martedì 18 marzo 2014

Ma Francesco… è comunista?

di Renzo Balmelli

IMBARAZZO. Ma il Papa è comunista? Se anche Marx fa il suo ingresso ufficiale in Vaticano, i ben pensanti che si aggirano a passi felpati tra i corridoi della Santa Sede hanno un motivo in più per essere inquieti. In realtà si tratta soltanto di una divertente omonimia col cardinale tedesco Reinhard Marx nominato alla testa del consiglio incaricato di procedere al rigoroso riassetto delle finanze vaticane, lambite dalle accuse sulla loro gestione non proprio canonica. Eppure, per quanto scherzosa, è bastata questa casuale coincidenza per rinfocolare le voci ,soprattutto americane, secondo le quali papa Francesco sul fronte economico non sarebbe del tutto in sintonia con l'ortodossia del mercato. E poiché il Pontefice, pur giudicando sbagliato il marxismo, non esclude che i suoi seguaci possano essere persone rispettabili, non è difficile immaginare l'imbarazzo di una certa parte della Curia. Questo Papa davvero non finisce di stupire.

FANTASMI. Riscritta da un moderno Tolstoj, la vicenda di Guerra e pace ambientata sullo sfondo dei convulsi rapporti tra Kiev e Mosca, concederebbe poco spazio ai sentimenti. Sebbene non sia facile districarsi nei meandri della crisi ucraina e per quanto sia arduo tracciare una linea di demarcazione per stabilire chi siano i buoni e i cattivi secondo le categorie in uso a ovest, si intuisce che sotto, sotto covano incomprensioni e rancori vecchi di secoli. Il cuore dello scontro si è spostato in Crimea, penisola strategica da sempre al centro degli appetiti di popoli e imperi, e che oggi deve fare i conti da un lato con i fantasmi filo sovietici o neo zaristi dei nuovi signori del Cremlino e dall'altro con l'ordine sparso in cui si muove la diplomazia occidentale. Col rischio che questa terra, gratificata dalla natura, ma poco rispettata dai regnanti, finisca col rivivere le prove dolorose del passato.

INSOFFERENZA. Se anche in Italia, nazione che occupa un posto d'onore nella galleria dei padri fondatori, continua a crescere l'insofferenza nei confronti dell'UE, a fine maggio le cose potrebbero mettersi davvero male alle elezioni europee concupite della destra populista. In quest'ottica a preoccupare non sono tanto le folkloristiche esternazioni di Grillo, tese a recuperare l'identità di Stati millenari come la Repubblica di Venezia o il Regno delle Due Sicilie, quanto la percezione sempre più diffusa che per gli italiani l'Europa sia diventata impopolare, trasformandosi dall'iniziale adesione in una costruzione lontana e senz'anima. Con questi sentimenti non sarà facile contrastare la deriva anti europeista, tanto più che il governo, in altre faccende affaccendato, non sembra particolarmente motivato nella ricerca di percorsi innovativi e nuovi stimoli che potrebbero rinvigorire lo slancio comunitario.

MORALE. Dal 9 febbraio, grazie al successo del referendum nazionalista, tutto sanno che la Svizzera ha preso una chiara posizione contro l'Unione Europea ponendosi in una situazione che è motivo di grosse preoccupazioni tra i suoi vicini. Ciò che invece forse non tutti sanno è che quando gli interessi prevalgono su qualsiasi altra considerazione, anche nella Confederazione elvetica vizi privati e pubbliche virtù finiscono col confondersi e dare vita alla doppia morale. Ne sono un esempio alcuni ferventi fautori dell'iniziativa che non hanno esitato a richiedere i servizi dei "padroncini", sempre italiani e altrettanto demonizzati dei frontalieri, alla faccia dei loro proclami. Perché lo abbiano fatto è presto detto: costano meno, lavorano in fretta e portano mano d'opera sotto pagata. Chissà cosa ne pensano i loro elettori di una vicenda che ricorda il motto latino: quod licet Iovi non licet bovi!

FENOMENO. L'emigrazione alla rovescia. "Quegli svizzeri che l'Italia se la comperano" è il titolo intrigante di una serie di articoli sul fenomeno sempre più diffuso della presenza elvetica nel settore dell'agricoltura in Toscana, e in altre regioni della Penisola. La morale è presto spiegata: se nella patria di Tell cresce l'insofferenza nei confronti degli stranieri che qui vengono a lavorare e investire, sull'altro versante i cittadini confederati sono la nazionalità più rappresentata tra gli imprenditori agricoli stranieri che operano in Italia. Per una curiosa legge del contrappasso, campi, filari, vitigni e terreni sono praticamente diventati una sorta di "banca bucolica" degli svizzeri che ormai detengono vaste proprietà ad alto reddito nelle zone più privilegiate del Paese. E, diversamente dai cittadini italiani che fanno il percorso inverso, gli ospiti rossocrociati sanno che nessuno promuoverà un referendum per cacciarli in malo modo.

MASCHILISMO. L'otto marzo è passato e ora ciò che conta è vedere quanto tempo sarà ancora necessario per realizzare la vera parità dei generi. Mentre tra incredulità e orrore la cronaca registrava in un solo giorno altri tre casi di femminicidio, nell'analizzare la pesante bocciatura che l'Aula ha riservato alle quote rosa, non sembra che le prospettive per una rapida abolizione delle disuguaglianze promettano miracoli. Fosse vero che il buon giorno si vede dal mattino, si potrebbe dire con un facile e fin troppo scontato gioco di parole, che d'ora in poi l'alba del governo sarà meno rosea. Sull'Italicum la questione femminile è andata in bianco per volontà di Forza Italia e dei franchi tiratori, ma soprattutto per l'assurdità dell'asse Renzi-Berlusconi che spacca il Pd e ne scuote i suoi valori nel più profondo dell'anima. Per molti militanti è un boccone amaro andare a braccetto con una destra che considera le quote rosa alla stregua di una farsa, secondo i canoni del più vieto maschilismo. Ne consegue un diffuso disorientamento che lascia presagire, oltre al nodo della parità, altri punti nevralgici per il percorso delle riforme.