in gran parte quale grimaldello elettorale in funzione del potere. E ciò non tanto per le ricadute politiche immediate, che restano ancora da valutare, quanto per le reazioni che il risultato potrà produrre sul piano psicologico nella mente della gente in questa fase di grande incertezza nella vita di ogni giorno e di non minori paure nelle urne. Se una percentuale tanto alta sostiene l'estrema destra in un Land che i profughi li ha visti quasi soltanto in televisione, il governo non dovrebbe reinventare la propria politica migratoria, bensì quella dell'educazione e la corretta lettura dei media. E sarà appunto ragionando in questi termini che capiremo se il buon senso riuscirà, col contributo decisivo della sinistra, a rafforzare gli anticorpi democratici oppure se quello della Cispomerania sarà stato davvero il “voto del destino”, lo Schiksalswahl che in tedesco si carica di significati inquietanti e tenebrosi.

BUONISMO. Chiunque salva una vita salva il mondo intero. Memore della citazione incisa nel Talmud e che rimanda all'orrore della Shoah, la comunità dei popoli civili dovrà rivedere le proprie priorità e di conseguenza raddoppiare gli sforzi per articolare una risposta atta a contrastare l'estrema destra nel suo tentativo di rovesciare i valori universali dell'accoglienza e della tolleranza, sostituendoli con l'odio, il razzismo e la violenza. Il dramma dei profughi necessita una strategia sul piano politico e molta solidarietà nei confronti di chi si batte per i loro diritti. Oggi chi considera che dare una mano al prossimo in gravi ambasce sia un gesto altamente umanitario va incontro a brutte sorprese da parte dei nazionalisti xenofobi che declinano la parola “buonismo” con scherno e disprezzo. Non Angela, ma l'altra Frau tedesca del momento, la signora Frauke Petry leader incontrastata degli ultra conservatori, si arrabbia se si definiscono illiberali le sue soluzioni. Però non spiega come le vede lei.

CATTIVISMO. Che l'Occidente abbia il fiato corto è un sintomo che non si scopre oggi bensì una tendenza in atto da parecchi anni. Anche il recente vertice in terra cinese, povero di risultati come tutti i summit troppo affollati, ha segnato una ulteriore battuta d'arresto del pensiero occidentale sulla mappa geopolitica del mondo. Non pochi osservatori tendono a fare risalire l'inizio del declino alla mancanza di un nuovo ordine multipolare capace - come scrive Franco Venturini sul Corriere della Sera - “di gestire le tensioni di un dopo-Muro che è stato sin qui sinonimo di stragi e impotenze”. E non è difficile immaginare quali sarebbero gli scenari se alla Casa Bianca dovesse arrivare Trump, intrattabile commesso viaggiatore di muri, filo spinato e armi in libera uscita. L'analisi è severa, ma ciò nondimeno riflette l'impaccio dei leader presenti al G20 nel formulare strategie condivise per rimediare al “cattivismo” delle guerre che provocano terrificanti tragedie umanitarie. Dall'Occidente culla dell'Illuminismo, ahinoi finito a sua volta nelle fauci dei revisionisti, sarebbe lecito attendersi qualcosa di più e di meglio.

RISVEGLIO. Chissà se a Virginia Raggi, nelle ore più difficili e delicate del suo ancor giovane mandato, sarà successo di canticchiare, sola nel suo ufficio, le strofe di “Roma non fa la stupida stasera” e di capire, più in fretta di quanto avesse desiderato, che la politica non è uno stornello, ma un campo minato che non da tregua. Arrivata al Campidoglio sulle ali del consenso e il bisogno di cambiamento di una città segnata dal malgoverno, la sindaca ha avuto un risveglio piuttosto brusco finendo nel mezzo di una di quelle bufere che sovente nel corso dei secoli hanno scompigliato la vita dell'Urbe, capace del meglio e del peggio. Per capire come funzionano certi meccanismi, forse le converrebbe, per una curiosa quanto casuale omonimia, rivedere l'irriverente film di Monicelli/Sordi “Il marchese del Grillo”. Al povero nobiluomo, su è giù nei corridoi della Roma papalina, ne accadono di tutti i colori proprio come succede a lei nei ranghi del traballante Movimento 5 Stelle che sta vivendo una metamorfosi dolorosa e non sa che pesci pigliare per uscire dal caos.

LIBERTÀ. Ha provocato non pochi mal di pancia e ancor più numerosi problemi di coscienza la discutibile vignetta di “Charlie Hebdo” sul terremoto che ha colpito il Centro Italia. Nel disegno che col solito stile irriverente rappresenta le vittime del sisma simili a “ penne al pomodoro” o “ lasagne” fatte di corpi ammassati, i luoghi comuni sul Paese sono stati tirati in ballo senza nessun rispetto per chi ha perso la vita, i propri familiari e le proprie case. Ma se è giusto indignarsi e criticare il pessimo gusto di una rivista che fu al centro della solidarietà mondiale quando venne colpita dai jihadisti, non è meno lecito interrogarsi sulla libertà della satira che va comunque tutelata anche se non ci piace, anche se stavolta, pensando alle vittime, si è comportata in modo indegno. Per giunta sbagliando il riferimento al sugo. Perché a tavola, caso mai, il simbolo di questa terra ferita a morte è l'amatriciana, un grande classico della tradizione culinaria. Perciò, nel caso specifico, se d'ora in poi qualcuno si sentirà un po' meno “Je suis Charlie” non si potrà fargli torto. Perché anche questa è libertà.