giovedì 29 marzo 2012

Una torbida intossicazione ideologica

Per quale spaventosa metamorfosi un giovane immigrato diventa uno spietato assassino? Forse non lo sapremo mai. Certo è che non gli mancavano i motivi d'imitazione frutto della torbida intossicazione ideologica.

 

di Renzo Balmelli 

 

INTOSSICAZIONE. Persa l'innocenza, l'Europa ha assistito attonita e sgomenta alla carneficina di Tolosa chiedendosi per quale spaventosa metamorfosi un giovane immigrato possa diventare uno spietato assassino. Forse non lo sapremo mai. Certo è che non gli mancavano i motivi d'imitazione frutto della torbida intossicazione ideologica prodotta dalla fabbrica dell'odio, dall'antisemitismo, dal feroce radicalismo della Jihad e dai grossisti delle ideologie bacate. Ci spaventava il default greco, ma quello vero era altrove, era il default delle coscienze intorpidite e ormai assuefatte alle quotidiane scene di ordinaria violenza che contagiano e stravolgono le menti. Il dramma della scuola ebraica ci ha aperto gli occhi nel peggiore dei modi, ha evidenziato errori ed orrori, ci ammonisce che senza una decisa rivolta morale la "banalità del male" di cui parla Hannah Arendt sarà sempre dietro l'angolo. 

 

GIUSTIZIERE. In Florida si può morire ammazzati senza una ragione, per il solo fatto di essere neri e portare un cappuccio. Nell'anno delle elezioni presidenziali torna a manifestarsi il male oscuro della discriminazione razziale attizzata dal Tea Party e dalla destra ultraconservatrice con slogan di basso conio. Vittima del rigurgito di violenza è uno studente di 17 anni assassinato da un fanatico giustiziere della notte che in virtù di una legge tanto assurda quanto disumana , ricalcata sui modelli del Far West , circolava nel suo quartiere con la licenza di uccidere e l'invito a non indietreggiare mai. "I have a dream" - diceva Martin Luther King, ma la caccia a un innocente finita in tragedia ha ricordato all'America progressista e dei diritti civili, costernata per l'accaduto, quanto breve sia il passo dal sogno all'incubo quando a prevalere è il lato oscuro della forza. 

 

COLONNELLO. Con la pubblicazione di un nuovo carteggio a 68 anni dall'eccidio delle Fosse Ardeatine in cui ebbe un ruolo ambiguo, si torna a parlare di Eugen Dollmann il tedesco più potente e corteggiato di Roma quando il nazismo prese il sopravvento. Come il personaggio del romanzo di Vercors "Il silenzio del mare", anche il colonnello delle SS, scampato a Norimberga e morto nel 1985, fu un formidabile incantatore di serpenti che seppe mascherare gli ordini più scellerati dietro modi raffinati e una patina di apparente rispettabilità. L'immagine che si ha di lui è lontana da quella dei rozzi generali di Hitler, ma pur senza avere il volto del mostro ciò non lo assolve dal peccato originale e nemmeno dal fatto che fosse comunque al servizio della svastica e di un regime orrendo e mai ripudiato.

 

SVOLTA. In un mondo come il nostro inquinato da sordidi interessi e avaro di simboli importanti, ben presto la storia del Nobel birmano Aung San Suu Kyi avrà una svolta in positivo che ripagherà lei e il suo popolo dei sacrifici e delle sofferenze sopportate per liberarsi dalla morsa asfissiante della dittatura. A meno di un'infamia dei generali, questa eccezionale dama di ferro del panorama politico mondiale, simbolo della resistenza non violenta, dopo le elezioni del primo aprile diventerà deputato, e tra quattro anni con ogni probabilità presidente del Myanmar, il paese che senza il suo coraggio sarebbe rimasto un cimitero dei diritti umani spesso dimenticato. Come sottolinea Luc Besson, regista del film nobile ed elegante a lei dedicato e ora nelle sale, è straordinario pensare a una donna minuta che da 25 anni tiene testa a un esercito di 300 mila soldati e lo fa combattendo con armi assai diverse da quelle tradizionali, ma solo con la forza del suo amore. 

 
POETA. Era l'ultimo esponente di una stagione formidabile e mai più ripetuta della grande scuola cinematografica italiana. Con la morte a 92 anni di Tonino Guerra, il poeta che amava il cinema, si è chiusa un'epoca favolosa, punteggiata da successi straordinari e di cui si è perso purtroppo lo stampo. Se il felliniano Amarcord oppure la trilogia dell'incomunicabilità firmata da Antonioni (L'Avventura, La Notte, L'Eclissi) sono diventati dei classici della settima arte, gran parte del merito va all'impronta originalissima che lo sceneggiatore romagnolo ha lasciato su questi e molti altri capolavori grazie ai suoi dialoghi e alle sue intuizioni di artista popolare e anticonformista. La scomparsa di Tonino Guerra lascia un grande vuoto nella cultura italiana che aspira a ritrovare l'antico splendore dopo le mortificazioni dell'infausta era berlusconiana.