martedì 10 novembre 2015

Niente da capire

di Renzo Balmelli 

 

SQUALLORE. A volte si creano situazioni che pur lasciandoci sgomenti finiscono con l'annegare nel mare dell'indifferenza, forse a causa della strisciante restaurazione di cui si alimentano le forze più reazionarie ma capaci di guadagnare crescenti consensi. Quasi fosse un innocuo passatempo, si moltiplicano le frasi a sfondo razziale senza che gli autori si sentano in colpa. Emblematica a tale proposito è la bufera che investe la cupola del calcio e del suo più alto rappresentante che con un metodo tutto suo si diletta a sciorinare giudizi inqualificabili e crudeli sulle donne sportive, sugli ebrei, sui neri e gli omosessuali, ma che quasi nessuno osa biasimare e toccare. "Bisogna capire il contesto in cui certe cose vengono dette e come sono dette" – è la linea di difesa dei suoi sostenitori. Ma qui da capire non c'è proprio nulla, tranne lo squallore di certe affermazioni.

 

SFOGO. Quando capita di dare un'occhiata anche fugace al mondo del blog è come se all'occhio del lettore si offrisse uno spaccato della società non proprio esaltante che andrebbe analizzato a fondo. Per rubare un termine sdoganato da Berlusconi, il quale si dichiara "percepito come politico", la sensazione percepita attraverso i blogger si rivela utile per indagare il senso della quotidianità e le sue contraddizioni a volte anche rabbiose. Se un giudice considera punibile l'evidente pregiudizio razziale di un europarlamentare di destra contro l'intera etnia Rom, in molti casi le reazioni degli utenti non soltanto sono all'opposto dal parere del magistrato, ma coincidono con le tesi più estreme in cui si indovina la presenza di tanti, irrazionali rancori in libera uscita e in cerca di uno sfogo o di un capro espiatorio dietro il paravento dell'anonimato. Forse qualcuno finge di dimenticarsene, ma è così che ebbero inizio le peggiori tragedie dell'umanità. 

 

INCOGNITE. Da sempre affascinante e inquieta cerniera tra oriente e occidente, la Turchia di oggi, ormai molto lontana dall'eredità laica di Atatürk, offre di se un'immagine spezzettata, segnata dall'incertezza che il trionfo elettorale di Erdogan non ha contribuito a placare. La Nazione della mezzaluna dà l'impressione di trovarsi in mezzo al guado, stretta tra la richiesta di maggior sicurezza, poco importa con che mezzi, e una non meno sentita spinta alla democrazia forse più ballerina, ma sicuramente più stimolante del concetto, per ora solo allo studio, del sistema presidenziale affidato all''uomo solo e al partito unico con tutte le incognite che si possono immaginare. Molto dipenderà dal tipo di lettura che la maggioranza vorrà dare alle attese di chi ha votato diversamente. Sarà intransigente o generosa? Se il risultato delle urne si dovesse tradurre in un inasprimento del clima di intimidazione già configuratosi durante la campagna elettorale, le tensioni interne, anche gravi, sarebbero inevitabili, tanto più che la questione curda, a dispetto dei tentativi di Ankara, non è certo scomparsa dall'agenda.

 

INTERROGATIVI. A pensarci bene non è poi trascorso così tanto tempo dagli accordi di Oslo del 1993 come parte di un processo di pace che mirava a risolvere il conflitto arabo-israeliano. Ma a parlarne ora sembra trapassato remoto tanto si è persa la memoria di quell'evento portatore di grandi speranze che vennero però brutalmente stroncate dall'assassinio di Yitzhak Rabin, protagonista di quel vertice con Clinton e il leader palestinese Yasser Arafat. Vent'anni dopo l'uccisione del premier israeliano e premio Nobel per la pace per mano di un estremista, tanti sono gli interrogativi su cosa sarebbe successo se fosse rimasto vivo. Ma a questa ipotesi con un finale che non sarà mai scritto, si contrappone la dura realtà di uno scontro drammaticamente aperto che allontana l'idea di una tregua e mortifica la speranza di una resurrezione del processo di pace agonizzante.

 

ICEBERG. Santità, con tutto il dovuto rispetto, ma al posto suo forse sarebbe ora di fare gli scongiuri e magari anche le corna. Perché dentro le Sacre Mura non è che si respiri un'aria tanto salubre. Anzi. Tra fughe di notizie false sulla salute del Papa, "corvi" , torbide manovre, clamorosi coming out e il rischio di una nuova Vatileaks economica e non solo (sarebbe la seconda in poco tempo), di sacro non c'è gran che in questo intreccio di intrighi molto poco spirituali e tanto, tanto espressione di quel potere temporale che non disdegna la vita mondana e gli attici di lusso assai graditi all'aristocrazia di taluni porporati. Ora resta da capire in che misura le recenti vicende petrine possano avere riflessi sul Pontificato di Francesco in questo clima da lunghi coltelli che sarebbe soltanto – dicono i vaticanisti – la punta dell'iceberg di un diffuso malessere di cui il Pontefice intende liberarsi senza indugi per evitare che le sue riforme vengano frenate dall'insidia d’interessi particolari