martedì 3 marzo 2009

In un mondo in fibrillazione

di Renzo Balmelli
REALISMO - Il Grande Comunicatore ha superato un importante test di popolarità. Quel “giovanotto abbronzato” inviso ai reazionari di qua e di la dell’Atlantico, quel giovanotto che prova a dare un senso etico al New Deal della sua presidenza, resta sulla cresta dell’onda a dispetto del febbrone economico. E coi tempi che corrono non era affatto un’ovvietà che Barak Obama ,nel primo intervento a Camere riunite, riuscisse a conservare inalterato il consenso che lo ha portato alla Casa Bianca. Il mondo è in fibrillazione, l'opinione pubblica ,impaurita e impaziente, esige risposte veloci agli angosciosi interrogativi di una crisi senza fondo. I miracoli però sono merce rara. La questione irrisolta e apparentemente irrisolvibile è l’inquietante debolezza del sistema bancario ormai prossimo al collasso. Barack Obama da Bush ha ereditato un deficit vertiginoso di cui solo adesso si possono misurare appieno le disastrose ricadute. Il presidente sta insomma incontrando ostacoli superiori al previsto che lo costringono a destreggiarsi tra realismo e speranze per portare in porto le riforme promesse. Ma è il primo sapere che l’America potrà ritrovare la leadership perduta solo con molti sacrifici. Come dice Tremonti la ricchezza non si crea col debito, ma soltanto col lavoro. Giusto, parole sante, che però sarebbero ancor più appropriate se la destra non avesse la pessima abitudine di lasciare il lavoro agli altri e di accumulare le ricchezze per se.

INSIDIE - Quando si pensa all’Iraq, in filigrana compare l’espressione grifagna di Bush e dei suoi compari, incluso l’attuale premier italiano. Scontato il fallimento, la scelta di Washington va dunque verso il disimpegno. Un altro focolaio di tensione, ancor più temibile, convoglia ora gli sforzi dell’ amministrazione americana. Obama ha già fatto capire come la pensa: mollerà la presa in Iraq entro l’anno prossimo per concentrare l’attenzione sull’Afghanistan. Sulla sua scrivania si accumulano rapporti inquietanti dai quali si evince che i talebani, lungi dall’essere sconfitti, stanno riconquistando posizioni su posizioni. Quella che doveva essere una punizione esemplare per le Torri gemelle potrebbe diventare un nuovo Vietnam. Volendo evitare che Kabul si trasformi nella sua Saigon, Obama appare determinato a giocare nella regione la carta della diplomazia mai usata dal suo predecessore. Nell’ottica del presidente solo il dialogo con tutti, anche con gli insorti, può restituire stabilità a un paese in cui prevalgono la violenza, la prevaricazione, l’oppio, l’umiliazione delle donne e il fanatismo religioso.Per questo si è aperto agli ayatollah di Teheran, interlocutori indispensabili per costruire una rete di sicurezza in una zona del mondo carica di insidie.

MOLLEZZE - Sarebbe piaciuta a Bunuel, implacabile fustigatore delle mollezze borghesi, la battuta di caccia che ha stroncato la carriera del ministro spagnolo Bermejo. Oddio, qualcuno dirà che sparare ai cervi non è proibito. Questione di gusti. L’ alto esponente governativo non era però un borghesuccio qualunque, bensì il Guardasigilli di Zapatero. Il nume tutelare della giustizia è stato colto a praticare il suo hobby sprovvisto dei permessi adeguati ed a tu per tu con il giudice Garzon che indaga sulla Tangentopoli dei Popolari. Un cocktail indigesto. C’erano tutti gli ingredienti per uno scandalo di ampie proporzioni che solo le dimissioni del ministro hanno scongiurato in extremis. Se il peggio è passato, resta tuttavia l’imbarazzo per una vicenda che vede la sinistra nuovamente in difficoltà nell’evitare le trappole disseminate lungo il cammino della politica dal fascino indiscreto del potere. E pensare che un lontano collega svizzero di Bermejo, l'ex ministro Willy Ritschard, socialista tutto d’un pezzo, per recarsi in ufficio preferiva il tram all’auto di servizio. La questione morale si serve anche così, con i piccoli, grandi gesti quotidiani.