martedì 24 settembre 2013

Un video-gioco di vecchia generazione

SPIGOLATURE 

 di Renzo Balmelli 

 RISCATTO. Non pianger per me, Italia. Qui ci sono e qui resto. Con una spolverata di pathos alla Evita (dont cry for me Argentina) e convinto più che mai che la politica sia un infinito musical, anche in attesa del giudizio Berlusconi non si è fatto mancare niente. Davanti a un Paese sempre più esterrefatto, il Cavaliere ha cavato dal logoro cilindro l'ennesimo, stantio teorema sul complotto dei magistrati, il "mostruoso" partito dell'odio e la democrazia dimezzata. Ma le polveri ormai sono bagnate ed il video-messaggio pareva un vecchio video-gioco di un'altra generazione. Nel suo caso e nella rete d'interessi imbastiti con consumata abilità, In questo triste finale di partita il bilancio è magro, mentre c'è invece molto da piangere e nulla da rimpiangere. Con la decadenza che non è di un uomo solo ( quelli passano, restano le idee, ammoniva Kennedy) ma di un ventennio che a proposito di idee lascia un vuoto sconcertante, si avvia alla chiusura un ciclo che ha fatto parlare di se in tutto il mondo per tanti motivi, ma non per la qualità dei contributi messi in campo al servizio del bene comune. Quando la patina del tempo si sarà posata su questo periodo infausto, nei libri di testo, a dispetto dei proclami roboanti, sarà arduo trovare un solo atto di governo degno di essere ricordato. D'ora in poi nessuna astuzia di Silvio e dei suoi cortigiani riuscirà a contenere l'irrefrenabile esigenza di serietà e pulizia morale che sale dalla società civile di fronte a un sistema di potere che ormai sa di muffa. E a proposito del bisogno di aria nuova, la trepidazione con la quale è stato seguito il recupero della Costa Concordia affidato a uomini di valore, ne è la prova eloquente. Dall'isola del Giglio è venuta la dimostrazione che c'è un'altra Italia, c'è sempre stata anche quando pareva relegata nell'ombra dai fasti del sultanato di Arcore. Un'altra Italia affidabile e laboriosa, ben diversa dall'immagine approssimativa e cialtrona del bunga-bunga. E questo si chiama riscatto.

 ABUSI. Con il video di Berlusconi, il video del tramonto, le televisioni pubbliche e private hanno reso un pessimo servizio al pluralismo dell'informazione. Al messaggio privatissimo e autoreferenziale, che ha fatto l'apertura di tutti i telegiornali, è stato infatti concesso uno spazio enorme, sproporzionato, che negli Stati Uniti non verrebbe mai accordato nemmeno a Obama se non in una situazione di gravissima emergenza. Tale anomalia è motivo di sconcerto all'estero dove non si capisce come un politico che non ha cariche di governo e sta per decadere dalla carica di senatore possa monopolizzare le principali emittenti a suo piacimento ed a suo esclusivo  beneficio, senza mai essere interrotto dalle domande dei giornalisti. L'intervento dell'ex premier è stato in pratica un monologo di oltre 15 minuti infarcito di toni eversivi – da guerra fredda, ha commentato Epifani – e offensivi nei confronti degli avversari, delle istituzioni, dei magistrati, della sinistra e di tutti coloro che ponendosi  al servizio dello Stato mai potrebbero permettersi simili abusi verbali, intercalati da minacciosi appelli alla ribellione e alla rivolta. Queste sono cose che possono accadere soltanto in Italia dove da tempo ormai, come fanno notare molti osservatori, esiste una sola stagione politica, la stagione dell'irrealtà, altro frutto bacato del berlusconismo.

 PROVOCAZIONE. In televisione le donne e gli uomini del Cav garantiscono che la giustizia è uguale per tutti. Per tutti, forse, tranne che per uno, tranne che per il capo a giudicare dalla baraonda inscenata dopo la condanna a un anno e la conferma della mega-multa per il Lodo Mondadori. Da queste parti il lupo perde il pelo, ma non il vizio, e l'irruzione sul palco del protagonista che non ha più voce nel copione, sta a significare che la commedia ancora non è finita e che il rischio di prolungare l'inerzia non è scongiurato. Il partito Mediaset si propone precisamente questo da quando nacque vent'anni fa: salvare il soldato Berlusconi e creare un'altra politica al riparo dai controlli istituzionali. Già l'ipotesi di affidare il timone della rinascente Forza Italia a Guido Bertolaso, cioè di colui che nella gestione della Protezione civile non ha lasciato un ricordo adamantino, è un messaggio dal significato inequivocabile in cui si sfiora però la provocazione, specie dopo il successo della mission impossible del Giglio. Con ogni evidenza si è trattato non di un casuale concorso di circostanze, bensì di una strategia calcolata per fare sapere che lui c'è e che nemmeno ai domiciliari o ai servizi sociali libererà il campo. Almeno per ora. Comunque sia, lascia perplessi il solito proclama del predellino, in palese ritardo sulla storia , il quale assicura che presto tornerà a risplendere su Roma il sole di Forza Italia. Ma quando mai. Il "sol dell'avvenire" è già spuntato da un pezzo ed era un'altra cosa.

 FRONTIERA. Oggi come ieri, alla destra populista hanno sempre fatto comodo i capri espiatori. Di solito la perfidia colpisce i lavoratori stranieri come accadde nella Confederazione elvetica all'epoca delle iniziative del tribuno xenofobo Schwarzenbach. In tempi più recenti la perfidia si è indirizzata verso il fantomatico idraulico polacco, i frontalieri ed i padroncini italiani, accusati delle peggiori infamie. Ironia della sorte, a dispetto delle campagne cariche di veleno, la Svizzera si è però attivata in tutti i modi per invitare le imprese della vicina Italia a trasferirsi al di qua del confine, offrendo loro condizioni di favore. Orbene, l'iniziativa ha avuto un tale successo da costringere i promotori a porvi fine a malincuore prima del termine stabilito. Le disponibilità erano infatti esaurite. Un bello schiaffo alla faccia di chi crede, cullandosi nella miope visione della società e della civile convivenza, che il mondo finisca alla frontiera.

 GIACCA. In Germania mancava una nota curiosa per rendere un po' meno soporifera la campagna elettorale piuttosto noiosa. A rianimare la competizione ha provveduto la giacca di Angela Merkel che in pubblico ne sfoggia un'intera collezione, tutte uguali nel taglio, ma dai più svariati colori. Quale sarà la tinta del capo d'abbigliamento che indosserà dopo le elezioni di domenica è l'interrogativo che tiene banco nei media e appassiona i tedeschi. Se la sua rielezione appare scontata da quando il voto della Baviera, come recita la pubblicità di una nota bevanda , le ha messo le ali, meno sicuro è sapere con chi governerà dopo il tonfo dei liberali. La FDP sta elemosinando il secondo voto per superare la soglia di sbarramento del 5% che garantisce l'accesso al Bundestag, ma l'impresa appare disperata. Con un linguaggio da gossip, vista la difficoltà di ripristinare la vecchia coalizione nero-gialla, ci si sbizzarrisce a speculare con chi la Merkel convolerà a nozze dopo il voto e con quale giacchetta. Quella rossa, a pochi giorni dall'apertura dei seggi, è balzata in testa delle ipotesi più accreditate, sebbene lo scenario di una grade coalizione CDU/SPD, sulla quale convergono i pronostici, sia causa di non pochi mal di pancia nei due schieramenti. Ma ormai anche nella Germania " maestrina di virtù", gli elettori si sono rassegnati all'idea che dalle urne uscirà non un volo d'amore nuziale nel cielo sopra Berlino, ma un classico matrimonio di interessi. Forse l'unico a non volerlo è Peer Steinbrück.

 FELICITA'. Convince poco la pagella della felicità elaborata dall'ONU che prova a catalogare sentimenti per loro natura incompatibili coi freddi parametri statistici. In questa curiosa classifica al secondo posto figura la Norvegia, paese all'avanguardia, ma non certo al riparo da prove laceranti, fonte di gravi disagi. Dando per buono il PIL della felicità, ribattezzato FIL (felicità interna lorda), sorge qualche dubbio sull'attendibilità della ricerca al pensiero che nella ricca petro-monarchia del nord siano gli xenofobi puri e duri del SIV, il partito del Progresso in cui militò lil criminale Anders Breivik, a fare da ago della bilancia per garantire la maggioranza al prossimo governo di centro-destra. Il ghigno dell'estremista, autore del massacro in cui morirono 77 persone, suona come una condanna ben diversa dal concetto di felicità.

 SGOMENTO. Nasce nei laboratori nazisti il gas sarin impiegato in Siria e causa di atroci sofferenze. Fu infatti ottenuto per la prima volta nel 1939 da due scienziati tedeschi che misero la loro scoperta al servizio di Hitler e della sua sanguinaria brama di potere. La comparsa di questa terribile arma chimica, comprovata dal rapporto dell'ONU, ci riporta a uno dei periodi più tragici dell'umanità, quando in quella sorta di antro sinistro e crudele che erano le fabbriche della morte del Terzo Reich si faceva a gara nel mettere a punto le più spaventose armi di distruzione di massa. Che lo scempio sia sopravvissuto alla storia non fa che accrescere lo sgomento e la condanna verso chi ha messo la firma sulla strage di innocenti.