Era destino che il naufragio del Concordia suggerisse infinite metafore sullo stato dell'economia. Ma intanto chi dovrebbe pagare di più si eclissa, scompare, evade.
di Renzo Balmelli
SPOLIAZIONE. Era destino che il naufragio del Concordia suggerisse infinite metafore sullo stato dell'economia. Ma il ricorso alle citazioni testimonia l'impotenza di risolvere in tempi brevi la crisi che smangia energie e risorse. Persino al forum mondiale di Davos si è sentito parlare di una rotta incerta, di una bussola impazzita, di un capitano incapace di reagire. Un bell'esercizio lessicale, non c'è di che, destinato però a lasciare le cose come stanno. Chi dovrebbe pagare di più si eclissa, scompare, evade. La disuguaglianza è entrata di prepotenza nell'agenda politica, la solidarietà è sparita, mentre sull'altro fronte la finanza avida e spietata continua nella sua opera di spoliazione delle ricchezze che sono patrimonio di tutti.
LOBBY. Chi soffia sul fuoco della protesta? Di sicuro non gli schieramenti che pur senza lesinare le critiche sostengono lealmente, al di la delle ipocrisie degli ex, l'improbo compito del governo. Con i suoi non pochi e non piccoli difetti, ma anche con tanta, esemplare tenacia, l'esecutivo si sforza di tenere salda e diritta la barra della nave-Italia. Se però bastano pochi autocarri per mandare in tilt il sistema, bisogna riflettere sul perché e interrogarsi sul ruolo delle lobby e dei gruppi di interesse che con metodi omertosi remano contro la società animati da un preciso intento : fare in modo che il processo di cambiamento, ormai maturo, non si metta mai in moto. Attraverso le contese interne si finisce col creare un clima negativo che potrebbe compromettere irrimediabilmente il cambio di percezione in patria e all'estero.
SFIDUCIA. Dall'ultimo rapporto Eurispes emerge il quadro di un'Italia sfiduciata e stremata dalla crisi. Si salva, ma per il rotto della cuffia , la nuova compagine guidata da Mario Monti che ora ha un aspetto presentabile e il il merito non secondario di avere fatto recuperare in poco tempo "autorevolezza e credibilità al paese". Però non basta. Con ogni probabilità per via dell'indigesta manovra il giudizio dei cittadini nei confronti delle istituzioni è particolarmente severo. L'impressione è di vivere in una "democrazia bloccata", in cui tutti si aspettano il peggio e nessuno ha più fiducia in niente. Per il salto di qualità serve un progetto solido capace di restituire all'Italia il futuro che merita. Ma per arrivarci serve una strategia equa e ampiamente partecipata.
DEVASTAZIONI. Così parlò l'Umberto: Silvio è una mezza cartuccia. Che fossero fratelli-coltelli si sapeva. Ora che non sono più a Palazzo Chigi a combinare disastri, vedendo come litigano vengono i sudori freddi al pensiero che per tanti anni l'Italia è stata nelle loro mani. Le conseguenze sono d'altronde sotto gli occhi di tutti. Ciò che più impressiona è l'assenza di un qualsiasi barlume di ragion critica, l'incapacità di ammettere, con un minimo di civile umiltà, quanto siano stati rovinosi gli squarci aperti dai vari scandali nel tessuto nazionale. In quest'ottica è un vero paradosso la presunzione del Cavaliere che aspetta di essere richiamato e medita la riedizione del predellino-bis come se la fase del disonore fosse finita . Invece no. Su quello squallido scenario il sipario non calerà mai del tutto e a ricordarlo restano le devastazioni che l'infausta era berlusconiana ha causato nella cultura politica del paese.
ESTREMISMO. Guai a chi tocca l'Ungheria. La destra si è data un gran da fare nel rintuzzare le perplessità dell'Unione europea su quanto sta accadendo in una delle sue Nazioni dove a essere in default , prima ancora della moneta, sembrano la democrazia e i diritti costituzionali. Il tutto condito da spruzzate neppure tanto sfumate di simboli e riti di un passato che non passa. Senza contare che la natura del nuovo governo legato alle recenti fortune dei movimenti di estrema destra appare inquietante, intriso di cultura illiberale, intollerante. A Budapest il premier esibisce in guisa di patente il suo passato di anticomunista. Ma come sottolinea Pierluigi Battista c'è l'anticomunismo liberale e quello autoritario. Che sarebbe, quest'ultimo, come sostituire l'orrore con un altro orrore.