martedì 14 ottobre 2008

DELL'AVIDITA', DELLE DERIVE E DI UNA BUFALA STORICA

Nessuno è innocente nella crisi che ogni giorno manda in fumo tanti miliardi quanti ne basterebbero per sfamare mezza Africa.

Men che meno i governi.
di Renzo Balmelli

AVIDITA’
Nessuno è innocente nella crisi che ogni giorno manda in fumo tanti miliardi quanti ne basterebbero per sfamare mezza Africa. Men che meno i governi, che oggi si affannano a tamponare il fallimento inesorabile del modello liberista, senza etica e senza regole.

Troppo a lungo i grandi del pianeta hanno tollerato le logiche perverse di chi ha inseguito l’avidità smodata a scapito della buona finanza, facendosi cogliere impreparati quando la bolla speculativa è esplosa col fragore di un’atomica.

Ora i Caimani si affidano all’aiuto provvidenziale dello Stato, di cui fino ad oggi hanno detto peste e corna, per provare a uscire indenni dalle loro malefatte. C’è pero’ qualcosa di indecente nel loro atteggiamento, un misto di arroganza e incoscienza che la dice lunga sulla loro totale mancanza di scrupoli.

L’azione salvifica della mano pubblica potrebbe tuttavia non bastare ad arrestare la cancrena che rode il sistema se prima la politica non tornerà a riprendere il controllo della situazione, facendo valere il suo primato sull’economia e dettando codici severissimi di comportamento a chi ne ha fatte di tutti i colori.

Il “new deal” che dovrà riportare la fiducia nelle case avrà qualche possibilità di riuscire unicamente se si muoverà nel rispetto della moralità a misura d’uomo. E’ la premessa indispensabile per costruire una nuova società sulle macerie prodotte dalle follie della nuova ingegneria finanziaria.

Il pensiero corre al 1929, allo sfacelo che nel giro di pochi anni, complice l’indifferenza della destra, fece precipitare il mondo nel baratro della guerra.

DERIVE
Berlusconi si è morso la lingua quando si è accorto che il paese non era in gramaglie all’annuncio che avrebbe disertato i salotti televisivi. Per Beppe Severgnini, bravo scrittore e fine umorista del Corriere, è un caso di tentato matricidio da video.

Con o senza tivu’, il Cavaliere tuttavia non recede dalla tentazione di governare quanto piu’ possibile con decreti legge urgenti che snaturano le prerogative del Parlamento.

Non pago di rifarsi al modello accentratore di Luigi XIV (l’état c’est moi) , il premier mostra anche di non tenere in nessun conto l’opposizione, ossia l’altra metà del paese, liquidandola con giudizi sferzanti che tendono a sbilanciare gli equilibrio dello Stato a favore del governo.

Nel solco delle derive autoritarie, si torna cosi’ a parlare del rischio-fascismo. Vicenda storica chiusa da decenni, ma mai archiviata a causa dei rigurgiti sul ventennio e Salo’.

L’uomo di Arcore, avvitatosi sul suo protagonismo, ignora platealmente il dovere della concertazione che potrebbe contribuire a svelenire il clima instauratosi nel paese dopo il cambio di maggioranza.

Sbaglia. Con la crisi incombente, crisi non soltanto dei mercati, ma profonda a tal punto da mettere in discussione la democrazia, sarebbe urgente dare inizio all’era dei governi “intelligenti”, per raccogliere le sfide con migliori probabilità di riuscita.

Vista l’aria che tira, l’Italia dovrà attendere fino alle prossime elezioni.

BUFALA STORICA
In una fase di grandi difficoltà per le finanze, i consumi e il potere d’acquisto dei cittadini, l’Italia si avvia verso un federalismo fiscale costoso e pasticciato. Esso, invece di ridurre spese e tasse, finirà con l’aumentarle.

Per mere considerazioni di opportunità elettorale si è messo in piedi in qualche modo un disegno di legge che è soltanto una scatola vuota, lastricata di ciarle.

Dal consiglio dei ministri è uscita soprattutto una concessione a Umberto Bossi, una sorta di bandiera simbolica consegnata ai Lumbard e che ha tutto il sapore di un surrogato, di uno scambio di favori tra Pdl e Lega.

Quando pero’ si passerà dalla filosofia (quale?) all’aritmetica si scoprirà magari che la "riforma storica" di cui mena vanto la propaganda ufficiale altro non è, in verità, che una "bufala storica" pagata dai contribuenti e destinata a ingrossare le fila degli spreconi.

A quel punto lo slogan “Roma ladrona” non avrà piu' lo stesso significato.

lunedì 6 ottobre 2008

Ritornava una rondine al tetto...

Veltoni cambia stle e milioni di elettori sperano che si inizi finalmente a rompere l’ipnosi del Cavaliere. Chissà!
di Renzo Balmelli
SCONGIURI - Oddio. A sentire gli analisti la vera recessione comincia ora. Senza essere esperti, avevamo intuito qualcosa del genere. Il dubbio si è fatto certezza quando nel bel mezzo dello tsunami che ha investito il mondo della finanza, Berlusconi ha garantito, mano sul cuore, che gli italiani non perderanno nemmeno un euro dei loro risparmi. Sapendo cosa valgono le promesse del Cavaliere, si dovrebbero cominciare a fare gli scongiuri. In effetti, visto il marasma in cui versano i mercati, sarebbe piu’ giudizioso non illudere chi rischia di pagare di tasca sua le follie dei semidei dell’olimpo di Wall Street. Questo crollo forse non avrà le conseguenze drammatiche come nel 1929, ma ci sta andando terribilmente vicino. Malgrado cio’ il capitalismo senza regole non dà segni di ravvedimento. Anzi. Con la scusa che l’economia deve salvarsi da sola, i padroni del vapore già intrecciano losche manovre per pilotare i cambiamenti in modo che nulla cambi. La crisi in corso celebra la fine del mercatismo, ma negli USA i liberisti a oltranza della base repubblicana si dannano l’anima per bloccare l’intervento salvifico dello stato che giudicano una deviazione verso il socialismo Intanto pero’, guarda caso, la sola industria a macinare utili è quella bellica, prova elquente delle storture “ideologiche” sulle quali si regge il sistema. Che la finanza avesse smesso di avere i piedi ben piantati per terra, lo sapevano tutti. Nessuno pero’ aveva valutato l’ampiezza devastante del fenomeno.

SADISMO - Quando la lotta alla criminalità diventa un bieco pretesto per racimolare consensi fondati su un clima di paura, le conseguenze si pagano a caro prezzo. E cosi’ è stato. Dal giorno in cui la destra è andata al potere, il giro di vite adottato dal governo italiano nei confronti dell’immigrazione ha cominciato a produrre danni sempre piu’ gravi. Il frutto avvelenato della "tolleranza zero" ha instaurato, poco alla volta, un clima culturale miserabile che alimenta il grande sport nazionale: la caccia al povero cristo, al “negro”. A Parma, nella civile Parma di Stendhal, di Verdi e delle violette - si compiono gesti ripugnanti di prevaricazione dell’uomo sull’uomo, gesti al limite del sadismo. In provincia come nelle metropoli, nella Treviso o nella Verona degli sceriffi leghisti come nella Roma di Alemanno e nella Milano della Moratti, si assiste a un delirio di norme incivili che aprono ferite profonde nel tessuto sociale. "Nel momento stesso in cui si riscrive la storia delle leggi razziali nell'urgenza di rivalutare il fascismo, si
testimonia - denuncia Curzio Maltese su Repubblica - quanto il razzismo sia una malapianta nostrana che apre la porta a ogni abuso". Una malapianta per la quale un sindaco di provincia o un vigile di periferia si sentono depositari di un potere di vita o di morte su un "negro". Brava questa maggioranza che alleva gli istinti peggiori!

IPNOSI - Mentre in Italia si rilasciano patenti di nobilità alla repubblica di Salo’, in Russia si riabilita il regime degli Zar. Quando Veltroni nella sua sofferta folgorazione sulla via di Damasco della politica accosta Putin a Berlusconi ovviamente coglie nel segno e lancia un messaggio sul rischio di un grave ritorno indietro capace di destabilizzare la democrazia. Il timore purtroppo è che il leader del Pd arrivi in ritardo sulla scena, ormai interamente presidiata, condizionata e declinata dal “delirio di onnipotenza berlusconiano”. Anche se non è il Ventennio (non ancora) l’allarme è sacrostanto. Il profilo del Cavaliere è di colui che ogni giorno, ormai sicuro dell’impunità, scommette sul suo ruolo decisionista e strattona le prerogative del Parlamento senza più nemmeno curarsi di salvare la forma. La disinvoltura con la quale ha deliberato uno stanziamento di 140 milioni di euro per soccorrere le finanze del comune di Catania, rovinate dall’incompetenza della destra, ne è una dimostrazione vistosa ed eloquente. Ora l’opposizione mostra di volere rialzare la testa per riprendere il combattimento e ridare dignità e visibilità all’Italia meno protetta. La manifestazione del 25 ottobre dovrebbe costituire lo spartiacque, un passaggio politico di grande importanza, l’inizio di una strategia durissima volta a rompere l’ipnosi del Cavaliere. Milioni di elettori sperano ardentemente che sia davvero cosi', che non si ripeta il fallimento delle ultime elezioni. Chissà! La voce della sinistra, come la rondine del Pascoli, pigola ancora troppo piano nel suo nido lontano per essere certi che la svolta si compia in nome di ideali comuni e condivisi. Ci vorrà tempo per recuperare la fiducia dopo i clamorosi errori che di fatto hanno consegnato il paese nelle mani di un "quasi-regime" la cui ombra si allunga. E si allunga, dicevamo, anche sul fallimento di Catania, che, per inciso, viene pagato dai contribuenti che hanno votato il signore di Arcore.

martedì 30 settembre 2008

Veltrusconi, adieu

di Renzo Balmelli
MONOLOGO - A detta degli esperti, siamo dunque alla fine dell’infausto periodo passato in archivio col nome di “veltrusconismo”. Buono, anzi, ottimo! La breve stagione del dialogo tra il Cavaliere e il leader del Pd - dialogo che in realtà non c’è mai stato - chiude una fase segnata dagli equivoci. Ognuno torni al suo posto, senza gabellare patetici “embrassons nous”. Con questa destra è semplicemente impossibile trovare un minimo comun denominatore. Berlusconi è abile nel fingere di lanciare ponti affinché gli altri vengano nel suo giardino, ma soltanto alle condizioni che meglio gli aggradano. Finché il dialogo sarà un monologo, mi pare ovvio che i due continueranno a non parlarsi.

MESSAGGIO - Appena tornato da New York, Walter Veltroni assicura - bontà sua - che il Pd nei sondaggi è intorno al 30 per cento e continua a salire. E va bene: un pizzico di retorica non guasta, perché la politica è una merce da vendere come qualsiasi altro prodotto. Ma rincorrere Berlusconi sul saliscendi dei sondaggi non ci pare un’idea molto originale. Il Cavaliere si pavoneggia “con percentuali di consenso imbarazzanti” che pero’ nella vicenda Alitalia non sono valse a fargli vincere la partita. L’auto-elogio si scioglie come neve al sole quando la crisi arriva sul serio. La priorità è dare ai cittadini un messaggio vero, affrancato dal circo mediatico a cui si abbevera il premier. ll clima è pesante, c'è una cappa di piombo sul Paese e l’opposizione ha il dovere di rimettere al centro del dibattito le questioni economiche che come negli USA hanno rovesciato a favore di Obama l’andamento della campagna presidenziale. Alla lunga con gli slogan di facile suggestione di cui si avvale la destra non si va da nessuna parte.

RESISTERE - Se non è censura, poco ci manca. Un primo indizio il No ad Oliver Stone e al suo film su George W. Bush che, benché attesissimo, non figura nel cartellone del festival di Roma. No, perché quella ricostruzione così "apocrifa" della vita politica del Presidente degli Stati Uniti non piace a Berlusconi, amico fraterno dell'America. Un secondo indizio è la perquisizione nella redazione dell’Espresso che sta pubblicando, guarda caso, un’inchiesta sugli intrecci tra politica e camorra. Una pesantissima intimidazione, tesa a limitare la libertà d'informazione. Se a questo quadro già di per se sconcertante aggiungiamo la freddezza con la quale nei ranghi della maggioranza è stata accolta la designazione di “Gomorra” all’Oscar per il miglior film straniero, c’è davvero di che restare allibiti. Il lavoro del regista Matteo Garrone ha tutti i requisiti per raccontare la bella storia della lotta del bene contro il male radicato in alcuni gangli della società. In quest’ottica suonano profetiche le parole di Roberto Saviano, autore del bestseller da cui è tratta la pellicola, quando afferma che scrivere e documentare non è diffamare, ma resistere.

martedì 23 settembre 2008

ATTERRAGGIO

La superficialità e la sicumera con la quale la maggioranza ha affrontato l’emergenza della compagnia, denota una disinvoltura preoccupante, in stridente contrasto con l’immagine trionfante che il Cavaliere vuole dare di se e della sua compagine.

di Renzo Balmelli
ALITALIA - A Palazzo Chigi lo scenario era già pronto, con tanto di tappeto rosso, per la cerimonia che doveva conferire al Cavaliere il ruolo di salvatore della patria, di acclamatissimo sovrano e di patrono dell’italica compagnia di bandiera. La vicenda Alitalia ha invece avuto un epilogo amaro,amarissimo, e il tonfo ha lasciato il segno nella maggioranza che era ormai convinta di avere la situazione in pugno.

Invece gli aerei non sono sacchi di immondizie che appaiono e misteriosamente scompaiono sull’onda della congiuntura politica.

La questione era un pochino piu’ complessa visto che oltre a migliaia di posti di lavoro era in ballo la possibilità di garantire al paese una rete di collegamenti aerei moderni, efficenti e all’altezza del prestigio di una grande nazione. La questione Alitalia è stata invece affrontata dal governo essenzialmente come una prova di prestigio, per dimostrare quanto loro siano molto piu’ bravi nel risolvere i problemi.

Dalla strategia messa in campo durante le trattative era pero' assente la lungimiranza atta a favorire una solida e promettente azione di rilancio e consolidamento che non gettasse sul lastrico migliaia di lavoratori. Purtroppo non è cosi’ che funziona. La fumata nera per il salvataggio della società, il cui destino è ormai appeso a un filo sottilissimo, è la batosta finale di mirabolanti promesse elettorali messe in circolazione da un sistema che insegue la spettacolarizzazione della gloria cortigiana.

Lo smacco incassato dall’esecutivo non è tuttavia un motivo di esultanza per nessuno, ma intriso di profonda tristezza. La conclusione dell’intera vicenda è innanzitutto una sconfitta per l’intero paese, già costretto a tirare la cinghia, che ne pagherà le conseguenze fino in fondo. E Berlusconi, come ha già provato a fare, non si sogni di scaricare colpe sulla CGIL, che ha fatto il suo dovere di sindacato, perché le responsabilità di questa brutta storia gravano in gran parte su questo governo. La crisi di Alitalia viene da lontano, sedimentata nel corso degli anni e frutto di strategie passate e presenti assolutamente indifendibili.

La superficialità e la sicumera con la quale la maggioranza ha affrontato l’emergenza della compagnia, denota una disinvoltura preoccupante, in stridente contrasto con l’immagine trionfante che il Cavaliere vuole dare di se e della sua compagine.

FARSA - Strana epoca, quella in cui viviamo. Strana davvero, in cui sembra che vecchi schemi, che parevano ormai desueti, tornino invece in auge con una forza insospettata. Le parole per indicarla sono due, una non meno inquietante dell’altra: revisionismo e restaurazione.

Revisionismo e restaurazione cui vanno ad aggiungersi indifferenza, egoismo, mancanza di soidarietà, edonismo sfacciato. A Milano abbiamo un morto per odio razzista, un giovane di colore ammazzato a sprangate per un pugno di biscotti. La natura e i contorni dell'episodio sono estremamente preoccupanti e richiamano alla mente fatti di grave intolleranza razziale. Sembra di tornare ai macabri rituali del Ku Klux Klan. Si sprecano le solite frasi di convenienza, intrise di falso dolore, di falso sdegno; frasi che domani saranno già dimenticate.

La maggioranza, che veleggia dall’alto di sondaggi bulgari, veri o presunti che siano, nel timore di disturbare il potente alleato lumbard, glissa, nega la componente xenofoba del delitto, tende a sminuire, smussare, motivare. Nel giorno in cui accadeva questo mostruosa mattanza, l’articolo piu’ letto è stato quello che raccontava dell’appartamento acquistato da Veltroni a New York. Da brivido. Duri i commenti di chi ha ancora un cuore, un’anima e un cervello per pensare con la propria testa.

"E’ cosi’ difficile - si legge sul sito del Corriere - dire e pensare che la vita è sempre vita, anche quando si tratta di non padani”. Sì, strana, strana davvero quest’ epoca segnata dall’indecenza e dalle fanfaronate del potere.

Berlusconi dice di non voler entrare nella discussione sul fascismo sostenendo che lui guarda avanti e che l'antifascismo è cosa scontata. La storia ridotta a mera quisquiglia, a quantité négligeable affinché non ostacoli in nessun modo la processione verso l'apoteosi. Posizione troppo comoda, ipocrita, pilatesca, visto che un ministro del suo governo e il sindaco di Roma, che fa parte della sua maggioranza, hanno espresso giudizi gravi e nostalgici sul ventennio e sulla repubblica sociale.

Il presidente della Camera Fini ha sentito il dovere di sconfessarli. Il premier no. Ecco: proviamo a pensare quant’è grottesca, artefatta e innaturale la situazione sotto il cielo di Roma. Il Presidente della Camera non solo dissente, ma addirittura smentisce il capo del suo governo su un tema dal quale si dipartono le peggiori derive. Il copione avrebbe fornito spunti incredibili a Samuel Becket, maestro nel descrivere le finzioni le affabulazioni che tornano utili ai potenti per nascondere l’immondizia sotto il tappeto.

Nello stillicidio dei valori che nella quarta era berlusconiana spinge il paese verso le zone basse delle graduatorie internazionali, tornano alla mente le parole di Hegel, quando osservava che tutti i personaggi ed eventi storici si ripetono per cosi’ dire due volte. Al che Marx, con una frase rimasta proverbiale, aggiunse una precisazione illuminante: la prima come tragedia, la seconda come farsa.



lunedì 15 settembre 2008

Chi tace acconsente

Nel film Pretty women il protagonista Richard Gere rincuorava la bella Julia Roberts spiegandole che l’affare appena concluso con un concorrente in difficoltà non era una truffa, ma “sapeva di buono”. Non così la viceda politica italiana in questa fine estate degli obbrobri.

di Renzo Balmelli
AMBIGUITA’ - Chi tace acconsente. Berlusconi non ha speso una sola parola per biasimare la doppia sortita di La Russa e Alemanno che all’unisono hanno onorato Salo’ e il fascismo con una disinvoltura che sfiora l’obbrobrio etico-politico. Ma d’altronde come poteva farlo il Cavaliere, proprio lui che ebbe l’ardire di paragonare il confino a una leggiadra vacanza a cinque stelle.

Eppure dietro la “fedeltà” da ultima spiaggia alla ferocia nazista, c’erano i rastrellamenti, le operazioni di sterminio, le camere a gas, le deportazioni, l’Olocausto. In concomitanza con l’otto settembre il provocatorio giudizio di due uomini di prima fila della destra al governo ha percio’ assunto il carattere
beffardo e insultante di una “bestemmia istituzionale”, consumata in un
clima di preoccupante indifferenza.

La destra e il fascismo da sempre intrattengono rapporti che si reggono su un cumulo di ambiguità di fondo, a cavallo tra l’esaltazione cieca del patriottismo, il
revanscismo, l’impulso autoritario e le farneticazioni storico-culturali. Con il cambio della maggioranza, che lascia fare senza vergognarsi delle conseguenze, la situazione si è ulteriormente aggravata. Il tentativo di riaggiustare il passato oltre che compiere un vistoso salto di qualità ha finito con lo sfociare in una deriva revisionista dall’esito incongruo e tragico.

A dare man forte all’opera di sdoganamento concorre poi, accanto ai complici silenzi di chi governa, anche lo strabismo congenito dei cosiddetti intellettuali
“liberali “e dei loro giornali che, come giustamente osserva Ezio Mauro, "non hanno mai incalzato la destra per spingerla a liberarsi dei suoi vizi e dei suoi ritardi".

Fatalmente, cosi’, si peggiora la situazione e si tengono accese sotto le ceneri le braci di una fiamma mai spenta. Con questa costellazione e alla luce dei recenti episodi sarebbe davvero imprudente sottovalutare il monito lanciato da “Famiglia cristiana” quando esprimeva la preoccupazione, ora piu’ che mai condivisibile, che il fascismo possa avere un “passato davanti a se”.

IMBROGLIO - Nel film “ Pretty women” il protagonista Richard Gere rincuorava la bella Julia Roberts spiegandole che l’affare appena concluso con un concorrente in difficoltà non era una truffa, ma “sapeva di buono”. La storia di Alitalia, imperniata sulla logica del profitto, non sa di buono e se qualcuno si cimenterà a scrivere un copione sulla compagnia di bandiera, sentirà al massimo puzza di imbroglio lontano un miglio. I licenziamenti passano da duemila a settemila e i disagi per migliaia di famiglie non faranno che aumentare.

Gaetano Salvemini avrebbe probabilmente detto che si tratta di un classico esempio di privatizzazione degli utili e di statalizzazione dei debiti. Ma chi se ne importa. Grazie alla sua potente macchina dei consensi, Berlusconi,
che ha fatto tanto parlare di se per i gossip ben pilotati di fine estate, sta letteralmente prendendo per i fondelli gli italiani, con successo e senza nessuna seria opposizione. In Italia non esiste praticamente piu’ l’opinione pubblica e qualsiasi cosa il Cavaliere dica o faccia viene ingurgitata senza nemmeno guardare nel piatto.

L’accerchiamento degli elettori è come l’assalto al forte e si avvale di tutti i mezzi disponibili. Il ministro Bondi sta allestendo un piano di censure preventive sul cinema da un punto di vista specificatamente etico o politico che tarperà le ali a chi crede che la settima arte sia un modo popolare e universale per trasmettere messaggi non solo poetici, ma anche sociali. Film come “Il Caimano” di Moretti potrebbero finire all’indice e la possibilità di esplorare le zone d’ombra del potere sarebbero praticamente azzerate. La catastrofe è dietro l’angolo, ma a milioni di italiani continua purtroppo a piacere cio’ che a noi non piace nella gestione di Palazzo Chigi. Il modo con cui la destra ha
finto di risolvere i primi problemi lascia pochissime speranze sul futuro del paese. Colmo dei colmi: persino alcuni esponenti del Pd, non di quelli meno importanti, hanno riconosciuto al capo del governo meriti che mai nessuno, prima, gli aveva attribuito.

A che pro? Meglio non chiederselo, dal momento che la voglia di lottare sembra ormai prigioniera della litigiosità e della mancanza di prospettive insita nel progetto veltroniano. Aspettiamo con ansia la mobilitazione d'autunno, con la speranza, forse l'ultima prima della resa incondizionata, che la sinistra riprenda a credere nella forza della proprio cultura e della fede politica, binomio inscindibile per resistere, resistere, resistere. E magari per tornare a vincere.