martedì 15 maggio 2012

Scenari di una strana primavera

di Renzo Balmelli 


PROVA. Poco alla volta da Berlino ad Atene, da Parigi e Roma passando per Madrid, la crisi sta erodendo i capisaldi del governo  comunitario, aprendo squarci preoccupanti per la tenuta dell'Unione anche la dove sembrava saldissima. Sotto la spinta del diffuso malumore l'Europa a due velocità traballa vistosamente e lo scricchiolio, seppure per motivi di segno diverso, in queste ultime ore si è avvertito in ugual misura sia in Germania, maestrina virtuosa del rigore, sia in Grecia, campionessa degli sperperi, ormai sempre più lontana dall'antica saggezza aristotelica. Se a un estremo di Eurolandia  il caos ellenico è ormai diventato una costante senza via d'uscita e carica di insidie,  sull'altro versante fa effetto la debacle incassata da Angela Merkel nel Nord Reno-Vestfalia, il più popoloso Stato della Repubblica federale e cuore industriale, minerario, operaio e politico del Paese. Le sinistre democratiche volano e la donna più potente del mondo esce gravemente indebolita dalla consultazione, considerata la prova generale delle prossime elezioni per il Bundestag. Come in tutte le nazioni dove si è votato - ultima la Francia di Hollande - anche la Cancelliera paga la rivolta dei cittadini contro la sua richiesta ossessiva di austerità vissuta però dalla popolazione come una deriva che la impoverisce. L'intesa Sarkozy-Merkel è ormai fallita e archiviata ed è appunto alla socialdemocrazia che l'elettorato, reso insicuro dai passi falsi di una classe politica, ora si rivolge per uscire dalle secche di una conclusione triste, che fa presagire tempi ancora più duri di quelli di oggi.


SANTABARBARA. Mentre l'Egitto esplode di nuovo, Damasco brucia ancora, la Libia resta in bilico e in Algeria resiste l'eterno Fronte nazionale di liberazione, il partito che liberò il paese dall'occupazione francese, gli scenari della primavera araba cambiano in continuazione. Svanito l'alone romantico delle manifestazioni portatrici di speranze inaudite, poi amaramente deluse, per una svolta democratica, il Vicino Oriente è tornato a essere quello che è sempre stato, una Santabarbara attorno alla quale si agita un universo in preda al terrore, alla repressione e alla corruzione. Nessuno sforzo diplomatico sembra in grado di contenere il contagio della sindrome siriana col suo carico di violenze sanguinarie e di minacce per l'intera regione. Ancorché atomizzata dalla morte di Osama Bin Laden, la galassia del terrorismo islamico potrebbe trovare in questo clima convulso nuovi e pericolosi sbocchi alle sue infiltrazioni destabilizzanti proprio vicino a noi, nel bacino meridionale del Mediterraneo.


DIRITTI. E' un segnale di promettente vivacità intellettuale il ritorno dei temi etici nella corsa alla Casa Bianca, fin qui segnata quasi esclusivamente dalle inquietudini per l'incerta evoluzione della crisi. Con l'apertura ai matrimoni gay, Obama con una mossa spiazzante ha difatti sparigliato le carte di una competizione che lo vede in vantaggio nei sondaggi, ma sulla quale si fa sentire il peso delle forze più retrive e ultra conservatrici. L'iniziativa del presidente ha costretto Mitt Romney, sotto accusa per i giovanili atti di bullismo omofobo al liceo, a una affannosa rincorsa per non essere scavalcato su una questione che ribadisce la centralità della lotta a qualsiasi forma di discriminazione e in favore della parità dei diritti sui quali edificare una società davvero equa. In quest'ottica il passo di Obama è stato una scelta di civiltà su uno degli argomenti più spinosi della campagna elettorale.


TENSIONE. Sarà un fatale e involontario concorso di circostanze concomitanti, ma ogni qual volta il confronto sociale si fa più aspro e l'indignazione assume il carattere di una legittima rivolta morale, dagli anfratti della storia rispuntano gli atti violenza, il linguaggio e le sigle degli anni di piombo. E' difficile dire da quali matrici risalgano i rigurgiti vetero-brigatisti di ogni colore; tuttavia senza cadere nella trappola di assurdi teoremi complottisti, non si può fare a meno di notare, dopo l'agguato di Genova e le aggressione a Equitalia, quanto sia singolare il ritorno alla strategia della tensione mentre nel Paese prevalgono l'incertezza e il sentimento di precarietà. Coincidenze che fanno pensare. Parlare di una occulta cabina di regia non ha alcuno senso - siamo d'accordo - ma ancor meno legittimo è il tentativo di confondere il disagio legato alla crisi con il terrorismo; insomma di trasformare la vittima in capro espiatorio. Perché una cosa va detta: a sparare e gettare bombe non sono i lavoratori e nemmeno marziani venuti da chissà dove, ma militanti al servizio di interessi inconfessabili.


SAPIENZA. Quando si offre un servizio a cinque stelle, negli alberghi di tale categoria è vietato sgarrare. Con i prezzi che girano l'offerta non può presentare sbavature. Si può quindi supporre che Beppe Grillo sapesse cosa lo aspettava quando decise di attribuire al suo Movimento l'ambiziosa autocertificazione. Con un tale marchio di elevata qualità, il comico genovese adesso non può certo accontentarsi dello slogan "Abbasso tutti!" che ricorda L'Uomo qualunque di Guglielmo Giannini al quale viene accostato. Ci vuole altro. Giunto alla fase in cui dalle sfuriate occorre passare ai programmi traboccanti di proposte, a Grillo toccherà provare di non essere solo l'istrione abile nel cogliere l'attimo fuggente, e nemmeno una delle tante meteore apparse nel variegato firmamento della politica. Passata l'euforia del successo elettorale, si apre per i grillini un terreno inesplorato in cui dimostrare di non avere soltanto la sapienza infusa. E qui iniziano le difficoltà. Perché difendersi dalle critiche, distinguersi e progettare vere alternative richiede appunto una preparazione e una bravura a cinque stelle.


SOLITUDINE. Bisognerebbe coniare un titolo sulla solitudine degli elettori. Magari non sarebbe male, nell'analisi delle amministrative, ricordarsi in quali precarie condizioni di smarrimento gli elettori sono andati al voto. Per spiegare la frantumazione del quadro politico si dà la colpa alla crisi. C'è molta verità in tutto questo. Ma anche una grande omissione: il dilemma dei cittadini, da poco usciti dalla crisi morale del Rubygate che ha segnato le coscienze. Certo, le condizioni dell'economia restano drammatiche a causa della scarsa attenzione portata in passato alle scelte di lungo periodo per le riforme. Lo scollamento tra la volontà popolare e le misure di austerità non dipende però soltanto da questo. Il divario è destinato ad aumentare se il risanamento, oltre ai conti in ordine, non riporterà al centro del villaggio l'equità dei sacrifici e la priorità della questione morale.