lunedì 9 settembre 2013

Un’estate non poco agitata

SI VIS PACEM. Si riparte, dopo una estate invero non poco agitata, con l'angoscia nel cuore per la minacciosa prova di forza che si va delineando in Siria, vaso di Pandora di tutte i misfatti del Medio oriente. Ad acuire i rischi insensati di un conflitto che potrebbe contagiare non soltanto l'intera regione, ma anche i precari equilibri planetari, concorre lo spettro degli atroci crimini contro l'umanità commessi in quell'area in spregio alle convenzioni internazionali. Le ispezioni diranno quali sono le responsabilità del regime di Damasco e di chi ne è complice dietro il paravento di interessi inconfessabili Ma a che a più di un secolo dalla loro devastante apparizione sui campi di battaglia, i gas nervini e le armi chimiche non siano ancora state bandite definitivamente è un vulnus che apre le porte alle peggiori nefandezze. All'opposto della citazione latina, la pace non si prepara facendo la guerra, ma il grave sospetto che la guerra sia la prosecuzione della diplomazia con altri mezzi sembra avvalorato dall'immane catastrofe che ogni giorno si compie sotto gli occhi delle Cancellerie balbettanti e indecise a tutto.

 BURATTINAI. Nel rileggere in filigrana i tragici eventi che hanno sconvolto l'Egitto, ormai ricaduto nelle mani dei militari, si finisce col passare in rassegna le sorti delle varie primavere, oltre a quella araba, che hanno acceso speranze inaudite, poi tristemente disattese. Dalla lontana Repubblica di Weimar, coi suoi esaltanti fermenti culturali poi strozzati dalla barbarie nazista, alla splendida primavera di Praga, soffocata dal miope imperialismo sovietico, la storia è piena di fallimenti e di occasioni perdute. Quante volte l'illusione di una società più equa si è infranta contro la stupida ferocia dei burattinai di turno e dei loro protettori. Al Cairo, sotto la pesante cortina di piazza Tahir , si prova a indovinare l'immane e per ora frustrata fatica di un Paese abbagliato dal miraggio di una problematica democrazia che sembra essere neppure all'inizio.

 OSSESSIONI. A 50 anni dal celebre "I have a dream" col quale Martin Luther King osò sfidare a viso aperto l'arroganza dell'America bianca e segregazionista, il sogno resta incompiuto. Se grazie a quella marcia il Paese è stato reso migliore e più giusto per tutti, non tutti nel mondo ne hanno capito e accettato la portata. Sotto sotto continuano a ribollire grumi di intolleranza che non hanno risparmiato neppure l'Italia. Mentre la stagione balneare batteva il pieno, si è scatenata una tempesta di livore e di insulti contro Cécile Kyenge ("orango", "prostituta" e quant'altro) indegna di una società civile. Dietro la bacata ideologia dei nostalgici di "faccetta nera", incapaci di affrontare un corretto confronto delle idee, si intuisce il risvolto peggiore dell'uomo, deformato da una esistenza senza sogni e popolato da ossessioni razziali.

 ANIMA. Chissà come si potrebbe tradurre in Germania l'italica perorazione a dire qualcosa di sinistra. Scartato d'ufficio, per ovvie ragioni linguistiche, l'improponibile sag mir etwas auf links che risulterebbe ridicolo oltre che incomprensibile, non si può tuttavia fare a meno di porsi qualche legittimo interrogativo sullo stato di salute della socialdemocrazia tedesca alla vigilia delle elezioni. Sondaggi e pronostici lasciano intravvedere un quadro generale della situazione ormai abbastanza definito e favorevole, salvo cataclismi dell'ultima ora, alla riedizione della coalizione di centro destra guidata da Angela Merkel. A questo punto qualcosa di sinistra, un guizzo declinato in loco, potrebbe magari essere di giovamento alla SPD per ritrovare l'anima smarrita della grande tradizione socialdemocratica a cui di questi tempi sembra mancare la linfa vitale della passione.

 RIMPIANTI. Con la stuzzicante complicità del bicentenario di Verdi, è cresciuto assieme alle estenuanti turbolenze dello scontro politico-giudiziario, anche il rimpianto per l'Italia " si bella e perduta". L'Italia già duramente mortificata dall'infausto ventennio berlusconiano, ma che purtroppo non ha ancora finito di pagare dazio per il viaggio al termine della lunga notte di Arcore. Con l'uso astuto e disonesto della comunicazione, la destra, abilissima nel capovolgere il senso comune della realtà col suo nuovo dizionario a protezione del leader, sta infatti mettendo in atto una vera e propria strategia della mistificazione destinata ad alzare cortine fumogene per modificare il corso degli eventi. Trionfa così l'impostura in nome di una concezione distorta della legalità e della democrazia che mira a distogliere l'attenzione dai veri problemi dell'ex premier. Perché in fin dei conti a essere condannato è l'eletto, non chi lo ha votato. Ben altra cosa insomma rispetto allo slogan delirante della " guerra civile" annunciato da Bondi se il Senato votasse la decadenza del Cavaliere dalle cariche pubbliche.

 RIDICOLO. Con la storia che si fa cronaca e viceversa, emerge la figura di Giorgio Napolitano che prova a ridare lustro e brillantezza all'immagine dell'Italia nel mondo scalfita dalle ricadute del bunga-bunga e dei processi che ne sono seguiti. Il Capo dello Stato ha nominato quattro senatori a vita di assoluto , incontaminato prestigio e di altissimo profilo: sono Abbado, Piano, Cattaneo e Rubbia, nomi di primissimo piano nei loro campi di attività. Ed ecco, neanche a farlo apposta, arrivare a volta di corriere espresso il berciante dissenso di Pdl e Lega che con una faccia tosta incredibile si rammaricano per la mancata nomina di colui che a loro dire sarebbe stato l'unico meritevole di tanto onore: il cavalier Silvio ben noto alle cronache internazionali non certo per le sue doti di statista. Ma possibile che non si vergognino nemmeno un pochino, o non abbiano almeno il senso del ridicolo!