lunedì 4 marzo 2013

Un bel groviglio

Tocca ora a Napolitano sbrogliare la matassa, e questa volta l'inquilino del Quirinale dovrà dare fondo a tutta la sua saggezza

di Renzo Balmelli 

MATASSA. Se i partiti e la politica intendevano fare un regalo avvelenato al Presidente Napolitano ci sono riusciti in pieno. Alla fine del suo mandato il Capo dello Stato, al quale in questi anni non è stato risparmiato nulla dai turbolenti attori della vita istituzionale, si trova fra le mani una patata bollente che non si vorrebbe augurare nemmeno al peggior nemico. Tocca a lui sbrogliare la matassa, e questa volta l'inquilino del Quirinale dovrà dare fondo a tutta la sua saggezza, di cui ha già fornito svariate prove, per evitare che il Paese faccia la fine della Grecia dopo lo tsunami delle elezioni. Ed è inutile ripetere che se Grillo ha sbancato il tavolo, se l'ex premier è risorto, se l'impresentabile Razzi vince in Abruzzo, il problema sono gli italiani, non loro. In democrazia il voto si accetta. Tutt'al più è doveroso chiedersi come mai tanti elettori diano fiducia a chi spaccia soltanto illusioni. Boh!

 

OSTAGGI. Poteva essere davvero, come auspicava Nanni Moretti, l'occasione di liberare 60 milioni di ostaggi. Liberarli dal sortilegio del Cavaliere. Sarà per la prossima volta. Ora il risultato, purtroppo, è quello che è: brutto. Il verdetto delle urne anziché cambiare la storia ha fermato il tempo. Arrivata al giro di boa, l'Italia si avvia mestamente se non verso la totale ingovernabilità, di sicuro verso una governabilità fragilissima e senza prospettive, stretta tra due fuochi: o l'esecutivo di larghe intese, o chiusa nella morsa del pericoloso populismo/qualunquismo in confezione doppia della "premiata" ditta Berlusconi/Grillo. E siamo di nuovo al punto di chiederci quando la sinistra imparerà a non farsi male nonostante i pronostici favorevoli. "Smacchiare il giaguaro" è senz'altro uno slogan simpatico, ma niente più. Per vincere ci vuole altro!

 

PANCIA. Nella sua smania di grandezza voleva tutto: il campionato, il derby, la champions, il ministero dell'economia, i magistrati genuflessi, il Paese ai suoi piedi. Alla fine del suo " grand tour", tranne qualche escort ormai un po' sfiorita, non gli resta che la "Grosse Koalition" in salsa romana, non per salvare il Paese, ma se stesso. Nel tendere la mano al Pd per un progetto che fino a ieri era considerato dai suoi un oltraggio, si intravvede il disperato tentativo di salvare il sistema col quale ha portato l'Italia sull'orlo del baratro. Ciò dimostra che la sua stagione da premier è finita, ma non la sua diabolica capacità di parlare alla pancia della gente, di drogarla, e quindi di bloccare qualsiasi riforma che possa andare contro i suoi interessi. La sinistra non dovrebbe commettere l'errore imperdonabile di abboccare all'amo dell'inciucio.

 

ANGOSCIA. Per l'Europa l'esito delle elezioni italiane è il peggiore che poteva esserci. Il fatto che non ci sia una maggioranza e quindi nemmeno un interlocutore con cui parlare è motivo di forti inquietudini a Bruxelles tanto più che il voto segna una rivolta proprio contro l'UE, i suoi programmi, le sue ambizioni. A preoccupare è il fatto che quasi la metà degli elettori abbia votato per i partiti dall'aggressivo anti-europeismo tipico dei leghisti, dei grillini, ma fatto suo anche da Berlusconi a caccia di consensi a buon mercato. Il passaggio del testimone da un clown a un comico, nonché l'ipotesi del voto anticipato non fa che aumentare il timore che Roma finisca nella zona d'ombra di un prolungato periodo di incertezza. Sulle due sponde dell'Atlantico l'impasse dell'Italia, cioè di un grande Paese e ottava potenzia industriale, é un enorme punto interrogativo e un motivo di angoscia.

 

CULTURA. Se il cinema è lo specchio di una nazione, agli Oscar il volto dell'Italia non si è visto per niente. Spiegare le ragioni di questo lungo passaggio a vuoto non è facile e l'esito delle elezioni non aiuta a migliorare il quadro. Indubbiamente la sovrana indifferenza della destra verso la cultura ha avuto un ruolo non secondario. Ma anche la sinistra troppo distratta sull'argomento ha le sue responsabilità. Sul piano creativo lascia invece sconcertati l'assenza di un dibattito approfondito su quello che un tempo era il fiore all'occhiello del "made in Italy" e oggi rivive solo nelle appassionate e un po' malinconiche citazioni di Tarantino. Forse servirebbe un nuovo neo realismo, ma non pare che in giro vi sia la volontà di recuperare quella grande lezione. In alternativa si servono originali televisivi sempre più simili a scipiti fotoromanzi strappalacrime che esimono dal pensare.