REDIVIVO. Nella caccia ai voti dell'America profonda, puritana e bigotta, Mitt Romney e Newt Gingrich erano sicuri di avere in tasca la vittoria. All'improvviso, invece, frastornati come pugili suonati, scoprono di avere un rivale formidabile, qualcuno ancora più a destra di loro. E scoppia la bagarre tra i parrucconi del partito. Con la sua tripletta in Missouri, Minnesota e Colorado il redivivo Rick Santorum ha di colpo rimescolato - chiediamo venia per la battuta fin troppo scontata - il Santa Sanctorum di una partita elettorale repubblicana che sembrava già decisa. Di lontane origini italiane, l'ultra conservatore Santorum è uno che la Winchester, dal nome della cittadina in cui è nato, la userebbe come nel Far West per chiudere la bocca a tutti coloro che non rientrano nella sua concezione manichea della società. I democratici sorridono: viste le premesse, al momento di spostare il dibattito nel campo dell'etica Obama non poteva sperare in un assist migliore.
INCUBO. Se un famoso autore russo sceglie il "nom de plume" di Boris B. Akunin, non occorre un grande sfoggio di fantasia per capire a chi vanno le sue simpatie. Certo non a Putin, l'unico statista che con il collega cinese si è schierato accanto ad Assad, il carnefice della Siria. Il noto giallista, che di vero nome fa Gregori Chartiswill, è invece dalla parte della gente che paventa la fine delle libertà. Accolta come un trauma da frange sempre più vaste della popolazione, la temuta rielezione di Putin per altri 12 anni è difatti considerata la prosecuzione con altri mezzi del peggior sistema sovietico. Un incubo per la democrazia. Come l'altro Bakunin, anche lo scrittore confida nel risveglio di una "sana anarchia" che sfoci in una valanga di "njet" contro i progetti egemoni dei nuovi padri padroni di Mosca. L'auspicio è di fare rivivere lo spirito delle perestroika.
RAPPRESAGLIA. Caspita, che tempismo. La destra spagnola, tornata al potere da pochi mesi, in questo breve lasso di tempo ha messo segno una clamorosa rappresaglia: zittire per sempre Balthasar Garzon, il nemico numero uno, il giudice scomodo e dai metodi non sempre ortodossi, famoso in tutto il mondo per le sue battaglie in favore dei diritti umani che hanno portato all'arresto di Pinochet. Al confronto il Cavaliere fa la figura del dilettante. Il Partito Popolare, ora al governo, non gradiva che si frugasse nei suoi affari riposti ed ha ottenuto ciò che voleva con una strategia politico-giudiziaria dai contorni inquietanti. Il bando dalle attività per 11 anni, bando che stronca la carriera di Garzon ha il sapore amaro di una punizione estrema contro il magistrato che non si fermava davanti a nulla , a volte sbagliando la misura, per alzare i veli sulle nostalgie franchiste dell'aristocrazia "nera".
RIFORMA. Come dopo i fasti esagerati di Versailles, anche il tramonto del sultanato di Arcore, universalmente noto per per gli " eleganti intrattenimenti" offerti dall'ospite, ha lasciato nel paese un cumulo di macerie che rende difficile il ritorno alla normalità. Più per rispetto del mandato che per convinzione, Pd e Pdl hanno avviato le prove di dialogo sulla legge elettorale che da tempo immemore attende di essere aggiornata. Ma si tratta di capire se davvero stiano prendendo coscienza dell'esigenza di un cambiamento netto, oppure se agli elettori sta per essere propinato il solito , sterile gioco delle parti. Per ora prevale l'impressione che la svolta, se un giorno si farà, prenderà una direzione meglio definita soltanto in primavera, dopo il turno delle elezioni amministrative, quando - così si spera - le scorie del berlusconismo non dovrebbero più intralciare le riforme.
BATTUTA. Nel gelo di Roma si consuma il declino del Cavaliere, ormai sovrastato dalla figura di Monti che incassa la stima incondizionata dell'Europa e di Obama. Da vecchio combattente rotto a tutte le astuzie, l'ex premier però non s arrende e prova a fermare la storia con un'intervista al mensile della destra americana ATLANTIC che dovrebbe rivalutarlo agli occhi del mondo. Determinato ad apparire come il più grande statista avuto dall'Italia e non il regista di madornali fallimenti, come al solito non riesce a frenarsi, eccede e ne infila una dopo l'altra fino a toccare il punto più basso della sua parabola con la triste battuta sugli omosessuali. Eccola: "L'unica cosa di cui non sono mai stato accusato? Di essere gay. Non ho nulla contro gli omosessuali, sia chiaro. Anzi, il contrario: più omosessuali ci sono in giro, minore è la competizione". Come volevasi dimostrare.
TOPLESS. A volte basta un seno nudo, innocente quanto quello di una Madonna rinascimentale, per terrorizzare il potere precostituito. Nata a Kiev quattro anni fa, la bellezza politicizzata, trasformata in rivoluzione femminile in topless, in poco tempo è diventata un fenomeno non solo mediatico, ma una vera mobilitazione dal basso che ormai fa proseliti un po' ovunque. E' una nuova forma di protesta che mette il dito nella piaga della cultura paternalista, del maschilismo, del turismo sessuale, e si dichiara contro le dittature e in difesa degli emarginati. Al di la dei giudizi, inevitabilmente controversi (furbette o militanti vere?) non sorprende che il movimento irriti i dirigenti ottusamente convinti, come il primo Andreotti, che i panni sporchi si debbano lavare in casa.