sabato 19 ottobre 2013

Trascurabile dettaglio

La condanna in via definitiva del Cav viene da più parti trattata
come un dettaglio da non prendere nemmeno in considerazione.

di Renzo Balmelli


SHOW. Sono vent'anni, ormai, che gli interessi personali di un solo uomo condizionano e paralizzano l'Italia. E a giudicare dall'andazzo di questi giorni, in vista degli arresti domiciliari di Berlusconi, forte è il timore che le cose non possano che peggiorare. Attorno all'esecuzione della pena, o, per meglio dire, attorno ai trucchi per ritardarla o addirittura per non attuarla, i compagni di merenda dell'ex premier stanno, infatti, costruendo un castello di trappole che lascia esterrefatti. Come nelle serie televisive di duemila e oltre puntate, non passa giorno che la telenovela non si arricchisca di nuovi, inverosimili sotterfugi, alla faccia della legge uguale per tutti. L'intento palese è quello di relegare in secondo piano se non addirittura fare dimenticare la condanna in via definitiva del Cav, quasi fosse un trascurabile dettaglio da non prendere nemmeno in considerazione. Che ciò possa avvenire deve fare riflettere poiché a questo punto non è più soltanto un fatto politico.



PRESTIGIO. Mette tristezza vedere come la deleteria stagione del bunga-bunga sia riuscita a mortificare persino l'Italia dei saperi, a giusta ragione orgogliosa custode di un patrimonio straordinario che il mondo le invidia. Culturalmente parlando prevale l'impressione che il Paese sia rimasto fermo al palo, frenato dall'ingordigia di pochi e incapace di rinverdire i fasti del mitico "made in Italy", un tempo sinonimo di immaginazione, inventiva e creatività. Che qualcosa non sia più all'altezza dell'antico prestigio si è avvertito alla Fiera del libro di Francoforte dove il contributo italiano è stato decisamente sotto tono. A Roma i soliti buontemponi hanno ribattezzato "Alfetta" il binomio Alfano-Letta. A loro si offre a questo punto l'occasione di raccogliere una sfida affascinante: fare il pieno di cultura affinché in questo campo l'Italia non diventi una nazione di seconda categoria.



CLONE. Al reazionari d'Italia piace da morire la gallica sorella lepenista. A tal punto piace, da vagheggiare una clone di Marine Le Pen in salsa romana alla quale affiancare un replicante di Alain Delon, anche a costo di far rivoltare nella tomba l'amato e comunista Luchino Visconti. Al rigurgito delle ideologie più sfrontate di cui è portatore ilFront National concorre l'avversione quasi viscerale, radicata e diffusa nei movimenti consimili che un po' ovunque guadagnano crescenti consensi, contro l'Europa e gli immigrati. Avversione che spesso si traduce nei toni gridati e insolenti riservati ai paladini della tolleranza e dell'accoglienza. Ma non solo. Quali siano i rischi reali insiti nella possibilità, tutt'altro che remota, che una destra radicale conquisti la scena politica si può facilmente capire da quanto accade negli Stati Uniti dove il Tea Party, ormai sempre più padrone in casa repubblicana, sull'estremismo devastante ci marcia alla grande, ballando sull'orlo del baratro. Abbassare la guardia sarebbe quindi un errore imperdonabile.



MALE. Priebke è morto e la cosa migliore sarebbe stata di fargli i funerali senza schiamazzi per non offrire ai nostalgici il pretesto di trasformare il persecutore in perseguitato. Uomo gelido e senza cuore, solerte burocrate di un sistema marcio fino al collo, ma con un forte seguito popolare, il capitano Priebke (non l'ex, ma l'eterno nazista mai pentito) non ebbe pietà ne dei vivi ne dei morti. Ciò che resta del famigerato boia delle Fosse Ardeatine, è la vicenda di un gaglioffo spudorato che ha continuato ostinatamente a negare l'Olocausto ed i crimini bestiali del Terzo Reich. Possa il suo sgradevole ricordo servire se non altro da monito – come sottolinea Serge Klarsfeld al Corsera – "per raccontare alle nuove generazioni cosa hanno fatto certi personaggi arrivando a cent'anni bevendo birra". E arrivarci con l'aria spavalda di chi ha insanguinato e imbrogliato la storia. Per questo prioritario è tenere viva la memoria di quello che fu e resta il male assoluto.



LIBERTÀ. Ha fatto parecchio discutere la mancata attribuzione del Nobel per la pace a Malala, la ragazza pachistana vittima della violenza bruta e del bieco oscurantismo talebano. Il premio, com'è noto, serve ripagare gli sforzi di chi si batte per rendere possibile un mondo migliore. Nessun dubbio che la giovane eroina dell'emancipazione l'avrebbe strameritato. Ma anche onorare l' Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche è stata sua volta una scelta legittima che coglie perfettamente nel segno. Gli interessi inconfessabili che circondano il turpe commercio di questi ordigni impediscono la messa al bando definitiva dei temibili strumenti di morte, obiettivo al quale l'OPAC tende con tutte le sue energie materiali e morali. Per Malala, simbolo della lotta alla prevaricazione e per il diritto all'istruzione, andrebbe coniato un Nobel speciale, il Nobel della libertà, sinonimo di pace e progresso. Per il suo straordinario impegno le è stato conferito il prestigioso premio Sakharov e noi siamo tutti con lei.



INGHIPPO. Potenza delle statistiche, aveva del miracoloso la ricerca di un autorevolissimo istituto bancario elvetico dal qual risultava che ogni persona residente nella Confederazione elvetica possiede in media un gruzzoletto di ben 513 mila dollari. Insomma, come se uno nascesse con l'assegno in mano. Fosse vero, sarebbe un prodigio da fare invidia al buon Gesù. Ma siccome la moltiplicazione del pane e dei pesci riusciva bene soltanto a Lui, gratta, gratta, ecco saltar fuori l'inghippo in questo quadro idilliaco: a dispetto delle cifre e delle percentuali da Paperon de Paperoni, il divario tra ricchi e poveri rimane costante. Stavolta chi non crede nei miracoli ha avuto ragione, di modo che un certo signor Trilussa ha potuto sorridere sotto i baffi nel vedere quanto sia sempre attuale il suo famoso e sarcastico stornello sui polli ben poco equamente divisi.