martedì 22 novembre 2016

Nello sgomento dell'ora, occorre reagire

di Renzo Balmelli 

DISSENSO. "Ha da passà 'a nuttata" è la celebre frase con la quale Eduardo De Filippo in Napoli milionaria affrontava le avversità dell'esistenza e della commedia umana. Adesso, sul palcoscenico americano un milionario che non va tanto per il sottile ci è finito per davvero e per gli eredi della grande stagione illuminista del Common sense, il senso comune della democrazia anti autoritaria teorizzata da Tom Paine, la notte rischia di essere molto lunga. Un cielo carico di oscuri nuvoloni incombe sui valori condivisi della cultura liberale e progressista che hanno forgiato la moderna società dei lumi. Nello sgomento dell'ora seguito all'elezione di Trump sarebbe però un errore cedere alla rassegnazione. Occorre reagire e mobilitare le coscienze al fine di indagare sulle ragioni della sconfitta e porvi rimedio in tempi brevi. Un diffuso malessere si è impadronito dell'America e i tanti giovani che esprimono il loro dissenso ne sono una testimonianza eloquente.

FALCHI. A vedere come sgomitano per un posto al sole, devono avere una fame feroce di rivincita i repubblicani dell'ala meno moderata. Con metodi che fanno assomigliare la transizione a un gigantesco “spoil system” teso a riportare nelle stanze del potere i falchi nascosti negli armadi, il presidente eletto non fa mistero delle sue intenzioni. I toni concilianti non traggano in inganno. Ciò che si va consumando è l'ansia di revanscismo non limitato solo agli Stati Uniti nei confronti del “negretto" che nella distorta visuale del Tea Party ha avuto l'impudenza di “usurpare” la supremazia bianca. Evocare quale pilastro del programma la deportazione di milioni di clandestini e il muro col Messico trasuda linguaggi tristemente noti da noi da quasi un secolo con un altro nome. Il buon senso consiglia prudenza nei giudizi, ma il pessimismo della ragione suggerisce di prepararsi al peggio.

PATRIMONIO. Con lo stile e la leadership morale di due mandati mai lambiti nemmeno dall'ombra di un pettegolezzo, Obama nell'ultima sua missione si sta prodigando per depotenziare l'effetto Trump sull'Europa. Nel solco della buona educazione diplomatica non prenderà iniziative che potrebbero turbare il pacifico avvicendamento alla Casa Bianca. Ma chi gli succede mostra di muoversi sulla scacchiera internazionale come il liquidatore di Pulp Fiction, la qual cosa non è fatta certo per rasserenare gli alleati del Vecchio Continente. Con la svolta delle presidenziali, sugli Stati Uniti è calata una cortina di tristezza resa ancor più pesante dalla euforia della destra populista ed euroscettica convinta che con il presidente eletto si aprirà una stagione di travolgenti successi. E il guaio è che potrebbe accadere davvero se andasse in porto il radicale, estremo cambio di passo in grado di decretare la fine di un'epoca e archiviare un patrimonio prima culturale che politico.

A MOSCA. A MOSCA! Chissà se Matteo (non Renzi, l'altro) conosce l'invocazione che Cechov fa dire alle Tre Sorelle, ansiose di sfuggire dalla mediocrità della provincia. Sta di fatto che al leader leghista la capitale russa è sembrata l'ideale palcoscenico sia per promuove il NO al referendum, sia per dare corpo alle sue ambizioni. Sotto le mura del Cremlino, non più spauracchio della destra, Salvini ha provato a muovere i suoi primi passi da candidato premier, tra il visibilio dei suoi devoti sostenitori. Che poi la foto con Putin, grande amico dell'amico americano, sia vecchia di un anno è un dettaglio trascurabile per chi cerca un posto nella storia. L'importante è essere visti da chi deve vedere. Certo è che il voto del 4 dicembre ne ha risvegliati di appetiti!

NODI. Quando si evoca l'ipotesi di mobilitare l'esercito per riportare l'ordine in città, tra l'altro quasi sempre con scarsi risultati, il più delle volte significa che qualcosa di importante non ha funzionato nella pubblica amministrazione. Se poi l'opzione riguarda Milano, un tempo capitale morale finita non sempre in buone mani, la politica tende a dividersi poiché il problema legato alla sicurezza dei cittadini minacciati dalla criminalità e dalle bande armate che si fanno la guerra per il controllo del territorio vale a fare luce su alcuni nodi critici. E che uno di questi nodi sia l'integrazione fallita in quella camaleontica, sfuggente corte dei miracoli che è diventata via Padova, con le sue gerarchie, lo spaccio e la prostituzione, evidenzia quanto sia difficile mettere a frutto progetti di inclusione sociale che pure esistono e altrove hanno dato risultati positivi.

IDEALI. Se Bob Dylan ha avuto il Nobel per la letteratura, Leonard Cohen, scomparso all'età di 82 anni, lo avrebbe a sua volta meritato per l'importanza storica della sua produzione ispirata da un lato dal pessimismo politico-culturale e dall'altro da un forte senso della giustizia. Il poeta che volle essere cantautore e divenne il poeta della musica se n'è andato alla vigilia delle elezioni americane e non ha fatto in tempo a conoscerne l'esito che sicuramente avrebbe disapprovato. Non solo in campo musicale, Cohen ha saputo suggerire orizzonti ed emozioni personali sorrette dalla sensibilità e dalla comprensione verso chi per sfortuna o altro si è trovato in ambasce. La sua vena autoironica è stata un modello per l'indipendenza creativa di molti artisti che per loro stessa ammissione si sono a lui liberamente ispirati. Nel sostegno agli oppressi e contro la guerra è stato l'alfiere instancabile degli ideali che oggi non di rado danno l'impressione di vacillare.