giovedì 14 marzo 2013

Congiuntivite di Stato

 

Le sfide eversive - insegna la storia - si sa come cominciano, mai come finiscono.


di Renzo Balmelli 


FINALE. Evoca spiacevoli ricordi la sgangherata "marcia purificatrice" della destra contro i simboli della giustizia. Le sfide eversive - insegna la storia - si sa come cominciano, mai come finiscono. Che la congiuntivite diventi un affare di stato, mentre l'Italia soffre la crisi, significa perdere il senso delle proporzioni e della decenza in un clima surreale, al limite dell'assurdo. Comprensibile il disappunto di Napolitano. L'assalto del Pdl alle istituzioni per difendere l'indifendibile è l'ennesimo oltraggio fatto al Paese dall'infausta era berlusconiana nel disperato tentativo di sfuggire all'ineluttabile finale di partita del regno di Arcore.

 

PROFILO. Il fine giustifica i mezzi. Nel pensatoio del Cav ci mancava anche l'elogio dell'immoralità per completare il quadro già dimesso di un Paese in grosse difficoltà. Non è difficile immaginare lo stato d'animo di donne e giovani che per la prima volta sono parte cospicua del Parlamento al cospetto del "scilipotismo" dilagante. E' su di loro comunque che i cittadini fanno affidamento per tornare a una normalità virtuosa. L'Italia è in una condizione difficile, certo, ma anche stimolante, se l'ipotesi di un governo di "alto profilo" riuscirà a indicare l'alba di un nuovo giorno dopo lo squallore del Rubygate.

 

SOGNI. Abbiamo tutti in mente il volto di James Stewart che in Mr. Smith va a Washington, film manifesto di Frank Capra, resta alla tribuna 24 ore di seguito per non darla vinta ai politici avidi e maneggioni. L'attore che interpreta un giovane onesto, lontano dagli intrighi, ha trovato un tardivo emulo in quel senatore americano che giorni fa ha deciso di parlare fino allo sfinimento per la sua causa. James Stewart alla fine sviene, ma vince la battaglia della legalità. Il suo alter ego odierno, invece, si è arreso alla fatica. Come nel film si può scegliere: credere nel finale oppure ammettere che molti sogni purtroppo muoiono all'alba.

 

INCIVILTÀ. Con un "lei non sa chi sono io" che sprizzava arroganza da tutti i pori una signora della cosiddetta società "bene" di Milano ha apostrofato un infermiere corso in aiuto per salvare un malato. La dama, tutto fuorché grande, era al volante di una fuoriserie e pretendeva con toni perentori che l'ambulanza si spostasse mentre l'infermo veniva caricato sulla barella. Con gli occhi fuori dalle orbite ha minacciato di denunciare chi le faceva perdere alcuni istanti del suo tempo prezioso. Forse stava correndo dall'estetista. Un episodio di ordinaria inciviltà che svela parecchie cose sull'insolenza di un certo tipo di potere.

 

DISPETTI. Nel 1982 quella delle Falkland-Malvinas tra Londra e Buenos Aires fu una drôle de guerre senza capo né coda, mezza farsa e mezza tragedia. Poco convincente è stato il referendum che ora ha sancito l'appartenenza delle isolette al Regno Unito. Esito scontato, visto che gli abitanti hanno tutti il passaporto britannico. Se 31 anni fa la dittatura militare argentina mostrava i muscoli per ritardare la sua caduta e Margaret Thatcher ridava fiato alle ambizioni post imperiali dei conservatori britannici, oggi i rispettivi governi, incuranti del ridicolo, si guardano ancora in cagnesco tra scaramucce e dispetti mestamente congelati nel tempo.

 

PERDUTO. Roma sconvolta dall'arrivo di Gesù: è la trama di un libro appassionante e provocatorio dello studioso spagnolo Juan Maria Laboa. L'autore cerca di immaginarsi lo smarrimento del Cristo che, ridisceso sulla terra, non ci si raccapezza più e si sente perduto per ciò che gli tocca vedere. Il tema è antico e attualissimo alla luce delle dimissioni di Ratzinger che hanno moltiplicato le attese per una Chiesa che torni alle origini pastorali e abbandoni il potere temporale. Proprio come l'auspicio espresso dal barbone romano intervistato all'apertura del Conclave: "Voglio un Papa povero che capisca i poveri".