lunedì 14 giugno 2010

Il silenzio è legge

di Renzo Balmelli 

SILENZIO. Mentre il Senato impartiva la benedizione al ddl sulle intercettazioni, Berlusconi si concedeva un siparietto, al limite dello sgarbo diplomatico, piantando in asso il collega spagnolo Zapatero nel mezzo della conferenza stampa congiunta. Palazzo Chigi ha minimizzato l’incidente, ma l’irritualità della situazione testimonia l’irritazione del premier che non riesce, nonostante il dispiegamento dell’artiglieria pesante, a zittire la mobilitazione contro quella che è stata definita la “legge bavaglio”. In effetti l ’approvazione della nuova normativa espropria i cittadini di un bene inalienabile, il diritto a sapere e la possibilità di conoscere i contenuti delle inchieste. Casi come gli scandali che hanno investito la Protezione civile e costretto il ministro Scajola alle dimissioni in futuro verranno liquidati in famiglia secondo le convenienze dell’omertà politica. Per questa ragione l’Italia è solo all'inizio di una battaglia per la libertà molto dura, al fine di impedire che si torni al regime del '25". Nel piano delle proteste si andrà dalla giornata del silenzio dell’informazione alle pagine in bianco sui giornali che segnalino l’allarme che si è creato nel paese. Pare infatti evidente che il testo licenziato dal Senato non realizza l'obiettivo dichiarato di tutelare la privacy, ma ha semplicemente un effetto intimidatorio nei confronti della stampa. Ne sono dimostrazione le pesantissime sanzioni agli editori. La mobilitazione coinvolgerà anche alcuni giornali stranieri, perché questa è una vicenda che incide sulla Convenzione dei diritti dell'uomo a livello internazionale. Che triste spettacolo ci offre la destra. A questo ha portato la deriva del governo e della sua maggioranza complice nei reiterati attacchi alla Costituzione e alle istituzioni democratiche.


VIA PAL. Se Molnar tornasse nella sua via Pal non la riconoscerebbe piu’. Nemecsec, Janos Boka e gli altri eroi positivi della sua saga urbana sono stati soppiantati da una classe di privilegiati mossi dall’avidità di accumulare ricchezze senza curarsi del resto. Sia chiaro, nessuno rimpiange il comunismo, men che meno a Budapest che ha conosciuto l’orrore dell’invasione sovietica. Ma la transizione frettolosa e caotica da un sistema liberticida al capitalismo senza regole sta costando caro all’Ungheria .Quando i paesi dell’est si affrancarono dal giogo del Cremlino, accanto alla ritrovata libertà ereditarono corruzione, instabilità, rigurgiti nazionalisti e razzisti . E le conseguenze si vedono. Oggi il copione dell’area danubiana, con le sua economia fragile e vulnerabile assomiglia a quello greco, oberato dai debiti. A suo tempo voci auterovoli, da Jacques Delors al tedesco Genscher, esortarono a operare per uno sviluppo sano, graduale e fondato sulla giustizia sociale, ma gli uomini politici non gli dettero retta.


RICORSI. All’orizzonte si intravvedono corsi e ricorsi storici che non lasciano dormire sonni tranquilli. Ovunque ormai crescono i timori sulle prospettive dell’economia mondiale. Oggi come ieri il clima sul fronte sociale è pessimo e peggiora di giorno in giorno, mentre si fa pressante il dovere di mobilitarsi per dare voce ai soggetti piu’ toccati da misure di austerità inefficaci e inique . Prevale la sgradevole sensazione che la scure del rigore colpisca in una sola direzione, sottraendo risorse ai piu’ bisognosi e lasciando impuniti gli incendiari, gli evasori, gli speculatori, i Paperon de Paperoni e gli onorevoli mallevadori delle allegre finanze. Fu cosi’ che il secolo scorso a furia di tirare la corda l’Europa finì sotto gli scarponi chiodati del nazifascismo.


SACRIFICIO. Secondo un curioso sondaggio, in Italia gli uomini mentono piu’ delle donne. Non esiste nessuna tesi scientifica a sostegno di questa tesi, ma Berlusconi e Tremonti che fingono di litigare per meglio spalleggiarsi al fine di sdoganare la manovra ne sono una eloquente dimostrazione empirica. Ma non sono soli. In questo marasma, gli esponenti della maggioranza che fanno? Invece di stare zitti, come il pudore consiglierebbe, mettono in giro la favoletta sulla volontà di fare la loro parte e di ridursi lo stipendio. Ma di quanto? Del 5% che su una busta paga di 16 mila euro netti al mese spettanti ai deputati fanno 800 euro. Vogliamo chiamarlo sacrificio?


PAURA. Sul volto di Napolitano l’imbarazzo era palese mentre il premier si sbracciava al passaggio dell’avvenente crocerossina. Confondere il papagallismo con il buon governo è una tecnica collaudata che serve solo a gettare fumo negli occhi. Ormai il verbo dominante è “berlusconizzare”. Berlusconizzare il sapere, il pensiero, la RAI, i telegiornali, la libertà di stampa, le inchieste contro la criminalità, le intercettazioni, il dissenso, il parlamento, la giustizia, i Pm, gli scrittori, i registi e soprattutto il diritto dei cittadini di essere informati. Toghe, giornalisti, legalità e informazione sono gli incubi ricorrenti della destra berlusconiana che dall'intreccio tra scandali, inchieste e giornali teme per la propria sopravvivenza. Ma la paura della verità è il modo peggiore di governare e assicurare la stabilità della democrazia.