di Renzo Balmelli
LE ALI D’ITALIA
Quando mancano ormai appena tre settimane al voto del 13 e 14 aprile, gli schieramenti affilano le armi in vista del rush finale. Nei prossimi giorni, giorni davvero cruciali, al centro di sforzi particolari saranno due obbiettivi tra loro strettamente collegati per ipotecare il verdetto che uscirà dalle urne.
Il primo verte sulla governabilità. Per renderla possibile, risparmiando al nuovo governo i disagi toccati a Prodi, fondamentale sarà la conquista del premio di maggioranza al Senato, nelle regioni in bilico. Le piu’ combattute, teatro di un’aspra contesa tra i pezzi da novanta di sinistra e destra, sono Sicilia e Lazio. Altri bacini elettorali al centro di attenzioni particolari saranno Piemonte, Campania, Liguria e la Puglia, che potrebbero fungere da ago della bilancia.
Qui, secondo gli analisti, si giuocherà la partita decisiva tra il leader dell’opposizione, che corre nei panni della lepre, e Veltroni che non si accontenta di fare l’inseguitore e punta al bersaglio grosso. L’altro obbiettivo è la capacità di fare brecccia nelle scelte degli indecisi che sono numerosi e per loro ammissione talmente delusi dalla politica da orientarsi verso l’astensione. Chi riuscirà a portarli dalla propia parte avrà una rendita di posizione non indifferente ai fini della vittoria.
Nelle ultime, concitate fasi della campagna non mancheranno quindi i colpi di scena. Uno è già andato in onda, tra frastuoni e rullar di grancasse. Con la teatralità di cui è capace, il Cavaliere, fiutata l’aria, ha estratto dal cilindro il coniglio dell’Alitalia, il vettore dai francesi cosi’ tanto “amato”. In nome dell’orgoglio nazionale (les francais jamais!), Silvio, che prima non se n’era mai occupato, si è calato senza pudori nel ruolo di estemporaneo salvatore della compagnia di bandiera, promettendo mari e monti.
A dispetto dei toni enfatici, la cordata tricolore tuttavia fatica a manifestarsi e intorno già si sente uno strano odore di bruciato. Che sia la solita bufala? L’iniziativa anziché dettata da uno slancio salvifico, sembra piuttosto la classica manovra strumentale escogitata all’ultimo minuto per ricavarne benefici elettorali a buon mercato. Gli scettici temono che a urne chiuse l’operazione finisca in fondo a un cassetto e conosca la stessa sorte di tante sparate berlusconiane rimaste disattese, dai cantieri mai aperti alla favoletta del ponte sullo Stretto.
Alitalia? Quando mai. Il candidato premier della destra ha un chiodo fisso che lo tormenta da due anni: vuole tornare a impadronirsi di Palazzo Chigi e ha altre mire per la testa. Togli le Ali, resta... l’Italia!
IRAQ. FALLIMENTO USA.
Verso il tramonto del suo claudicante mandato, George W. Bush, sodale del signore di Arcore, si prepara a entrare nella storia come il presidente che ha trascinato gli Stati Uniti nella guerra piu’ costosa dopo il secondo conflitto mondiale.
L’avventura militare in Iraq si sta infatti rivelando un pozzo senza fondo che ingoia miliardi e miliardi di dollari in cambio di nessun progresso sostanziale nella lotta al terrorismo. La Casa Bianca ostenta il solito ottimismo di facciata, ma le cifre piu’ recenti sul numero delle vittime dovrebbero avere inferto un altro duro colpo alle fragili certezze degli americani sull’intervento armato.
Nei cinque anni trascorsi dall’invasione del marzo 2003 il conflitto é costato la vita a quattromila marines e all’incirca a centomila civili irakeni.
Nel frattempo le condizioni di vita della popolazione non sono migliorate e il perdurare delle privazioni, oltre a moltiplicare la rabbia e il clima di paura, confina nel regno dell’assurdo l’inverosimile bilancio con cui l’amministrazione repubblicana tenta di mitigare il colossale fallimento. Di fronte allo sconsolante scenario, taglia corto Ben Bradlee, il direttore del Washington Post che fece scoppiare il Watergate.
“I presidenti - dichiara al Corriere della Sera - prima di diventare tali e dopo, sono per definizione dei bugiardi”. Si consoli Bradlee: se per questo, non solo in America!