di Renzo Balmelli
AUTO E VELINE - Tocca idealmente alla mitica Topolino, la piccolina di casa FIAT, il compito invero gigantesco di riavviare il motore della competitività, ingrippato dalla crisi e dalla scarsa vena della maggioranza. La Cinquecento negli anni sessanta divenne il simbolo del miracolo economico. La speranza è che l’impresa possa ripetersi negli USA con l’ardimento dei pionieri e la determinazione degli emigranti che fecero grande il Nuovo Mondo. La Fiat è un secolo di storia italiana e oggi la bella pagina scritta dal Lingotto insegna che il paese, con tutte le sue anomalie, le sue rigidità, i suoi ritardi e la destra arrogante, è ancora capace di raggiungere livelli di eccellenza. L’accordo con la Chrysler, che ovviamente è solo l’inizio della corsa, premia la manifattura e il lavoro ben fatto che costituiscono l’arma vincente del made in Italy.
L’intesa a “stelle e strisce” è la migliore risposta che si potesse dare a Berlusconi di solito restio a concedere la sua “regale” benevolenza a operazioni che non portino impresso il suo marchio. Il premier ha sovente giudicato la casa torinese con l’infastidito sussiego di chi è convinto di non avere rivali in questo mondo. Sbagliò. Anche senza di lui, la Fiat prova a risollevarsi per tornare ad essere la locomotiva dell'economia italiana. Le maestranze che hanno scritto pagine gloriose nella storia del movimento operaio, adesso giustamente attendono di essere risarcite per i sacrifici compiuti in passato, quando la situazione pareva giunta a un punto di non ritorno. Senza il loro concorso la svolta non sarebbe andata in porto. Se la FIAT pare avviata sulla strada giusta per restituire credibilità e prestigio al Bel Paese, molto piu’ sfumata si presenta l’agenda del governo che vivacchia tra gossip, pettegolezzi, veline e le unghiate di Veronica Lario, talmente sconcertata per l'uso spregiudicato e maschilista delle candidature rosa lanciate dal marito da decidersi a chiedere il divorzio e chiudere il sipario sulla sua vita coniugale con Silvio.
L'insieme di queste "singolarità" dà la misura delle ambiguità un cui versa la maggioranza. Ma c'è poco da fare: la fase della concordia bipartisan legata al terremoto e al 25 aprile é durata lo spazio di un mattino. Che fosse un’ operazione mediatica da parte di colui che fino all’altro giorno equiparava il confino a una piacevole vacanza si era capito subito. Il metro di misura di Berlusconi é sempre uguale e riesce difficile immaginarlo mentre resta folgorato sulla via di Damasco La “ velinizzazione” è un eterno fotoromanzo che procura consensi a buon mercato, ma non fa avanzare la nazione.
Ormai la linea di demarcazione tra quiz, grande fratello, prova del cuoco, ballando ballando e la politica è sottilissima. Spesso è difficile stabilire dove finisca l’uno e inizi l’altra. Il premier ha sempre avuto in mente un mondo fatto di lustrini, vallette e denaro. Un mondo fasullo. I sondaggi, però, danno Berlusconi in ascesa . La cosa non stupisce Paolo Guzzanti, il transfuga di FI, che si vendica con una frecciata al cianuro: "Si sa che certi atteggiamenti all'italiano piacciono, anche il Duce passava per essere un gran donnaiolo e mi sa che il popolo troverà questa storia divertente". Speriamo di no!
DISINFETTANTE - Nel panorama letterario italiano Giuseppe Prezzolini rappresenta una voce scomoda e controversa. Da toscanaccio verace, se fosse in vita, di sicuro non avrebbe gradito che Mario Borghezio si impadronisse del suo insegnamento. L’eurodeputato della Lega in passato si era guadagnato un bel po’ di pubblicità disinfettando i sedili di treni e metropolitane su cui avevano viaggiato nomadi, musulmani ed extra-comunitari. Ora Borghezio si è riciclato e gira i luoghi del volontario esilio prezzoliniano atteggiandosi ad improbabile ambasciatore della cultura. Nulla di male, ovviamente - se lui non avesse fatto della più intransigente intolleranza celtico-occidentalista contro l’Islam, i Rom ed i cosidetti “diversi” la propria missione. E’ tragico pensarlo, ma l’amnesia che sempre piu’ spesso sembra affliggere la politica italiana ha messo la sordina anche agli eccessi del “crociato col disinfettante”.
CENTO GIORNI - Lo storico Arthur Schlesinger attese mille giorni prima di consegnare all’editore il libro sul presidente Kennedy. I mille giorni che cambiarono il mondo. Erano altri tempi ; tempi in cui la storia, pur procedendo a sussulti, poteva ancora concedersi una pausa di riflessione. Oggi , nell'era di internet e della comunicazione istantanea, é un lusso impensabile. Barack Obama ha varcato la soglia dei cento giorni e per lui é già tempo di pagelle. Gli é andata bene. Il suo carisma é passato indenne attraverso le sabbie mobili della crisi e ne è addirittura uscito rinforzato agli occhi dell’opinione pubblica. I cento giorni non significano niente, ma é una scadenza che si deve rispettare soprattutto se il presidente ha la sua arma migliore nel non rimanere isolato nell’ufficio ovale e nell’impegnarsi a sentire le corde profonde dell’elettorato. Obama ha dimostrato che le qualità esibite durante la campagna elettorale vanno bene anche alla Casa Bianca. Di Bush, con lui alla guida del paese , si sono perse le tracce e questa è una grande opportunità per l’America e l'auspicato convolgimento della nazione nel processo di rinnovamento. I primi mesi della presidenza Obama sono stati tra i piu’ spettacolari della storia degli USA dall'epoca di Roosevelt. Ma le prove piu’ difficili sono davanti a lui e sarà appunto da qui ai suoi mille giorni, ossia piu’ o meno la durata di un mandato, che Obama dovrà dimostrare la sua capacità di governare, dialogare e gettare solide fondamenta per l’edificazione del nuovo ordine mondiale attorno al quale fa perno il suo programma.