di Renzo Balmelli
ISTERIA - L'urlo "pace, pace subito" che ha squarciato il silenzio dei funerali è stato un messaggio dal significato inequivocabile: a dispetto della retorica ufficiale, la gente fatica a trovare, oltre il dolore, un motivo di consolazione per la tragica fine dei parà in Afghanistan. Con tutto il rispetto per i caduti, si avverte un clima di crescente sfiducia sull'esito di un'operazione che genericamente fa riferimento alla democrazia da consolidare, ma che fin qui ha prodotto risultati assai modesti. Se poi il modello da esportare è quello proposto dalle escandescenze di Renato Brunetta, gela il sangue nelle vene al pensiero delle vite spezzate a Kabul. In fondo pero' dobbiamo essere grati al ministro che con la sua sceneggiata se non altro ha smascherato la faccia nascosta della maggioranza. Da un vaneggiamento all'altro, dalla virulenta offensiva contro l'informazione all'intimidazione degli avversari, la destra ormai non lascia nulla di intentato per tenere a galla una barca che fa acqua da tutte le parti. Di valori a questo punto non mette conto di parlare. L'avere convalidato senza battere ciglio gli spropositi sul "complotto delle elite" e la "sinistra che dovrebbe andare a morire ammazzata" è semplicemente un altro indizio del brutto clima di isteria in cui versa la squadra di Arcore. Da questo punto di vista, gli ex di qualcosa (socialisti, comunisti, democristiani) confluiti nel PdL rappresentano il prototipo fazioso del berlusconiano perfetto che per il suo idolo farebbe qualunque cosa, attribuendo ogni problema alla malvagità del nemico. Tuttavia risulta sempre piu' difficile tenere a bada la verità con gli slogan di facile suggestione. Da Palazzo Chigi escono solo progetti col fiato corto al servizio di interessi privati e avulsi da qualsiasi forma di etica sociale. Intanto la disoccupazione raggiunge tassi vertiginosi, i peggiori degli ultimi quindici anni. Nonostante la sua forza elettorale , il Cavaliere appare sempre piu' inadeguato ad affrontare la realtà, a meno di confinarsi nella mera esibizione autocelebrativa delle cerimonie e dei salotti immortalati dalla diretta tv. Ormai il ruolo del premier si cristallizza in una triste rappresentazione di potere senza rispetto, di ricchezza senza status, di popolarità senza prestigio. E il futuro ha il volto imbronciato. Col passare del tempo aumenta l'inquietudine che il paese rimanga ancora a lungo affidato alle bizzarrie di un governo disossato e sempre meno affidabile, in patria e all'estero.
NIRVANA - Sostiene Obama che gli USA sono stanchi della guerra. Se è per questo l'umanità intera aspetta con ansia la svolta che davvero riesca a "cambiare il mondo". Ma, paradosso dei paradossi, mentre la Casa Bianca silura lo scudo anti-missili, liberandosi cosi' dell'ultima, inutile e ingombrante eredità di Bush, il mercato delle armi, a dispetto della crisi, non viene neppure sfiorato dalla recessione. E soprattutto nei paesi dal reddito inferiore alla media si investono cifre da capogiro non tanto nello sviluppo, bensi' nello shopping al mega-store dell'industria bellica. All'obsoleta diplomazia delle cannoniere, il presidente americano prova a contrapporre il suo modello di leadership, che si vuole fondata in primo luogo sulla forza della persuasione e sul dialogo multilaterale. Che fatica, pero'! Il progetto resta affascinante, ma la destra non perde una sola occasione per mettere il bastone fra le ruote alla politica della mano tesa. Troppi sono ancora gli interessi in giuoco, interessi inconfessabili, per riuscire a travolgere in un colpo solo gli ostacoli ed i focolai di tensione che ancora si frappongono alla visione di un mondo libero dal ricatto degli ordigni di distruzione, siano essi nucleari o convenzionali. Comunque sia, la ricerca di obiettivi comuni per affrontare minacce comuni deve continuare, anche se nessuno ha mai creduto che sarebbe stato semplice. In cosi' poco tempo è ridicolo pensare che il Nirvana sia già a portata di mano - ha detto l'ambasciatrice all'ONU Susan Rice in uno scatto di sincerità. Ma data la posta in palio, Obama e i suoi collaboratori, e con loro tutti gli amanti della pace, pensano che l'impresa valga lo sforzo.
PREVARICAZIONE - Riparte il campionato e all'inizio della stagione , proprio come la piaga delle cavallette, tornano pure i cori razzisti. Uno spettacolo osceno che denigra la passione per il calcio. A questo punto bisognerebbe capire perché ci sia ancora chi va allo stadio per insultare i giocatori di colore. Senza fare sociologia a buon mercato, la riposta è quasi ovvia: l'aggressione ai campioni che un premier di nostra conoscenza definirebbe piu' " abbronzati" di lui, è il simbolo di un degrado culturale che attanaglia l'Italia da quando nella maggioranza alcuni liquidano la questione della xenofobia con un'alzata di spalle. All'opposto le crescenti forme di intolleranza non sono un fenomeno passeggero, bensi' l'espressione di un preoccupante vuoto di idee; un vuoto pneumatico in cui la prevaricazione dell'uomo sull'uomo trova nel tifo violento oppure nello sconcio delle ronde il piu' fertile dei terreni di coltura. Sul tema del razzismo c'è stato un significativo affondo di Obama: "È importante sottolineare che ero nero prima di essere eletto". Purtroppo è poco probabile che i facinorosi ed i loro cattivi maestri raccolgano la lezione della storia.