di Renzo Balmelli
SCHIAVI. In un'epoca ormai remota, quando il telefono non si chiamava ancora smartphone, i ragazzi curiosi, anziché smanettare tutto il santo giorno, trascorrevano le ore libere tra le pagine di un romanzo famosissimo, La capanna dello zio Tom, che raffigurava la crudele realtà della schiavitù sullo sfondo della guerra civile americana. E poiché lo schiavismo, da quanto si evince dai rapporti più recenti, rimane ancora ai nostri giorni una ferita che non si rimargina, sarebbe forse consigliabile una rilettura del capolavoro di Harriet Beecher Stowe che rese più acuto il conflitto delle coscienze verso le inaudite sofferenze inferte alla popolazione di colore. Purtroppo di questi tempi poco gloriosi sovente trovano più posto nei media le sceneggiate di un ex leader avvizzito invece del dramma dei popoli e dei profughi schiavizzati che si consuma nel silenzio e l'indifferenza, senza che si riesca a porre fine allo scempio. Per questa e altre ragioni l'opera della scrittrice, abolizionista della prima ora, che si guadagnò l'ammirazione di Abramo Lincoln, ma anche l'odio perenne degli sfruttatori di ieri e di oggi, rimane un secolo e mezzo dopo la pubblicazione una voce forte ma non abbastanza ascoltata nel deserto della prevaricazione dell'uomo sull'uomo.
VERGOGNA. Quando si parla delle tragedie imputabili alle follie dell'uomo nel corso delle guerre, non ci si sofferma con la dovuta attenzione sulle sofferenze inflitte dagli eventi bellici a milioni di bambini, vittime innocenti di conflitti sanguinosi di cui non hanno nessuna responsabilità. Se ne torna a parlare ora, attraverso svariate pubblicazioni, avendo come punto di riferimento la foto della ragazza vietnamita che urla di dolore mentre corre bruciata dal napalm. Sono passati gli anni, ma quella testimonianza iconografica più potente e raccapricciante di mille parole evoca con un solo scatto tutto l'orrore dell'infanzia dilaniata, rubata e travolta dalla brutale aggressività che la perdita del più piccolo barlume di umanità riesce a esprimere quando la ragione viene sopraffatta dai più bassi istinti. Ciò che si dipana sotto i nostri occhi è il resoconto di crudeltà inaudite che hanno nel lavoro e nella prostituzione minorile una delle sue forme peggiori di sfruttamento al servizio di regimi corrotti e ideologie bacate. La geografia della morte, per riprendere una definizione di uno storico contemporaneo, non ha confini, e tremano le vene ai polsi al pensiero che la logica della guerra possa finire nelle mani di personaggi inquietanti e inadatti al loro incarico come quelli che si muovono lungo le opposte sponde del Pacifico.
NORMALI. Nell'italica destra prevale la tendenza a giudicare con molta benevolenza gli atteggiamenti che in vario modo rimandano al ventennio fascista. Episodi come l'irruzione degli estremisti a Como, la scritta "Bella ciao" a Milano cancellata da frasi inneggianti al duce, oppure l'esposizione di una bandiera militare del Reich tedesco in una caserma, vengono ridotti a una goliardia, al frutto dell'esuberanza giovanile nel contesto (sic) di una destra moderna. Al di là della vexata quaestio sulla possibilità che la destra riesca ad essere moderna, appare evidente il salto di qualità nel rivendicare pieno diritto di cittadinanza democratica a fatti che sono invece una provocazione e un vulnus dell'ordinamento repubblicano. Coloro che se ne fanno promotori agiscono ritenendo che le pregiudiziali etiche e culturali nei confronti del passato a cui si ispirano siano cadute e che il ritorno a comportamenti che si credevano sepolti dalla storia debba essere considerato normale. Proprio come accadde negli anni Venti, prima di accorgersi che tanto normali non erano.
STRATEGIA. Se dovessimo stabilire una graduatoria degli avversari che possono dare filo da torcere alla sinistra, la lista comprenderebbe il movimento 5Stelle, Forza Italia, la Lega e i vari cespugli dell'opposizione. Ma sarebbe una lista scontata e comunque ampiamente incompleta poiché non vi figura il competitore più insidioso. Il competitore interno il quale fa dire a chi osserva da fuori che il vero nemico della sinistra, in virtù di un paradossale ossimoro, è purtroppo la sinistra stessa che ora vediamo dibattersi nella ragnatela delle beghe e nelle tortuosità della non meglio definita " cosa rossa". Nella confusione dei ruoli i vari attori anziché dialogare vanno avanti ognuno per la loro strada, giusta o sbagliata che sia, rendendo in tal modo ancor più più traballante il percorso di un'idea che non può essere sacrificata sull'altare delle ripicche. Per evitare il disastro nelle urne occorre dunque avere il coraggio di gettare lo sguardo oltre l'ostacolo .Se il partito laburista di Jeremy Corbyn ad esempio vola nei sondaggi magari potrebbe essere utile dare un'occhiata da vicino alla sua strategia se non altro per arginare la guerra fratricida che di questo passo finirà col favorire soltanto la destra e il populismo.
EVENTO. A dispetto del quadro a fosche tinte dipinto dall'opposizione per racimolare voti facendo leva sulla paura, non tutto va male in Italia. Nonostante i ritardi, le inadempienze, la disoccupazione e altri difetti strutturali, nel Paese, oltre ai segnali di una timida ripresa dell'economia, esistono ancora, e sempre esisteranno, quelle punte di eccellenza che gli hanno consentito di occupare un posto non secondario al tavolo del G8. In ordine di tempo l'ultimo progetto andato in porto grazie al lavoro italiano è l'entrata in servizio del primo treno merci diretto tra il polo logistico integrato di Mortara e la località cinese di Chengdu. Si tratta di collegamento che aggiunge un altro tassello alla Via della Seta, il solo di tale ampiezza tra l'Europa e l'Asia, che ha avuto ampio risalto sui media internazionali per le prospettive che apre nello sviluppo del commercio mondiale e la velocizzazione dei trasporti. Il viaggio ripropone in chiave moderna la leggendaria impresa di Marco Polo in un contesto che grazie al Mortara Express fa sentire a chi ne è protagonista di essere parte attiva di un grande evento.
AFFRONTO. Dopo la grande Brexit con Londra, forse già l'anno prossimo , qualora la diplomazia non riuscisse ad appianare le divergenze , Bruxelles potrebbe trovarsi a dovere fare fronte a una piccola, ma non meno laboriosa Brexit con la Confederazione Elvetica.Pur non facendo parte dell'UE la Svizzera è comunque già adesso al centro di regolari negoziati per non guastare le relazioni di buon vicinato con Berna. Di sicuro però non contribuirà a rischiarare l'orizzonte la decisione dell'Ecofin di non inserire il Paese nel libro nero dei paradisi fiscali,ma di collocarla comunque nella lista grigia, meno severa ma recepita altrettanto male, assieme alle nazioni da tenere sotto sorveglianza fino a quando non verranno realizzati ulteriori e sostanziali progressi nella lotta all'evasione. Inutile dire che l'UDC dell'ex ministro Christoph Blocher, refrattario anche quando era nell'esecutivo a tutto ciò che sa di europeo, è già sul piede di guerra per promuovere altre iniziative destinate a far saltare il banco dell'intero pacchetto di accordi bilaterali e in secondo luogo per mobilitare l'opinione pubblica contro un provvedimento che viene considerato un vero e proprio affronto alla sovranità nazionale. E con la brutta aria a livello popolare che tira anche nella patria di Tell nei confronti dell'UE non è escluso che una Brexit in salsa bernese possa essere prima di quanto si creda all'ordine del giorno.
MICCIA. Fra annunci roboanti, tweet sparati in ogni direzione e iniziative dettate più dalla frenesia che da scelte ponderate , Donald Trump nel suo operato presidenziale, sul quale pesa il macigno del Russiagate, appare sempre più simile a quel tale che una la fa e l'altra la pensa. In quest'ordine di idee rientra la proclamata volontà di spostare l'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Si tratta di una entrata a gamba tesa nel già precario equilibrio del Medio Oriente che getta il mondo nel caos ed è fonte di gravi preoccupazioni nelle Cancellerie internazionali, da Roma a Pechino. Gerusalemme è una città unica, sacra per le tre religioni monoteiste, e con una vocazione speciale alla pace. Minarne lo status quo con la promessa di riconoscerla come capitale d'Israele apre scenari inquietanti dalle conseguenze incalcolabili. Qualora venisse concretizzata in tempi brevi, l'ultima mossa del Presidente , lontana da ogni criterio razionale, potrebbe avere l'effetto di una miccia ad accensione di un nuovo ciclo di guerra in una delle questioni più complicate e controverse della geopolitica: quella delle crisi israelo-palestinesi che costituisce un azzardo permanente per gli sforzi volti a consolidare la distensione. Di ben altra sostanza dovrebbe essere invece il ruolo di commander in chief della maggiore potenza mondiale. Disattenderlo in modo così plateale può essere fonte di grossi guai per tutti.