di Renzo Balmelli
DISORDINE - Se verranno mantenute le promesse, se la volontà di guardare oltre lo steccato sarà piu’ forte della paura, se la solidarietà avrà la meglio sull’egoismo, il prossimo vertice del G20 a Londra potrebbe segnare davvero la fine dell’unilateralismo e l’inizio di una nuova epoca. Nel club che non sarà piu’ il ritrovo esclusivo dei ricchi com’era il G8, tutti dovrebbero potere affrontare e discutere assieme i grandi problemi del duemila. Già, dovrebbero. Perché è proprio quella sfilza di “se” a far vacillare il bel castello di speranze e buoni propositi. La bufera investe i quattro angoli del nostro pianeta, la sfida è globale , ma i rimedi sovente sono locali. Dietro le quinte ognuno pensa ai cavoli suoi e intimamente spera che il cambio di marcia, ancora fermo nei suoi vecchi ingranaggi , non abbia pesanti ricadute sul piano elettorale interno. L’obbiettivo del summit è la creazione di un nuovo e piu’ equo ordine mondiale per uscire dalla crisi. Non è la prima volta che se ne parla. L’ambizioso traguardo si ripropone a scadenze cicliche, ogni qualvolta la storia imprime agli eventi una brusca accelerazione . Ripensando pero’ all’ultimo passo falso, alla deludente conclusione della conferenza sulle risorse idriche, si misurano facilmente tutte le difficoltà di portare in porto il progetto. Se nemmeno si riesce a definire l’accesso all’acqua un diritto universale, un diritto dell’uomo, quale nuovo ordine potrà mai nascere all’interno di un sistema minato dai titoli tossici? Forse soltanto un nuovo disordine.
SILVIO-CESARE - Après moi le déluge! E’ nel constesto di un vistoso e imbarazzante culto della personalità che nasce il Pdl del leader maximo. I risultati dell’azione di governo non fanno faville, ma Berlusconi si regala un partito dalle ambizioni smisurate. Dietro di lui vuole che si allinei l’Italia intera, al traino di un sistema a sua immagine che alla faccia della proclamata "rivoluzione liberale" non ammette ne repliche, ne alternative. Gli oppositori ormai nemmeno li vede, né dentro né fuori. L’ostentazione di forza non poteva essere piu’ chiara: nessuno puo’ starmi alla pari. Ma la magniloquenza della scenografia non tragga in inganno. A dispetto dello sfavillio dei riflettori, il nuovo soggetto politico vede la luce sullo sfondo della polemica tra Fini e il premier per il rispetto delle regole. Gianfranco non spingerà il confronto fino a diventare il Bruto di Silvio-Cesare, ma il suo duro richiamo al signore di Arcore affinché non irrida il Parlamento è qualcosa di molto piu’ grave di una sfuriata passeggera.
“Il timore - scrive l’Economist - è che la Libertà contenuta nel nome del nuovo partito, altro non sia che quella di Berlusconi di fare tutto cio’ che vuole”. L’analisi calza a pennello. In questo momento l’egemonia del berlusconismo cui la destra si rifà con enfasi missionaria è palese grazie anche alla debolezza patologica degli avversari. Se bastasse una vetrina rutilante per risolvere la gravità dei problemi , l’Italia sarebbe in una botte di ferro. Pero’ non è cosi’ che funziona. Ne l’UE ne Confindustria si allineano al clima euforizzante della festa pidiellina e con grande scorno della maggioranza collocano la Penisola tra i paesi a rischio per non avere riordinato le finanze pubbliche e il mercato del lavoro prima del collasso. Quelle che Franceschini ha definito “le armi di distrazione di massa” messe in atto dal premier per occultare la vera entità dell’emergenza ormai sono un placebo confezionato con la carta stagnola che non incanta nessuno.
CAMBIALE - Roosevelt conquisto’ l’America con la radio, Kennedy con la televisione e Obama con Internet. Mai nessun presidente prima di lui ha avuto tanti interlocutori in un colpo solo per una conferenza stampa. All’incirca erano 65 mila gli utenti online che hanno preso posto virtualmente nella sala ovale della Casa Bianca, accolti a braccia aperte come invitati di riguardo. Il concetto della trasparenza del potere ha avuto una prima, eloquente conferma. Ma non è che l'inizio di un lungo percorso di riforme che non si snoda come un rettifilo Se nel terzo millennio Internet è la chiave di volta del successo, ora per il presidente comincia da subito la fase piu’ difficile. Ad un paese che lo ha eletto per non piu’ rivivere l’orrore dei ragazzi tornati dal fronte in una bara, dovrà spiegare che l’emergenza per la lotta al terrorismo non è ancora finita e perché non è finita. Dovrà convincere gli elettori che occorre dare una spallata ad Al Qaeda e mettere in ginocchio i talebani per non trovarsi a piangere sulle macerie di un’altro 11 settembre. Nonostante le doti di grande comunicatore che tutti riconoscono a Obama, il messaggio non sarà facile da fare arrivare al cuore della gente.Dopotutto tra la strategia d’uscita promessa in campagna elettorale e l’invio di nuovi contingenti in Afghanistan c'è una differenza sensibile che mette un po' in sordina la via diplomatica. Certo, la missione rompe con gli schemi del suo predecessore. Il presidente americano schiererà altri 4.000 soldati non per vincere la guerra che dura da troppi anni solo con le armi, ma con l'ausilio di altri strumenti che dovrebbero permettere di preparare il terreno alla riconciliazione nazionale. La crisi tra le elite afgane in vista delle presidenziali è profonda, l'opposizione è divisa e senza un accordo tra le parti la tensione potrebbe degenerare in crisi globale, vanificando i tentativi di stabilizzare l’intera regione. Ne va insomma della pace nel mondo. "L'era degli assegni in bianco è finita" ha detto Obama , tuttavia, avvalendosi appunto di Internet, sarebbe utile verificare se l'opinione pubblica, ammaestrata dagli errori di Bush, è disposta in nome della sicurezza globale a firmare quest’ultima e non lieve cambiale.