giovedì 18 aprile 2013

Come sconfiggere il mostro?

di Renzo Balmelli 

 INCUBO. C'è un grumo di odio volto a destabilizzare la coesione nazionale dietro il damma di Boston che spaventa l'America e fa rivivere l'incubo dell'11 settembre. Che per quel gesto atroce e codardo contro i civili sia stata scelta la città simbolo del panorama intellettuale, liberal e progressista del Paese, non è meno significativo della coincidenza col 15 aprile, il giorno dell'anno in cui si pagano le imposte. Qualunque sia la matrice dell'attentato, internazionale o domestica, si è voluto colpire al cuore il governo riformatore di Obama che, agli occhi dei terroristi e dei folli di estrema destra, è all'origine di tutti i mali di una società in costante evoluzione. Ma come sconfiggere il mostro? Senza piegarsi alla paura, è il messaggio della Casa Bianca, e facendo prevalere la forza della ragione di cui sono privi coloro che buttano le bombe.

 EMOZIONI. Occupare il posto di un mito è già di per se una " missione impossibile". Se poi il mito si chiama Chavez e il paese è il Venezuela con la sua complessa impalcatura politica, l'operazione è quasi disperata. Alla prova del fuoco Nicolas Maduro, fresco vincitore delle elezioni celebrate a Caracas, dovrà farsi in quattro per tornare a mobilitare quel bagaglio di emozioni e sentimenti che il suo predecessore era riuscito a mettere in moto e coi quali sapeva infiammare il Paese oltre i limiti e gli scompensi del "chavismo". La vittoria di Maduro è una buona notizia per mantenere al centro dell'agenda i temi sociali, ed è pure un segnale di continuità sul fronte dell'integrazione latinoamericana, ma lo scarto minimo dal suo rivale e qualche segnale di fronda interna non lasciano presagire una navigazione tranquilla.

 SOLERZIA. AAA. Trasparenza cercasi. Dopo il polverone sollevato dalle dimissioni al vetriolo del ministro di Hollande beccato con le mani nel sacco, pare sia iniziata una vera e propria gara tra i grandi del pianeta per accreditarsi presso gli elettori come campioni dell'onestà tributaria. Emolumenti considerati top secret, ora sono alla portata di tutti su internet e nelle dichiarazioni dei redditi di presidenti e capi di governo rese di pubblico dominio. Tanta solerzia non sembra tuttavia convincere del tutto l'opinione pubblica. Certo, gli stipendi possono riservare sorprese e risultare più modesti di quanto si potesse immaginare. Però sono al netto delle spese che erodono il budget dei cittadini: vitto, alloggio, trasporti, cure mediche, servizi, vacanze. E scusate se è poco.

 DISPETTI. E' una vecchia storia, mai imparata a dovere. Troppi litigi, troppi rancori personali scalfiscono l'immagine della sinistra: il modo migliore per preparare il terreno alla sconfitta proprio mentre incalzano decisioni cruciali. Anziché sprecare energie a farsi dispetti, il partito di Bersani, partito di maggioranza relativa, ha il dovere di presentare un candidato al Quirinale e anche di trovare i numeri per governare. Altrimenti potrebbe tornare l'incubo berlusconiano, già fonte di guai a catena. Sebbene battuto, il Cavaliere nei sondaggi vede addirittura crescere i consensi, fenomeno che a questo punto non interessa tanto la politica, quanto la psicologia. Ormai lo sanno anche i paracarri che lo stallo e finisce sempre col fare il gioco della destra.

 SLOGAN. Nei dibattiti audiovisivi il frasario elettorale assomiglia sempre più a un elenco di sottotitoli a effetto. Dal globale al locale la tecnica è la medesima, semplificata e condizionata dai linguaggi pubblicitari che tendono a sostituire i programmi di partito. Ciò che veramente conta è fare colpo con l'uso dei nuovi media che creano l'illusione di avere scoperto la democrazia diretta. L'Italia ne sta offrendo in questi giorni un campionario significativo, ma non meno inconcludente per la radiosità del futuro. Eppure sembra funzionare. Su un piano più generale fa riflettere il potere di attrazione degli slogan di facile suggestione smerciati all'ingrosso e divenuti ormai un prodotto di largo consumo al fast-food della politica.

 NOSTALGIA. Piccoli fascisti crescono. A Roma e dintorni la deriva non è circoscritta ai nostalgici di vecchia data come la professoressa che non riesce ad affrancarsi dal passato che non passa. La tendenza si allarga alle fasce dei giovanissimi, a coloro che pur lontani dagli anni bui della dittatura sembrano subirne ancora il fascino perverso. Alle loro feste i rampolli cresciuti nei quartieri "bene" della capitale trovano eccitante copiare i riti del ventennio con la certezza di restare impuniti. Ai party della nostalgia ragazzine e ragazzini si esibiscono nel saluto romano e altre sceneggiate in omaggio al duce. Un gesto a quanto pare molto caro in questi ambienti chic, a dispetto delle denunce che però sono state sistematicamente insabbiate.

DEGRADO. Ai tempi di Sandro Bondi, il più improbabile ministro della cultura espresso dal Pdl, era la sorte di Pompei a preoccupare. Uno dei maggiori siti archeologici perdeva i pezzi e il governo manco se ne avvedeva. Ora è la Reggia di Caserta a stare sulle prime pagine, ma non c'è motivo di andarne fieri. La Versailles del Sud, opera sublime del Vanvitelli e al pari di Pompei proclamata patrimonio mondiale dell'umanità da parte dell'Unesco, mostra i segni inequivocabili del degrado. Disertata dai visitatori subisce ogni giorno vere e proprie profanazioni: auto nei viali, rifiuti ovunque, venditori ambulanti e bambini che fanno il bagno nello storiche fontane ne stanno deturpando l'immagine che a causa dell'incuria potrebbe alla lunga subire danni irreparabili.