di Renzo Balmelli
IRA E RAGIONE. Blasfemo frutto di una mente bacata, il filmaccio che deride Maometto irrompe nella campagna presidenziale americana e sull'infuocata scacchiera mediorientale col suo carico di strategie devastanti. A esse, alla stupidità criminale che ha guidato la mano del regista, in simili momenti di estrema tensione si può soltanto contrapporre il buon senso, nella speranza che la ragione prevalga sui giorni dell'ira. Dimostrandosi statista avveduto e consapevole di guidare una grande potenza, Obama nonostante la gravità dei fatti accaduti a Bengasi non si è lasciato travolgere dalla spirale delle crociate punitive evocate dalla destra repubblicana per raccattare consensi e ha deciso , in linea con le sue convinzioni, di tenere aperto l'unica opzione plausibile, quella del dialogo e della diplomazia. Qualsiasi altra ipotesi finirebbe col trascinare il mondo arabo in un conflitto senza ritorno. Nell'atteggiamento adottato dalla Casa Bianca è però implicito un messaggio all'Islam affinché porti avanti senza tentennamenti la mutazione da forza di lotta in forza politica, poiché da essa dipende il successo della primavera araba. Restare nell'ambiguità, essere pompieri e incendiari è una causa persa in partenza, è dare corda al fondamentalismo, a maggior ragione se si considera che l'uccisione dell'ambasciatore Chris Stevens è stata sua volta una barbarie intollerabile, ordita da una occulta cabina di regia al servizio di interessi inconfessabili.
DISAFFEZIONE. Dato che è come se l'Italia fosse già in campagna elettorale, cresce la curiosità di conoscere gli orientamenti di voto dei cittadini. Orbene se i sondaggi verranno confermati, non c'è nulla per cui esultare. Stando così le cose, al momento di recarsi alle urne il peggior nemico dei partiti, oltre alla crisi economica, sarà infatti la disaffezione che raggiunge picchi mai visti. Sembra di capire che nessuno abbia fatto tesoro della provvidenziale pausa di riflessione offerta da Napolitano e dal governo Monti per pensare e ripensarsi. La sinistra perché frenata dalle liti personali e dai contrasti interni sul programma. La destra perché rimasta quella del Rubygate e del cucù alla Merkel. Il centro perché persosi in periferia. I grillini perché vivono più di slogan che di sostanza. È un quadro piuttosto deprimente, sostanzialmente povero d’impulsi vivificanti, che in pari tempo segnala quanto sia diffusa la sfiducia tra l'opinione pubblica, ormai stanca e sconcertata dallo sterile teatrino della politica oltre il quale si staglia il fantasma della deriva qualunquista.
DESIO. Da quando le escort si sono squagliate, il desio del Cavaliere si volge ai naviganti di quella che potrebbe chiamarsi la crociera delle futilità. Le banalità propinate ai compagni di viaggio sono tanto scontate se non addirittura ridicole, da fare impallidire il ricordo di Monsieur De La Palisse. Tra le amenità della navigazione, merita la medaglia d'oro il fantozziano "serve una svolta salutare", un auspicio che detto da chi è stato tanto a lungo sulla breccia da avere lasciato sullo scranno la sagoma indelebile del suo fondo schiena ha il sapore di una beffa colossale. Segue a ruota l'impegno a non consegnare l'Italia alla sinistra, come se quando era governata dalla destra andasse a gonfie vele. Rispetto a La Palisse c'è però una differenza sostanziale. Il povero generale morto a Pavia fu vittima di altrui burla che gli valse, suo malgrado, la fama di campione dell'ovvio per il resto della Storia. Le esternazioni del Cavaliere sono invece tutte farina del suo sacco.
GRAZIA. Shakespeare che di tresche, regine, principesse, cortigiani e pettegolezzi se ne intendeva, aveva già intuito, con parecchio anticipo sulla stagione del gossip, che "Molto rumore per nulla", come il titolo di una sua famosa commedia, è una locuzione che esercita un formidabile potere di attrazione sul pubblico. E molto rumore per nulla o quasi si è fatto attorno al topless di Kate Middleton, fotografata mentre si toglieva la parte alta del costume con un gesto da donna innamorata che forse non avrebbe lasciato indifferente nemmeno il drammaturgo di Stratford. Per sua sfortuna la futura regina ha acquisito con lo statuto reale una visibilità che la condanna a essere perseguitata dai paparazzi, distanti però anni luce, con la loro sfrontata invadenza nella privacy, dal tocco di grazia dei versi del grande William. Ma non è la fine del mondo.
DISCREZIONE. Con Roberto Roversi, morto nella sua Bologna a 86 anni, scompare un altro frammento della cultura italiana dal profilo non convenzionale, calamita per tanti spiriti inquieti, e nel contempo estranea alle esibizioni gridate. La cifra di Roversi, poeta e scrittore anomalissimo, partigiano e uomo di teatro, è stata la discrezione. Nei momenti di maggiore esposizione, era così schivo da distribuire i suoi lavori in ciclostile invece di pubblicarli dagli editori. Il vezzo, indice di una forte personalità controcorrente che a detta degli amici a volte sconfinava in metodi di lavoro stressanti per chi gli stava attorno, nulla ha tolto alla sua fama di grande sperimentatore della nostra lingua. Oltre alla collaborazione con Pasolini, la sua abilità a lavorare con il linguaggio segnò profondamente anche il profilo artistico di Lucio Dalla, un'altra voce fuori dal coro di cui si avverte la mancanza nel panorama della canzone d'autore.
CARRILLO. Evoca molti ricordi e alza il sipario su una stagione ormai lontana nel tempo, una stagione attraversata da fermenti, speranze e a volte delusioni anche cocenti, la morte di Santiago Carillo, figura di spicco dell'anti-franchismo e storica guida del Partito comunista spagnolo. Carillo, scomparso all'età di 97 anni, era l'ultimo esponente della generazione cresciuta con Enrico Berlinguer e Georges Marchais, dalla quale scaturì quello che venne chiamato "eurocomunismo". L'adesione alla linea moderata e riformista gli costò l'espulsione dal Pce ancora fermo su intransigenti posizioni dogmatiche. Quell'affronto non lo distolse tuttavia dai suoi ideali. Negli annali resterà di lui l'immagine di quando nel 1981, durante l'occupazione del Parlamento spagnolo da parte dei militari che tentavano un colpo di stato, fu tra i pochi a rimanere in piedi, impassibile, sfidando la tracotanza del colonnello Tejero. Un gesto che, entrando nell'immaginario collettivo, contribuì a rinforzare l'ancor fragile democrazia spagnola e a fare di Carillo un eroe nazionale.