di Renzo Balmelli
RESPONSABILITA’ . Quando il mondo ci crolla addosso, la classe politica invoca la fatalità. Ma é una via di fuga che solo rarissimamente risponde a verità. In Abruzzo se fatalità c’e’ stata, essa ha connotati ben precisi, porta il nome dei palazzi della morte costruiti sulla sabbia. Bene ha fatto quindi la procura ad aprire un’inchiesta, per altro un atto dovuto dopo le inequivocabili parole del presidente Napolitano che ha evocato responsabilità diffuse e la necessità di compiere un approfondito esame di coscienza. Le polemiche verranno presto a galla, quando si tratterà di scoprire il bluff delle abitazioni anti-sismiche che invece sono crollate come castelli di carta. Il terremoto - ha scritto Giorgio Bocca - si distingue dalle altre calamità per la rapidità e l'indifferenza naturali: nei pochi minuti il disastro è compiuto, ai superstiti non resta che cercare i cadaveri sepolti sotto le macerie e camminare smarriti fra ciò che resta di città e villaggi. L’imprevedibilità qui tuttavia non c’entra, o c’entra in misura ridottissima. In California - ha detto un esperto - un terremoto di intensità pari a quello abruzzese non avrebbe fatto un solo morto. A patto di costruire le case a regola d’arte. Il paese invece piange a causa di gravi inadempienze, di scelte imprudenti, di materiali scadenti, di appalti superficiali, di lavori approssimativi eseguiti senza criterio, in criminale contrasto con i piu’ aggiornati manuali della moderna edilizia antisismica. La lezione che arriva dall’Abruzzo da questo punto di vista non lascia scampo. E’ una lezione indirizzata a chi é chiamato ad assicurare la tutela dei cittadini e della loro dignità . Se verrà recepita come di dovere ovviamente essa non consolerà chi rimane, ma sarebbe un segnale nella giusta direzione almeno per una volta. Si proceda dunque senza commettere altri errori fatali. Dopo il terremoto e gli innumerevoli morti, la cosa peggiore che possa capitare all’Abruzzo, quando l’onda dell’emozione si sarà ritirata, sarebbe infatti di finire relegato nelle pagine interne. A dispetto della fiumana di retorica , il dolore collettivo non dura in eterno e spenti i riflettori c’é il rischio che l’Aquila e la sua provincia si trovino sole ad affrontare prove difficilissime. In passato, complice la latitanza dello Stato, nella gestione del dopo-terremoto frequenti sono stati i casi di sprechi incredibili, di fondi finiti in tutte le tasche tranne che in quelle giuste. Per buona sorte, quando la sciagura incombe, c’é l’altra Italia pronta a correggere il tiro, l’Italia dell’esercito di volontari sbucati da ogni dove che non cercano sovraesposizioni mediatiche, ma si rimboccano le maniche destando l'ammirazione generale in patria e all'estero. Nelle prime ore, quelle dell’emergenza, in Abruzzo si é radunata la generosità degli italiani, si é vista la parte migliore del paese, solidale nella sofferenza e nella fratellanza. La forza dell’altruismo ha rivendicato quanto c’é di sano nel tessuto sociale, ossia tanto, tantissimo, e col suo esempio ha contribuito a rinsaldare l’unità nazionale piu’ di tutti i proclami. Che la politica ne prenda atto e restituisca credibilità al proprio operato impegnandosi ad abbassare i toni del confronto. Dimostri cosi’ alla popolazione terremotata, la popolazione che oggi si guarda attorno col cuore gonfio di tristezza , che la rinascita é fattibile, che oltre il sisma puo’ esistere un futuro possibile.
PRESIDENTE? - Il terremoto e il premier. Tra lacrime, abbracci e ali di folla, il confine dell’overdose mediatica alla ricerca della migliore inquadratura é stato sfiorato e forse superato piu’ di una volta. Nulla a che vedere insomma con la signorile discrezione del Capo dello Stato. Ma dove Berlusconi ha dato il meglio di se, certo di ricavare un vantaggio competitivo, é quando si é lasciato andare a una pubblica confessione che la dice lunga sulle sue intenzioni. “Per la prima volta in questi giorni - ha esclamato il leader del Pdl - ho sentito di rappresentare l’Italia al di là delle differenze politiche. Per la prima volta non sono piu’ il presidente del Consiglio, sono diventato il presidente degli italiani”.
Presidente degli italiani? Che fretta! Forse ci siamo persi qualcosa, ma non risulta che al Qurinale ci sia già stato il cambio di inquilino. Sul Colle c’é si un presidente, quello degli italiani appunto, di tutti gli italiani, ed é un signore che non si chiama Silvio, bensi’ Giorgio Napolitano. Oh no! Resta ora da capire se questo é il clima di unità e di rapporti piu' rispettosi cui allude il premier nel tendere la mano in nome della " pax berlusconiana", oppure se é una trovata in vista delle Europee. Per la verità, conoscendo il personaggio e la sua voglia di distinguersi , planano non pochi dubbi sul significato della pacificazione ecumenica, un'operazione insieme abile e ambigua.
GIUSTIZIA - L’antica storiella tedesca è nota: trattato con arroganza da Federico II di Prussia, un mugnaio di Potsdam decise di non arrendersi e di chiedere giustizia. La frase che pronunciò di fronte all’imperatore - «Ci sarà pure un giudice a Berlino» - è diventata lo slogan di tutti coloro che lottano contro gli abusi del potere. A Montecitorio, grazie all’azione incisiva del Pd, é accaduto qualcosa di simile. Tanti giudici quanti erano i voti contrari alle inique regole sulla sicurezza hanno detto basta agli abusi e riportato il senso della giustizia in aula. Per la maggioranza blindata che ha preso la pessima abitudine di governare a colpi di decreti, la battuta d'arresto, del tutto imprevista, é stata durissima. La duplice bocciatura delle norme sulle ronde e sul tempo di permanenza degli immigrati ha prodotto infatti risultati ancora insperati fino a ieri, dapprima ridando dignità alla civiltà giuridica del paese, poi restituendo al Parlamento le sue prerogative, sovente minate dall'arroganza del potere. La faccenda, come si poteva immaginare, non é andata a genio alla Lega che é montata su tutte le furie. Il Carroccio interpreta la lotta ai clandestini come una cavalcata senza quartiere a scopo punitivo e carcerario . I criteri del suo operato in questo campo non tengono assolutamente in nessun conto i risvolti umani di questo esodo forzato del terzo millennio che sta costando un tributo altissimo di vittime. La piaga della clandestinità é grave, ma all’infuori dell’Italia non esiste altra democrazia europea che abbia introdotto leggi tanto eversive. Le ronde anticlandestini sono questo e non altro, sono il prologo alla giustizia fai da te che al colmo dell’escalation puo’ sfociare nel tiro al bersaglio umano. Il problema va affrontato, questo é certo: ma affrontato e gestito senza inefficaci moralismi, ma anche senza demagogici ideologismi elettorali. In questo senso, la doppia bocciatura dei provvedimenti è una novità che fra tante altre cose fa pure ben sperare per la qualità politica del dibattito. Quando sono in giuoco i principi umanitari imperniati sui diritti degli individui , la tutela delle istituzioni e la difesa dello stato laico, si é visto che altre alleanze sono possibili oltre la forza dei numeri, oltre lo steccato del pensiero unico, populista e plebiscitario, "elaborato" fra il Cavaliere e il Senatur nel chiuso delle cene di Arcore. Il partito moderato di massa degli italiani - scrive Repubblica - se esiste davvero, non è ancora e forse non sarà mai il partito dei padani, xenofobi e spaventati. In questo ordine di idee, l ’iniziativa del Pd, che sembrava per alcuni versi persino velleitaria, alla fine é risultata vincente al di la di ogni aspettativa. Ora non resta che perseverare per recuperare il primato che davvero conta, la leadership morale sull’ assolutismo imperante nel Popolo delle libertà.