venerdì 4 maggio 2012

La litania del complotto

di Renzo Balmelli
IPOCRISIA. Di questo passo non ci sarà da stupirsi se un domani l'Italia osservata da fuori verrà vista come una Repubblica fondata sul complotto. Con tutti i casi di corruzione in cui nessuno si riconosce, non passa giorno senza che personaggi un tempo osannati e adulati si riempiano la bocca di questa parola quale insulsa giustificazione per salvare reputazioni compromesse da tesorieri fraudolenti, sperpero di denaro pubblico e collusioni mafiose. La litania del complotto è ormai il tormentone dei salotti televisivi, ma questo non significa che se ne debba abusare. Invece a furia di " non sapevo", e di" non c'ero" il Paese è costretto ad assistere a un deplorevole festival dell'ipocrisia che è quanto di meno indicato vi sia per ridare credibilità alla politica.
RANCORI. Fa paura, e tanta, la cavalcata dell'estrema destra francese . Molti democratici si chiedono se i partiti tradizionali vedono il pericolo rappresentato da sei milioni e mezzo di elettori - uno su cinque, una enormità - accecati dalle bacate ideologie di Madame Le Pen. La " paladina nera" ha giocato la carta della rispettabilità , ma dietro il consenso che ne fa un arbitro scomodo delle elezioni emerge una Francia piena di rancori spesso intinti nell'inchiostro del livore xenofobo. Si fa quindi affidamento su Hollande, preferito dai sondaggi al posto di Sarkozy che va a caccia di voti lepenisti, per fermare la deriva di un altro viaggio al termine della notte di cui qualcuno dovrà prendersi la responsabilità davanti alla Storia.
IDENTITA'. Anche i primi della classe non stanno bene. Nazione virtuosa e di ampie vedute, l'Olanda è sull'orlo di una crisi di identità che ne sta snaturando l'immagine di paese tollerante per sostituirla con l'idea malsana che si, d'accordo, l'altro non disturba , ma soltanto a casa sua. Complice il fardello del debito sulla " tripla A" di cui l'Aia va orgogliosa, attorno al leader dell'estrema destra Geert Wilders si è andato via, via coagulando un farraginoso segmento della società anti tutto: anti europea, nemica dell'euro, ostile al dialogo multiculturale. A molti anni dai Trattati di Roma sottoscritti in nome del "mai più guerre tra noi" tornano a materializzarsi sul Vecchio Continente i fantasmi del passato in cui ognuno prova a dettare legge a modo suo.
CORSI E RICORSI. La disoccupazione è un male acuto che erode la dignità dell'uomo ,opprime l'animo, rende difficile progettare il futuro. Possono cambiare le maggioranze come è avvenuto in Spagna, ma serve poco: nella nazione iberica come del resto in tutta l'UE l'esercito dei disoccupati conosce - dati alla mano - una progressione che non accenna a decelerare. La finanza avida e senza regole ha lasciato in eredità all'Europa una gran fame di lavoro che per la sua gravità evoca sia il crollo del 1929 sia lo spettro del 1937, l'anno in cui si misero in moto gli scarponi chiodati. Forse oggi ci sono più strumenti per non cadere nell'abisso; ciò nondimeno il peso dei corsi e ricorsi storici obbliga a guardare la realtà senza cullare soverchie illusioni.
SFIDE. Quando il gioco si fa duro, i duri scendono in campo. Esponente della scuola umanistica, Obama un duro non è, né per carattere né per formazione. Al contrario la capacità di usare cuore e cervello al posto dei muscoli è il suo asso nella manica, mentre la campagna elettorale entra nel vivo. Di fronte, a meno di clamorose sorprese, si troverà Mitt Romney che ha strappato la designazione dei repubblicani dopo essere passato indenne attraverso il fuoco amico. La qualcosa ne fa un candidato ancor più temibile. Grazie ai quattro anni alla Casa Bianca il presidente è meglio attrezzato del rivale, ma è pure consapevole che a volte, come nella nobile arte amata da Hemingway, occorre mettere i guantoni, seppure a malincuore, per vincere le sfide che contano.