martedì 5 dicembre 2017

Un anno un po' così, senza infamia e senza lode

di Renzo Balmelli 

GIUDIZIO. Per l’Europa si sta avvicinando la fine di un anno che pur evitando l’impietoso giudizio di “annus horribilis” non passerà comunque alla storia con la sua controparte positiva di “annus mirabilis”, secondo la locuzione tramandata ai posteri dalla letteratura inglese del seicento. A questo proposito anche i più fervidi europeisti, consapevoli delle difficoltà che sta correndo la casa comune, non nascondono un certo quale pessimismo e chiedono che i Paesi membri trovino la forza e la volontà di sedersi al tavolo dei negoziati per avviare le indispensabili riforme dell’UE. Altrimenti gli anni a venire potrebbero essere peggiori di quello che Bruxelles si sta lasciando alle spalle. Il riferimento alla letteratura inglese d’altronde non è casuale poiché è proprio dalla patria di quel genio universale di Shakespeare che è arrivato il terremoto chiamato Brexit. Uno sconquasso che con le sue scosse sempre più intense oltre al danno economico potrebbe procurare un oltraggio inimmaginabile alla cultura europea, secondo canoni che non possono coincidere in nome di un assurdo isolazionismo.

DECLINO. C’è un manifesto e diffuso compiacimento tra l’interna­zionale della destra populista per le difficoltà che sta incontrando Angela Merkel nel formare il nuovo governo. Difficoltà che innestano nel destino della Germania elementi insoliti ed estranei al tradizionale pragmatismo renano. Senza rilasciare cambiali in bianco alla Cancelliera, nei confronti della quale anche da sinistra esistono riserve tali da complicare il ritorno alla Grosse Koalition, occorre pur sempre ammettere che i suoi dodici anni alla testa dell’esecutivo federale sono valsi se non altro a costruire un argine alla prorompente avanzata dell’estremismo nazionalista, inesorabile nell’erodere le possibilità di una vera e condivisa governance europea. Come hanno osservato alcuni attenti e preoccupati osservatori, se la Repubblica federale, nazione stabile per antonomasia, non riuscisse a uscire dall’impasse, potrebbe tornare a farsi vivo il fantasma degli anni di Weimar il cui ricordo è associato da un lato a uno straordinario periodo di vivacità creativa, ma dall’altro a un crollo dalle tragiche conseguenze.

PREDELLINO. Serve un progetto per l’Italia – si può leggere a titoli cubitali mentre nel Paese sta iniziando la lunga e sfibrante campagna elettorale che paralizza la buona politica. Un progetto, sì, ma quale? Mentre la sinistra si svena nella stucchevole guerra delle reciproche re­criminazioni, la destra presentandosi come “futuro che avanza” in real­tà volge lo sguardo al passato. Ne risulta un gigantesco dispendio di energie che invece andrebbero investite in altri e più profittevoli campi per fare fronte alle tante emergenze, dalla disoccupazione che morde alle caviglie ai disagi degli sfollati che all’arrivo dell’inverno ancora non sanno quando potranno tornare alle loro abitazioni distrutte dal si­sma. Nel 2017 , anno del limbo con segnali positivi ridotti al lumi­ci­no, tanto per completare il quadro deprimente si inserisce pure una delle tan­te amenità dell’ex cavaliere che nell’euforia del momento non ha re­si­stito alla tentazione di riproporre a dieci anni di distanza la sce­neggiata del predellino. In un clima che più inconcludente non si può, parlare di progetto per l’Italia ha l’amaro sapore dell’ennesima beffa.

BUSINESS. Sembra una storia paradossale quella del cambio di pro­prietà al Time, la prestigiosa rivista di New York che viene annoverata tra gli alfieri dell’editoria liberal e progressista americana. Memorabili sono rimaste le sue prese di posizione contro Trump e una copertina che lo ritrae quale uomo dell’anno, ma con toni intinti nell’inchiostro dell’ironia. Ma l'aspetto curioso in questa nuova tappa della battaglia per l’informazione sta nel fatto che la scalata al settimanale è stata finanziata da un gruppo nazional popolare di ricchi petrolieri del Kansas, i fratelli Koch, repubblicani da una vita, che però- ecco il paradosso – avevano cercato di ostacolare in tutti i modi la scalata alla Casa Bianca del rivale della Clinton. Non si creda però che l’iniziativa sia un endorsement per la linea del settimanale. Allora perché? Ora che il peggio è fatto, nel paese del business l’operazione si spiega molto più prosaicamente col tentativo di smussare le voci critiche per le sbandate di Trump, non sempre compatibili con la logica degli affari, affinché non provochi danni maggiori finché rimane in carica. Insomma, come direbbe il grande Eduardo, con questa presidenza “adda passà a nuttata”. Resta da capire che ne sarà del Time.

ISOLA. E adesso le nonne che favole racconteranno ai nipotini se dietro ognuna di esse si nascondono secondi fini inconfessabili. A dire il vero qualche sospetto sui contenuti e la morale di alcuni capolavori della letteratura per i bambini circolava già da parecchio tempo. Non ci voleva d’altronde un grande sfoggio di fantasia per capire che “dietro lo specchio” di Lewis Carrol, autore del romanzo Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie si celassero sguardi non sempre casti. E neppure Cappucceto Rosso, col lupo travestito, ucciso e squartato, può essere considerato un bel esempio per l’infanzia. A volte può far paura anche ai grandi. Che dire poi di Biancaneve con quei sette nani pieni di vigore sempre tra i piedi. Ma la mazzata fatale è arrivata quando una mamma ha lanciato una campagna per mettere al bando addirittura il bacio che porta al risveglio della Bella Addormentata, considerandolo estorto con l’inganno. A questo punto forse non rimane che rifugiarsi sull’isola di Peter Pan che però, purtroppo, è un lungo immaginario, un luogo che non c’è.

BRAMOSIA. Sulla incandescente scacchiera della follia nucleare, il leader nord coreano con il lancio di un nuovo missile intercontinentale ha effettuato un’altra mossa del suo personalissimo e pericolosissimo gioco “o la va o la spacca” che tiene il mondo col fiato sospeso. E quand'anche si trattasse solo di un bluff per puntellare il proprio prestigio interno al cospetto di una popolazione stremata dalle difficoltà, a questo tavolo nemmeno la Cina, ossia il competitore più accreditato della regione, sembra in grado di smascherarlo. Le Cancellerie internazionali si erano illuse che Pechino riuscisse a disciplinare il suo vassallo, l’alleato riottoso che invece, anziché piegarsi a più miti consigli, annuncia pomposamente l’ingresso della Corea del Nord nel club delle potenze atomiche in grado di provocare distruzioni apocalittiche nelle metropoli americane. Nell’assenza prolungata di altri test balistici si pensava che l’emergenza nord coreana si stesse dissolvendo, ma quell’ordigno a lunga gittata molto più potente dei precedenti e in grado di trasportare una testata nucleare non solo smentisce crudelmente le congetture degli esperti, ma rischia di fare saltare il banco delle opzioni diplomatiche messe in conto per disinnescare la miccia di un eventuale conflitto con armi atomiche dalle conseguenze spaventose. Forse, speriamo, non siamo ancora al punto di non ritorno, ma parafrasando Pascal, verrebbe da dire che la bramosia del potere conosce ragioni che la ragione non conosce.