venerdì 23 ottobre 2009

La sindrome di Sofia e i calzini turchesi 

Ordunque, sembra proprio che la sindrome di Sofia non si decida ad abbandonare il Cavaliere, regalandoci cosi’ altre pagine non certo memorabili della storia contemporanea.

di Renzo Balmelli 

SINDROME. Sarà una coincidenza, sarà il clima, sarà quel che sarà, ma l’aria della Bulgaria non fa bene alle esternazioni del premier. Ricordate: prima l’editto , poi le minacce ai giornali , adesso l’ennesima picconata alla democrazia usata in questa circostanza per fare leva sulla giustizia e il boicotto della RAI, i temi che per lui sono diventati una vera ossessione. Ma se sgombriamo il campo dalla retorica, che cosa resta del roboante Barnum berlusconiano? Che vantaggi darà al paese? Nessuno, se non l’assurda , velleitaria pretesa di autoproclamarsi “ buono e giusto”, neanche fosse uno zar, un piccolo padre che veglia sollecito sui sudditi adoranti. A stupire pero’ non sono tanto le derive verso forme di consenso cieco e unanime di tipo bulgaro appunto, quanto la facilità con la quale esse vengono veicolate, digerite e metabolizzate da una maggioranza che nessun eccesso riesce a scuotere dalla propria cecità. Eppure la strumentalizzazione era ed è palese. La riforma della giustizia, contrabbandata come “ rivoluzione liberale”, è con ogni evidenza un’anomalia che ha fatto dell’Italia anche il paese con il piu’ ampio movimento che si batte per la libertà di stampa, all’infuori dell’ex Unione sovietica. Ma fino a quando, come nei contratti, non si leggeranno le parole in piccolo a piè di pagina, fino a quando passeranno inosservate le cose non dette, le lacune , le omissioni piu' gravi che alterano il senso del messaggio, parecchie sono le probabilità di cadere nell'imbroglio. Invece - ecco la manipolazione - nelle parole in libertà pronunciate in una delle capitali piu’ antiche d’Europa e rilanciate da decine di microfoni è insito un esplicito avvertimento alla nazione che dovrebbe fare riflettere e mobilitare gli spiriti liberi: vi voglio tutti in riga! Per il Cavaliere, che non si rassegna alla sconfitta del Lodo Alfano e cerca un altro scudo dietro cui ripararsi, è il momento di spingere sull'acceleratore del suo chiodo fisso: cambiare la Carta a ogni costo, anche a colpi di maggioranza, in modo da farla collimare sempre con i suoi interessi. Dal “ghe pensi mi”, che ormai è diventato il suo motto preferito, trapela una visione distorta della democrazia che preannuncia tempi difficili, se non addirittura molto tristi. Con buona pace di tutti coloro che in patria e all’estero debbono subire quotidianamente battute e battutacce sull’Italia e il governo.

SCHERZO? - SI, MA. Doveva essere una burla, ma viste le reazioni non ne siamo piu’ tanto sicuri. Dunque le cose sono andate cosi’: per una scommessa con gli amici un signore attivo nel campo dei media ha lanciato su internet una petizione a favore di “ Silvio santo subito”. Voleva verificare quanti avrebbero abboccato. La motivazione, inventata di sana pianta, era una vera chicca: dentro c'erano tutte le fisime del binomio Lega/PdL, l’anticomunismo, il pericolo rosso , la minaccia islamica , i magistrati stalinisti, l’omofobia e chi piu’ ne ha piu’ ne metta. “Silvio - si leggeva nel testo - è stato il nostro salvatore e merita piu’ di chiunque altro italiano negli ultimi secoli di storia una beatificazione ufficiale da parte della nostra Santa Madre Chiesa”. Senonché cio’ che aveva il sapore di uno scherzo in stile goliardico è andato oltre ogni immaginazione. Prima che l’inghippo venisse svelato, nel giro di poche ore all’iniziativa avevano aderito in 30 mila pronti a mettere mano al portafoglio per promuovere la causa. Tra i sottoscrittori c’erano avvocati, professionisti, semplici cittadini, tutti animati dall’identico zelo, dall’identico fervore. E molti altri erano in lista d’attesa. Tutto finto, dunque? Mica tanto, visto il successo dell’operazione “Silvio santo subito”. Quando si parla di quest’uomo non c’è limite alla credulità, che a volte sconfina nell’idolatria e nel culto della personalità. Alla resa dei conti la provocazione ha dunque finito con l’offrire uno spaccato dell’antropologia elettorale di un certo segmento del paese che ha lasciato di stucco gli internauti buontemponi. D’altronde prima c’era già stato un comitato pronto a organizzarsi per candidare il Cavaliere al Nobel della pace. C’è da immaginare che fra costoro nessuno abbia avvertito il senso del ridicolo, vista la difficoltà di volere pensare per proprio conto e non condizionati dal sultanato di Arcore , come capita invece con l’attuale destra italiana.

CALZINI. - Un tempo, stuoli di ragazzini si divertivano alle avventure di “Pippi calzelunge”, simpatica “ maschiaccia” dalla fantasia spumeggiante. Adesso dall’Europa all’Australia un'altro paio di calzini, i calzini turchesi del giudice Raimondo Misiano messi alla berlina da Canale 5, l'ammiraglia dell'impero televisivo del Cavaliere, sono assurti a notorietà internazionale. Ma c'è ben poco da divertirsi. Purtroppo, dalla serie " facciamoci del male", qui non c'entra la fantasia, ma soltanto il pessimo gusto, e quelle calze colorate , la calze piu' famose del mondo in questo momento, non sono certo il prodotto che contribuirà a rilanciare le sorti del "made in Italy". Era ovvio, quindi, che le testate straniere ci dessero dentro di gusto. Giornali e televisioni straniere riportano in bella evidenza il "bizzarro" e "assurdo" attacco della televisione di Silvio Berlusconi al magistrato che ha avuto l’ardire di firmare il Lodo Mondadori. La “vendetta dei calzini turchesi” indossati dal giudice mentre veniva ripreso a sua insaputa ha stimolato i titolisti ed è valsa al premier il poco ambito primato di essere nuovamente su tutte le prime pagine non certo per i suoi meriti politici. Tutti si chiedono che cosa vi sia di riprovevole in un magistrato che non faceva nulla di strano o insolito, limitandosi a “ passeggiare, fumare, aspettare il suo turno dal barbiere”. Piu’ volte negli ultimi mesi prestigiose testate giornalistiche internazionali hanno puntato il dito sul Bel Paese con pezzi particolarmente severi nei confronti della sua leadership politica. Articoli- come si evince da uno studio di recente pubblicazione- “ incentrati sulle "complicate" relazioni tra potere, informazione e giustizia (ma anche sul nesso tra gossip e politica), che spesso descrivono un quadro al limite dei parametri democratici”. E probabile - diciamolo per carità di patria - che qua e la facciano capolino alcune esagerazioni, alcuni pregiudizi anti-italiani vecchi come il cucco. Ma se il governo di un grande paese, un governo che pretende di essere rispettato, è ridotto a sotterfugi tanti meschini per mettere in cattiva luce un magistrato, è difficile - come invece sostiene la maggioranza - evocare la tesi delle letture “ complottiste” ordite dalle opposizioni che remano contro gli interessi nazionali e condizionano le redazioni internazionali. Da dove sia partita l'offensiva contro Raimondo Misiano , offensiva che si inquadra nella vasta campagna di demolizione della giustizia orchestrata dal Giornale e da Libero, è sotto gli occhi di tutti. Sulla strategia dei calzini e chi ne sta a monte non vi sono equivoci possibili. Tanto piu’ che persino il conduttore della trasmissione si è scusato con il giudice, ammettendo che il servizio non appartiene certo alla categoria dei capolavori. Insomma, se alla figura del “papi” si sovrappone quella del novello “Pippi calze turchesi” le brutte figure diventano inevitabili.