martedì 24 febbraio 2009

FARSA TRAGICA INTORNO AD ANNA

di Renzo Balmelli
DERIVE - Quando cadde il comunismo era diffusa la convinzione che l’ex Unione Sovietica avrebbe respirato a pieni polmoni salutari boccate di democrazia. Il socialismo reale aveva prodotto un regime sanguinario che nessuno rimpiange. Ma la tragica farsa in cui si è trasformato il processo per l’omicidio di Anna Politkovskaya, la giornalista invisa al Cremlino per le sue denunce sulla corruzione e gli abusi militari in Cecenia, lascia planare molti dubbi sulla svolta post-sovietica.

Gli autori del crimine resteranno impuniti e quei sette colpi di pistola che fecero tacere per sempre la coraggiosa inviata della “Novaja Gazeta” non potranno nascondere le degenerazioni delle libertà civili e legali in Russia. Da Putin come da Medvedev un assordante silenzio, rotto solo dalla secca replica al presidente europeo Barroso che si era permesso di sollevare il problema dei diritti umani. Mosca chiede udienza al mondo per ritrovare il ruolo che le compete, ma ne l’Europa ne gli Stati Uniti possono chiudere gli occhi davanti alle derive neo-zariste del potere.

KARAOKE - Berlusconi irride gli avversari e giura che dopo avere mandato a casa sette leader della sinistra, si sbarazzerà anche dell'ottavo. Protervia a parte, nella sua galleria dei trofei manca pero’ lo scalpo di Prodi, il rivale inarrivabile che lo ha battuto due volte. E’ una magra consolazione, d’accordo, ma serve a ricordare che il fuoco amico puo’ avere effetti devastanti. La Caporetto del Pd ne è d’altronde una dimostrazione inequivocabile. Ne si intravvede una prossima Vittorio Veneto, ovvero il pronto riscatto dalle continue batoste elettorali. Perso il continente, perse Sicilia e Sardegna, ormai sono ben poche le regioni che non siano controllate dall’armata napoleonico-berlusconiana. La battaglia contro il Caimano non ha dato l’esito sperato e ora la situazione non promette recuperi miracolosi.

Nel marasma della crisi, idee e persone sono un tipo di merce razionato sugli scaffali della sinistra. A uscirne feriti sono i sentimenti di molti italiani che non si rassegnano a correre in aiuto al vincitore, ma sono sconcertati, smarriti, delusi dalla mancanza di un’alternativa credibile. Il tentativo di costruire un nuovo soggetto politico si è arenato a metà del guado senza riuscire a incidere veramente sulle sorti del paese. Il problema tuttavia, al di la dei suoi limiti e dei suoi errori, non inizia con Veltroni, né finisce con le sue dimissioni. No, le ragioni sono molto piu’ complesse.

L’onda lunga del disastro viene da lontano, ha preso avvio quando la sinistra, per tutta una serie di ragioni che un giorno ci dovranno essere spiegate, si è semplicemente scordata di essere "sinistra", ha dismesso i suoi simboli, le sue bandiere, le sue parole d’ordine, ha ripudiato l’identità che non era affatto consumata dalla storia. L’improvvisazione e la giostra di sigle hanno finito col produrre un progetto confuso e incapace di darsi un’anima; un’anima che potesse essere riconosciuta come tale dall’elettorato che ora mostra segni di evidente erosione. In quest'ottica, le prossime europee già si preannunciano come una sconfitta annunciata e lievitata in un clima di sconsolata rassegnazione.

Con una battuta al vetriolo Benigni ha suggerito di accontentarsi di un traguardo piu’ modesto e di riconquistare la maggioranza almeno nelle Eolie. Ma ormai la frittata è fatta. Purtroppo il quadro che si staglia all’orizzonte non è di buon auspicio per le sorti di questa Italia narcotizzata, imbambolata, abbacinata, condizionata, ipnotizzata dal karaoke berlusconiano.

EVASORI - Spiace dirlo, ma La Fontaine aveva torto. In questa crisi a vedersela davvero brutta sono le brave, virtuose formichine defraudate dei loro risparmi. Le cicale fin quando è durata la pacchia se la sono goduta alla grande, e negli Stati Uniti, grazie al compiacente aiuto dell’Ubs, la maggiore banca elvetica, hanno nascosto al fisco una quantità enorme di redditi tassabili. Adesso pero’ anche per loro sembra arrivata la resa dei conti. L’affondo di Barack Obama contro il segreto bancario svizzero ha messo in subbuglio una piazza finanziaria che muove 7 mila miliardi di dollari. E ormai è diffusa l’opinione che nel fortino in cui trovavano rifugio gli evasori di tutto il mondo ( quelli americani sono piu’ di 50 mila) si siano prodotte crepe piuttosto vistose. Finora non era mai accaduto che il segreto bancario fosse messo cosi’ a dura prova dalla frode fiscale e per gli “gnomi” di Zurigo è stato un duro colpo. A rimetterci pero' , come dicevamo, sono le formiche manipolate senza scrupoli dai “guru” della finanza. Per i ricchi , mal che vada, un paradiso fiscale vale l’altro.