di Renzo Balmelli
CONVERSIONE. Al termine del lungo viaggio attraverso la notte più tragica, convulsa e assurda della Seconda Repubblica, il governo di Enrico Letta ha ottenuto la fiducia col voto decisivo del Senato. Scontato quello della Camera in virtù della ampia maggioranza di cui dispone il Pd. Ma non è il caso di balzare in piedi sulla poltrona per compiere salti di gioia. Si può tutt'al più tirare un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo di una crisi al buio che avrebbe esposto l'Italia al severo giudizio della comunità internazionale. In questo clima di estrema incertezza economica e sociale, la prosecuzione del mandato, che verosimilmente sarebbe arrivata anche senza gli imprevisti e teatrali scarti di umore di Berlusconi , era un atto dovuto, un gesto di elementare responsabilità verso gli elettori. Come si può facilmente intuire la fiducia ritrovata è soltanto il primo passo di un doloroso processo di profondo rinnovamento della politica più che mai urgente, ma che sul suo cammino troverà però ancora parecchi ostacoli. Di questa destra improvvisamente convertita al buon senso sulla sua via di Damasco, difatti è meglio non fidarsi, specie dopo il drammatico Barnum messo in scena dal Cavaliere e dai suoi compari di merenda per assecondare quelli che Sergio Romano ha definito i conati velleitari di un uomo, l'ex premier appunto, arrivato al capolinea. Le prossime mosse diranno con maggior chiarezza se il ravvedimento dell'ultimo minuto è stato soltanto il solito giro di carte truccate per nascondere una sconfitta, oppure se il pentimento per i rischi fatali fatti correre al Paese era sincero. Ad ogni buon conto, definirsi come ha detto Alfano, " diversamente berlusconiano" nasconde non poche ambiguità. Visti i trascorsi è quindi consigliabile non abbassare mai la guardia e diffidare dalle profferte posticce d lealtà piovute in aula tra il lusco e il busco quando l'ala intransigente del Pdl, ormai alle corde, ha intuito, assieme al suo leader in affanno e rassegnato alla resa, che di questo passo si sarebbe trovata isolata all'opposizione senza poter contare sulle furbizie ormai consunte di Silvio.
CAOS. A fare il matto non è stato soltanto Berlusconi, ma tutta quella destra che passando con colpevole disinvoltura dal caos alla follia ha fatto sorgere inquietanti interrogativi sulla sua reale natura al limite dell'eversione. Per un volta, una sola, diamo ragione a Beppe Grillo che nel suo ossessivo e spesso inutile vociare impreca contro il teatrino della politica. Sbaglia tuttavia il comico quando sul palcoscenico ci mette tutti, in una ammucchiata senza distinzione di ruoli e di stile. Nel citare Croce ed Einuadi era implicito il richiamo di Letta all'ala liberale, moderata ed europea di una destra italiana di cui si rischiava di perdere le tracce, stritolata dalle spire di pitoni e pitonesse senza etica e senza decenza. Il laborioso passaggio a Palazzo Madama sancisce quindi nuovi equilibri tra le forze della maggioranza e dentro la destra di cui bisognerà tenere conto per non dilapidare il significato di una svolta che potrebbe rivelarsi provvidenziale al fine di riportare il Paese al ruolo che gli compete di grande potenza industriale. Per la prima volta Berlusconi ha dovuto inseguire i suoi che gli stavano sfuggendo. Se non è la fine è un altro passo sulla via del tramonto.
DERIVE. Enrico Letta è una persona per bene e glielo si legge in viso. Ovunque è stato, ha trovato porte spalancate e accoglienze calorose. Obama ha espresso il suo apprezzamento per la riconferma alla guida di un Paese amico di un alleato prezioso che a sua volta, come accade adesso a Washington, ha dovuto confrontarsi con pericolose derive populiste. Indecente ed eversiva la destra si sta dimostrando infatti pure negli Stati Uniti, dove non esita a spingere il Paese sull'orlo del baratro per contrastare l'odiatissimo inquilino della Casa Bianca e la sua riforma sanitaria. Un atteggiamento a dir poco suicida in nome di tardive e sordide rivalse. Beppe Severgnini ha scritto che se Berlusconi avesse amato l'Italia almeno un pò, non l'avrebbe tenuta in ostaggio. Col suo comportamento la destra repubblicana di sicuro non ama l'America, ma la tiene sotto ricatto senza avere tuttavia un progetto alternativo da presentare se non quello infarcito dai soliti e ripetivi slogan di facile suggestione sl Paese in mano ai comunisti.
IPOTESI. Se Roma piange, Berlino e Vienna non ridono. Il crollo verticale dei liberali in Germania e l'avanzata minacciosa dei nipotini di Haider in Austria hanno modificato mica male il quadro politico di due nazioni ritenute stabili e al riparo dai tormenti dell'italico governo delle larghe intese. All'ombra del Prater la " Grosse Koalition" rosso-nera si salva per il rotto della cuffia, ma si preparara a vivere giorni difficili per tenere a bada le pulsioni anti europee dell'estrema destra. Sotto la porta di Brandeburgo invece non si è ancora del tutto dissipata la diffidenza verso il " matrimonio degli elefanti", ovvero la grande coalizione tra i due maggiori partiti, SPD e CDU, che seppure tra i mugugni e lo scontento di entrambi gli schieramenti si va vieppiù ipotizzando come la più probabile via d'uscita dalla situazione di stallo creatasi dopo le elezioni. Roseo comunque il clima non è, tanto più che le ipotesi di una maggioranza alternativa di sinistra al Bundestag o di un monocolore democristiano minoritario non sono da escludere. Forse non era proprio questo il trionfo che Angela Merkel sognava.
ORGOGLIO. Nell'Italia due volte devastata, prima dalle scelleratezze del fascismo, poi dalle rovine della seconda guerra mondiale, arrivò sugli schermi il capolavoro di Roberto Rossellini " Roma città aperta" che oltre a rappresentare il manifesto del neorealismo, mostrò al mondo il talento insuperabile di una delle maggiori attrici mondiali, quello di Anna Magnani. A quarant'anni dalla scomparsa della grandissima interprete, l'immagine della " sora Pina" abbattuta da una raffica mentre cerca di salvare il marito dalla furia nazista, fa di questa donna, come ebbe a dire Fellini, la figura femminile che diede agli italiani un motivo d' orgoglio dopo le privazioni della dittatura. E nessuno seppe uscire d scena come la Magnani, Mamma Roma, lupa e vestale, aristocratica e stracciona, quando nel film Roma chiude ridendo la porta in faccia al maestro di Rimini e con una sola frase conclude la sua magnifica carriera di attrice: Federico, vai a dormire!