martedì 7 febbraio 2012

Il passato che si ostina a non passare

di Renzo Balmelli  

 

DISAGIO. Come sono angoscianti gli sgarbi tra Italia e Germania sul passato che si ostina a non passare, sulle ferite mai rimarginate di quel lugubre ventennio che "tanti lutti addusse" all'umanità dolente e incolpevole. Che tristezza lascia nell'animo lo scambio di battute al vetriolo tra lo Spiegel , ben poco all'altezza della sua fama nello snocciolare i soliti, triti e ritriti cliché sull'Italia dopo la tragedia della Costa-Concordia, e la replica vergognosa del Giornale che in una lettera ai tedeschi ha scritto: "A noi Schettino, a voi Auschwitz". Cose da brivido che oltre a sollevare giustificate ondate di indignazione lasciano trapelare l'esistenza di un disagio molto più grave e tenace di quanto possa essere un normale contenzioso irrisolto tra Roma e Berlino. Qui c'è un grumo strisciante di sospetti, vecchi rancori e diffidenza reciproca che la storia ancora non è riuscita a sciogliere malgrado i sorrisi, le strette di mano, la comune vocazione europea e il fascino rosso-antico della "Toskanarepublik".

 

INGIUSTIZIA. Ci sarà pure un giudice a Berlino, diceva il mugnaio di Potsdam che nel settecento per ottenere giustizia spostava le montagne fino ad arrivare a Federico il Grande. Ma se non ci fosse all'Aia? E' una domanda legittima che si è posta in seguito allo sconcertante verdetto della Corte internazionale. In buona sostanza i togati dell'Aia, dando ragione alla Germania e torto all'Italia sulla questione degli indennizzi ai superstiti della barbarie teutonica in tempo di guerra, hanno ormai precluso la possibilità di inchieste e procedimenti penali sul doloroso tema della sorte dei criminali nazisti ancora in vita e liberi. La sentenza è un serio rovescio per la giustizia e la memoria dell'orrore , delle atrocità e i massacri del Terzo Reich contro la popolazione civile italiana. Tra paragrafi, articoli e sofismi legali non v'è niente di cui andare fieri nella sentenza che di fatto accorda l'immunità agli ultimi, zelanti esecutori della follia hitleriana. In questa vicenda poco edificante , dalla quale tutti escono moralmente sconfitti, è andato perso il senso del rispetto per le vittime innocenti dei più efferati crimini commessi contro l'umanità in nome di una ideologia bacata.

 

IMITAZIONE. Evoca lontani, quanto improbabili sentori rivoluzionari il " governo di salute pubblica" col quale si tende a indicare la compagine di Mario Monti. Niente paura: all'orizzonte non c'è nessun 17 germinale alla romana. Compito del nuovo esecutivo, mentre i partiti sono impegnati a ridisegnare posizioni e strategie, è il riscatto del Paese dalla crisi economico-finanziaria e il recupero del prestigio perduto. Qualcuno ha avuto l'impressione che i nuovi dirigenti, molto british e poco ciarlieri, non conoscano la società italiana. E' un'impressione diffusa, ma non dimostrata nei fatti, che forse nasce dal confronto con le vocianti sceneggiate del partito del predellino, ormai imploso. I sondaggi sono tremendamente negativi per l'ex maggioranza e Berlusconi lo sa bene. Un giorno si, l'altro pure, sembra sicuro di essere richiamato per mettere le cose a posto. Ma la sua baldanza ormai è una pallida imitazione di Napoleone tra l'isola d'Elba e Sant 'Elena.

 
POVERI. Nella sua corsa per un secondo mandato alla Casa Bianca, Obama non potrebbe avere migliori alleati dei suoi avversari repubblicani. Da più parti prevale infatti il convincimento che il partito dell'elefante, ormai troppo condizionato dalle astruse teorie del Tea Party, stia servendo la vittoria ai democratici su un piatto d'argento. In politica non si può mai dire, ma la prospettiva di un Obama-bis non può che far tirare un sospiro di sollievo a coloro che paventano una svolta reazionaria alla guida degli Stati Uniti. Finora i candidati repubblicani più che per le loro doti di futuri statisti si sono illustrati per la feroce litigiosità che a ogni primaria vede fronteggiarsi per la "nomination" il favorito Mitt Romney e il suo irriducibile rivale Newt Gingrich. Entrambi fanno a gara a chi è più conservatore, più patriottico, del tutto incuranti delle gaffes che si accumulano sulla loro scrivania e ne intaccano la credibilità. La collezione si è arricchita dell'infelice battuta di Romney sui poveri (non sono preoccupato, le mie priorità vanno al ceto medio) che rischia di trasformarsi in un vero e proprio boomerang quando gli americani che ora sono in difficoltà saranno chiamati a designare il loro presidente.