lunedì 15 aprile 2013

Finalmente un trattato sul commercio delle armi

Ma a sentire la lobby dei pistoleros le Nazioni Unite con questo accordo cancellano l'ultima libertà individuale

di Renzo Balmelli 


FURBERIA. Grazie alla spinta di Obama e al cambio di mentalità degli Stati Uniti, dopo dieci anni di tentativi falliti l'ONU è riuscita a varare finalmente il primo Trattato sul commercio delle armi. E' un segnale incoraggiante, ma solo l'inizio. Il successo pieno si avrà quando la comunità internazionale potrà dire di avere vinto in modo definitivo la sfida contro i mercanti di morte. Fino ad allora l'intesa rischia di avere vita difficile per il veto di Russia e Cina, ma soprattutto per l'avidità di chi non è disposto a lasciarsi sfuggire un colossale giro d'affari che rende settanta miliardi di dollari l'anno. A sentire la lobby delle armi con quell'accordo alle Nazioni Unite si è cancellata l'ultima libertà individuale, ma si capisce che è soltanto una rozza furberia ideologica per sorvolare sui crimini commessi a causa dell'accesso incontrollato al supermarket di fucili e pistole.

 

STRAPPO. Tolleranza zero è la sola risposta adeguata contro qualsiasi rigurgito razzista e antisemita. Conscia della gravità di quanto accade, l'UE insorge per deplorare la deriva di Budapest, dove si è consumato uno strappo preoccupante ai valori europei fondati sull'antifascismo. L'indignazione da sola però non basta se non si interviene alla radice del male che si insinua come un virus nei gangli della società. Non meno insidiosi sono infatti i comportamenti individuali spesso celati sotto il perbenismo di facciata. Il gesto della professoressa di Roma che tesse l'elogio di Auschwitz per redarguire una studentessa ebrea oltre che ignobile è un campanello d'allarme da prendere sul serio per non avviarsi, come direbbe Osvaldo Soriano, verso un Triste, solitario y final.

 

PALUDE. Se qualcuno ha pazienza, provi a scrivere 32 trilioni di dollari. Otterrà un numero sbalorditivo che sta a indicare la mole delle attività consumate lontane da occhi indiscreti, nell'ovattata atmosfera dei paradisi fiscali. Combattere l'evasione è un postulato che non ha mai fatto breccia negli ambienti dell'alta finanza, sempre molto scaltri a muoversi con consumata abilità lungo il crinale tra legalità e illegalità. D'ora in poi, però, grazie alla determinazione di una trentina di autorevoli testate, sarà sempre meno facile truccare le carte. Con la sua coraggiosa inchiesta a tutto campo, il Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi ha contribuito, infatti, ad alzare i veli sulla palude dei depositi off shore ed a diradare la cortina fumogena che copre la frode e la fuga di capitali. Una verità che venendo a galla potrebbe avere l'effetto di un terremoto nell'enorme buco nero dell'economia mondiale.

 

SVOLTA. All'infuori della sua cerchia, traboccante di elogi, Margaret Thatcher, scomparsa a 87 anni, sarà ricordata tra i protagonisti più temuti e in ugual misura tra i più detestati del periodo in cui tenne le redini di Downing Street. Le sue ricette iperliberiste inizialmente accolte come un toccasana, ebbero conseguenze devastanti per le classi meno favorite. Meritandosi in pieno il titolo di "lady di ferro", colei che fino ad oggi resta l'unica donna ad avere guidato il governo inglese, un primato storico nel partito conservatore ultra maschilista, impose una svolta a destra dell'economia talmente radicale che non solo spaccò l'opinione pubblica, ma viene indicata ancora oggi tra le cause remote della crisi in cui ci dibattiamo. Avversaria implacabile dei sindacati e della sinistra, l'ex premier perse però l'ultima battaglia, quella sfociata nello sciopero di diciotto milioni di lavoratori ormai esausti per il rigore a senso unico. A quel punto il vento cambiò e complice anche il fuoco amico, iniziò il suo declino politico.

 

DRAMMA. Da Fazio ancora non si erano spente le note del Macbeth affidato al maestro Riccardo Chailly e alla Filarmonica della Scala, che il pensiero correva al fantasma di Banquo non già per evocare una tragedia scozzese, bensì per inquadrare in tutta la sua angosciosa dinamica l'ennesimo dramma italiano: il triplice suicidio dei tre anziani privi di mezzi che a Civitanova si sono tolti la vita per la vergogna. A vergognarsi dovrebbe essere invece la classe politica persa nei suoi stanchi rituali, e talmente autoreferenziale da non vedere oltre la nebbia che avvolge anziani lasciati a se stessi, giovani allo sbando, disoccupazione, licenziamenti ed emigrazione in crescita. La loro sorte non appare mai nel fiume di parole di rottamatori o sedicenti leader che parlano e parlano per riempire il vuoto dei contenuti.

 

RECITAL. Orfana di Jannacci e Califano, l'Italia che cercava e trovava la via del riscatto, vede scomparire poco alla volta i testimoni di una generazione che ha segnato un'epoca non certo tutta rosa e fiori, ma in cui sperare e sognare era ancora lecito . Oggi tocca invece assistere alle teatrali apparizioni di coloro che promettono sfracelli, ma che nella loro furia iconoclasta, malgrado gli sbandierati propositi, alle deprecate auto blu, simbolo degli sprechi , però mica hanno rinunciato: hanno soltanto cambiato il colore della carrozzeria. E intanto, dalla serie "al peggio non c'è mai fine", al poeta dei "scarp da tennis" si sovrappone lo squallido recital di una falsa nipote di Mubarak in cerca di assoluzioni per se e per un potere ventennale senza regole durante il quale i protagonisti e gli amici degli amici si sono ultrasaziati come a un banchetto senza fondo.

 

SPERANZE. Quattro anni dopo il terremoto, gli abitanti dell'Aquila , visibilmente mortificati , forse stanno tornando con la memoria a quel vertice del luglio 2009 che pareva promettere una rapida ricostruzione ma che poi si rivelò un evanescente falò delle vanità berlusconiane. Nel rivedere le immagini del summit e confrontandole con le difficoltà e il dissesto in cui ancora oggi versa il capoluogo dell'Abruzzo, non è difficile immaginare l'imbarazzo e lo stato d'animo dei partecipanti, parecchi dei quali ancora in carica. La mobilitazione planetaria ha ormai lasciato il posto alla rassegnazione e un velo di tristezza traspare dalle dichiarazioni della popolazione che non sa più a che santo votarsi per concretizzare finalmente le speranze di vedere la sua città tornare all'antico splendore. Sarebbe tremendo se tra la gente s'insinuasse il sospetto di avere fatto da semplice comparsa nella rappresentazione mediatica del dolore.