martedì 18 aprile 2017

Epoca di dissolte e convulse certezze

di Renzo Balmelli

NOTTE. In tempi calamitosi come questi, uno Snoopy dei nostri giorni, come al suo solito inchiodato davanti all'incipt più famoso nella storia dei fumetti, direbbe che ci attende una lunga notte buia e tempestosa. A bloccarlo tuttavia questa volta non sarebbe l'ansia della pagina bianca, bensì l'incubo di non riuscire, lui come tutti noi, a immaginare cosa potrebbero riservarci i futuri assetti geo politici in mano a leader poco rassicuranti quali dimostrano di essere Trump, Assad e Putin che se ne contendono la spartizione quasi fossero gli unici a bordo. Mondo bipolare, tripolare o multipolare, il disordine internazionale non è una novità. Soltanto che, rispetto ad altre situazioni, la differenza è che oggi sono in circolazione qualcosa come ventimila testate nucleari in grado di sprofondarci non solo in una lunga notte buia e tempestosa, ma infinita, quale ultimo capitolo di un'epoca di dissolte e convulse certezze.

RUGGITI. Molti si chiedono se il bellicoso balletto inscenato dalle grandi potenze con la complicità di comprimari di seconda fila, ma non per questo meno insidiosi, sia soltanto una esibizione muscolare op­pu­re il preludio a scontri di ben altra natura. Un po' come accade con i ma­schi del branco che per delimitare il territorio prima di attaccare emettono ruggiti spaventosi. In questo contesto il caso più emble­ma­tico, dopo il dramma siriano, è rappresentato dalla partita a scacchi che si sta giocando nel Pacifico tra Washington e Pyongyang. Vi è da spe­rare che quello di Trump sia solo un bluff seppure ad altissimo rischio. Basterebbe infatti un banale incidente per offrire pretesti a iosa al par­tito della guerra che nella Corea del Nord surriscalda gli animi e al­l'in­terno dell'amministrazione americana sta riportando indietro le lancette della storia. Come la prima degli anni cinquanta, una seconda guerra di Corea nell'era atomica avrebbe conseguenze devastanti tanto da poter affermare che, se non si corre ai ripari, da diversi decenni la pace nel mondo non è mai stata così a rischio.

SPERANZA. Come nel pentolone in cui ribollono tutti gli intrugli del­la strega cattiva, la drammatica cronaca degli ultimi eventi, tra mano­vre navali, minacce di ogni tipo, bombardamenti, armi chimiche, at­ten­ta­ti, evidenzia come il mondo stia correndo sul filo del rasoio. In que­sto inquietante, cacofonico, stridente concerto che il Papa ha definito la “terza guerra mondiale a pezzi” si fatica a però a sentire la voce del­l'Eu­ropa che da l'impressione di stare a guardare, incapace persino di par­lare. Eppure sarebbe compito proprio del Vecchio Continente, da secoli modello di civiltà, cogliere l'attimo per lanciare un forte mes­sag­gio ai regimi che mettono a repentaglio l'incolumità della gente. Già sessant'anni fa l'Europa compiva un passo decisivo per non più farsi la guerra. La valenza morale di un simile passo sarebbe fondamentale per mostrare all' umanità che esiste ancora l'altro volto della speranza, per il quale vale la pena resistere e lottare con le armi della ragione.

OBBIETTIVI. Se la diplomazia europea dà l'impressione di muoversi in ordine sparso proprio come in questi giorni in cui tira vento di burrasca, qualche ragione ci sarà. Anzi, più di una. Disincanto, scarsa fiducia reciproca, legami sempre più sfilacciati con l'eredità dei padri fondatori formano un reticolo pregiudiziale teso a indebolire se non addirittura cancellare i così detti "acquis comunitari", ossia l'insieme dei doveri, dei diritti e degli obbiettivi che accomunano i Paesi membri dell'UE. La Brexit ispirata dalla formula nota come “cherry pickers”, ossia prendere solo ciò che ci aggrada, ne è un classico esempio negativo. L'altra minaccia, più insidiosa, è rappresentata dall'azione corrosiva degli schieramenti eurofobici e xenofobi capaci di provocare disastri immani se dovesse andare persa la scommessa di ripensare l'Europa.

MONITO. Laddove proliferano le destre ultra nazionaliste bisogna sempre aspettarsi qualcosa di più e di peggio quando si va a rovistare con mano pesante nel passato che non passa. E sono guai. La foga con la quale Marine Le Pen, candidata all'Eliseo ben messa nei sondaggi, ha cercato di assolvere la Francia sul rastrellamento e la deportazione degli Ebrei ha avuto l'effetto di un pugno allo stomaco che potrebbe costarle caro. Come dimenticare infatti che al parigino Velodromo d'inverno venne scritta una delle pagine più vergognose del pur vergognoso regime di Vichy. Il tentativo rozzo e strumentale di riscrivere la storia dimostra tuttavia quali frutti bacati possa dare il revisionismo. A trent'anni dalla morte di Primo Levi, testimone degli orrori nel lager nazista e per tutta la vita in lotta contro l'oblio, è più che mai attuale il suo monito rivolto a chi pensa di avere chiuso i conti con il male assoluto. "E avvenuto – ha scritto l'autore torinese – quindi può accadere di nuovo". Meditate gente, meditate!

INGIUSTIZIA. Non sono le prime e purtroppo non saranno neppure le ultime. Col cuore in tumulto ci ribelliamo davanti alle immagini della terribile siccità che devasta la Somalia e minaccia l'esistenza di migliaia di persone in uno dei paesi africani più poveri al mondo. Per vincere lo scoramento e il senso di impotenza di fronte a certe situazioni incancrenite, non potendo fare altro ci affidiamo all'obolo caritatevole nella speranza di lenire almeno le sofferenze più acute e di contribuire a salvare una vita. Ma quanto accade in questa regione, depredata senza scrupoli, è il risultato di sciagurate politiche che hanno lasciato in eredità carestie, terrorismo e instabilità politiche difficilissime da rimuovere, così come non si è ancora riusciti a debellare la fame endemica che colpisce 800 milioni di persone, private dei necessari mezzi di sussistenza per condurre una vita sana e attiva. Pensando ai miliardi sperperati nella folle corsa agli armamenti cresce la rabbia all'idea di quanto cose si potrebbero fare per dare sollievo alle popolazioni denutrite anche solo con un paio di missili in meno.

DANNO. Non appena si è diffusa la notizia che la vicenda in cui è stato coinvolto il padre di Renzi potrebbe essere la conseguenza di una bufala giudiziaria, è iniziata sui giornali e nei salotti televisivi una gara piuttosto singolare per stabilire chi ha più diritto degli altri all'indennizzo per i torti subiti. Per Berlusconi che si ritiene perseguitato dalle toghe rosse, i suoi chiedono l'immediato risarcimento morale e la pubblica riabilitazione di fronte alla nazione. Sull'altro fronte si stigmatizza l'uso spregiudicato della giustizia – uguale per tutti ma per taluni un po' più uguale – in modo da colpire il padre per pugnalare il figlio. Stranamente tuttavia nessuno, occupato in primis tutelare il proprio orticello, riflette sul danno d'immagine che tutto ciò, tra falsi e insinuazioni, causa ai sentimenti del cittadino probo e onesto a sua volta travolto dalla bufera piombata sulle istituzioni nelle quali avere fiducia, ma ora messe a mal partito.

SPUNTO. Galeotta fu la canotta. Sarebbe risultata gradita a Totò l'esibizione del candidato alla segreteria de Pd che si è presentato con l'indumento già collaudato da altri, noti esponenti politici per apparire “umano” e non ingessato nel solito abito di circostanza. Al principe della risata, di cui ricorre il cinquantenario della morte, la scelta di Michele Emiliano in ospedale per la rottura di un tendine, avrebbe suggerito svariate analogie con il suo mitico "vota Antonio, vota Antonio", uno dei personaggi indimenticabili e così ricchi di umanità usciti dalla fantasia e dall'inventiva del grande, grandissimo artista. Pezzo forte di Antonio de Curtis, primo nome di una chilometrica biografia, è stata appunto la capacità di saper cogliere gli aspetti minuti, divertenti, ma anche tristi e dolorosi dell'esistenza che fanno di lui uno dei maggiori interpreti italiani del Novecento. Di sicuro quindi non gli sarebbe sfuggito lo spunto ammiccante della canotta grazie alle sue qualità, uniche nel loro genere, ancora oggi tanto amate dal pubblico.