di Renzo Balmelli
STEREOTIPO. A scrivere il grande romanzo del bene e del male, ovvero le due forze che muovono l’umanità, ha provveduto e tutt’ora provvede una vasta letteratura che va dai primi filosofi agli autori moderni e contemporanei. Venendo alla nostra epoca, contrassegnata dal flusso caotico dell’informazione e dall’inquietante deriva del feroce qualunquismo, verrebbe da dire, ripensando ad Hanna Arendt, che il male inteso come banalità sia da mettere sul conto della cecità morale. Una condizione che sembrò portarci all’annientamento delle coscienze quando eravamo sovrastati dalle urla e dal rumore agghiacciante degli scarponi chiodati. Ora che certe minacce sembrano voler uscire dai loro sepolcri, cresce la spinta verso un rinnovamento dei valori che il Corriere della Sera prova a intercettare col settimanale "Buone notizie. L’impresa del bene". Una provocazione e una sfida – come avverte la presentazione – per attivare il circolo virtuoso del bene e smentire la credenza che soltanto il racconto del male sia eccitante. Uno stereotipo – citiamo – fuorviante e ingannevole.
ADDIZIONE. Tormentone dell’accozzaglia populista, lo ius soli non è soltanto il “fiero pasto” di chi in Italia conta di ricavarne ampie scorte elettorali. In virtù di regole non scritte che hanno sdoganato un modo di intendere la cittadinanza scostante se non addirittura intollerante, la questione dell’identità tende a manifestarsi in varie forme anche dove meno te lo aspetti. Nella civilissima Svizzera, che non conosce lo ius soli, ma resta comunque un buon modello di integrazione, il solo fatto che alcuni candidati al seggio del governo federale rimasto vacante avessero due passaporti, quello elvetico e quello europeo, ha innescato una campagna al calor bianco anche qui alimentata ad arte dalla destra nazionalista anti UE. Il fatto che la polemica abbia investito l’agenda politica evidenzia quanto siano scoperti i nervi su un argomento che finora non aveva mai destato particolari problemi di convivenza. La Confederazione difatti è l’addizione di più appartenenze, di più lingue e culture che ha sempre funzionato senza particolari intoppi. Ma in giro tira un brutto vento e nessuno ne è al riparo.
PROVA. Come l’allenatore che riprende una squadra in difficoltà e sull’onda del fattore novità riesce a vincere tre o quattro partite di seguito, ma poi ripiomba nella mediocrità, anche Martin Schulz chiamato al capezzale della SPD per conquistare la Cancelleria, dopo l’iniziale euforia non ha saputo far valere le proprie ragioni. L’ex Presidente del Parlamento europeo, carica che gli aveva conferito visibilità e prestigio, attirandosi i giudizi sprezzanti di Berlusconi, non è riuscito a offrire una prestazione all’altezza delle aspettative. I sondaggi dicono addirittura che i socialdemocratici subiranno alle elezioni di domenica uno smacco bruciante, il peggiore della loro storia recente. Qualcuno ha scritto che Angela Merkel, ormai avviata verso la sicura e confortevole riconquista del quarto mandato, in Italia col suo modo di fare non andrebbe lontana. Ma è una magra consolazione. Le elezioni tedesche, così come quelle francesi o la Brexit ci riguardano da vicino e nell’ottica della sinistra costituiscono un banco di prova il cui esito può davvero cambiare il corso della sua e della storia europea del Terzo millennio.
BUGIE. Se è sempre valido il teorema di Agatha Christie secondo il quale tre indizi fanno una prova, lo stesso concetto potrebbe essere applicato anche alle fake news, che in forme sempre più massicce intasano i nuovi mezzi di comunicazione di massa. Enfatizzate, riproposte a oltranza e ingigantite dalla diffusione sui social network, le notizie false finiscono a volte col conquistare una loro subdola credibilità condizionando in modo erroneo la fruibilità da parte dell’utente più indifeso. È vero, certo, che le bugie ci sono sempre state. Ma nello scenario dell’ampia circolazione in rete il fenomeno dispone di un potenziale enorme e pernicioso che si manifesta attraverso gli appelli all’emotività e alle convinzioni personali. Mentre la cosiddetta famiglia dei “grandi fratelli” – Facebook, Twitter, Google – ha ormai una posizione consolidata, quello delle fake news rappresenta forse il fenomeno più subdolo di un sistema mediatico che ha detta di molti ha cambiato il mondo tanto quanto sia riuscito a fare la scoperta di Gutenberg. Ma con un impatto molto più amplificato.