lunedì 14 aprile 2008

CADUTE, PERICOLI E SGOMENTO

Dopodomani si vota, ma la speranza nel cambiamento che di solito si manifesta in eventi di tale portata, questa volta fatica moltissimo a decollare. Le ragioni che inducono sentimenti di disaffezione tanto diffusi tra i cittadini sono molteplici, ma in larga misura , come é stato piu' volte ampiamente dimostrato , dipendono dalla scarsa fiducia riposta nella classe politica, giunta ormai al minimo storico.

I previlegi della casta, cosi' ben documentati dal volume di Gianantonio Stella, nonché le torbide prospettive del quadro economico generale che colpiscono l'Italia piu' degli altri paesi industrializzati, determinano un clima di incertezza che nell'attuale congiuntura non contribuisce a risollevare ne il morale , ne le attese della popolazione. Se poi allo scenario già poco allettante proposto dalla faticosa quotidianità si sommano gli eventi burrascosi che a destra hanno alterato le ultime concitate fasi della campagna elettorale, seminando zizzania e sospetti, é difficile dare torto a chi non si fa illusioni sulle previsioni per il futuro. Ed é pure comprensibile quindi che a ridosso dell'appuntamento con le urne, da piu' parti si siano levate voci auterevoli per richiamare l'attenzione sui pericoli della deriva populista, targata Pdl, che di riflesso sottrae a Berlusconi la statura morale oltre che politica per governare.

Agli sgoccioli della competizione , tra cadute di stile e passi falsi , il candidato premier dell'opposizione si é infatti letteralmente scatenato in una sarabanda di insulsi gesti provocatori, dettati dalla totale mancanza di autocontrollo, che hanno profondamente turbato le coscienze della gente per bene.

Nella sua frenesia non si é privato di niente e tanto per non smentirsi si é rivolto persino a Totti con espressioni offensive ( non c'é con la testa) solo perché il calciatore della Roma ha deciso di appoggiare Rutelli quale sindaco della capitale. No davvero, alla vigilia di una consultazione che richiede da parte di tutti i protagonisti un grande senso di responsabilità e atteggiamenti maturi, proprio non si sentiva il bisogno di comportamenti tanto velleitari. Cosi', vista l’importanza cruciale dell’altissima posta in palio, era inevitabile che nelle cerchie consapevoli del rischio che incombe sul paese, si moltiplicassero gli appelli a non combinare pasticci prossimi e venturi con la destra berlusconiana.

L’esortazione é seria. In agguato c’ é sempre la sindrome della Lorelei , quel suono incantevole, ma traditore che induce a dare il voto a chiunque lasci balenare il miraggio del benessere con l’identica , superficiale inconsistenza di un passaggio dal Grande Fratello. La saga del Reno traspare in filigrana anche nei commenti e nelle preoccupazioni di coloro che non senza qualche valido motivo paventano le sirene di eventuali inciuci contro natura tra i due maggiori schieramenti.

La logica conclusione é che in Italia, per riguadagnare la serenità degli elettori, non ci sia ne debba esserci posto per improbabili e indigeste larghe intese, per Grosse Koalition all’amatriciana, sottoscritte con un Polo, il Pdl, e un suo leader, Berlusconi, che non mirano soltanto alla vittoria, bensi’ all’istaurazione di un nuovo ordine, anzi di una nuova era dalle conseguenze ancora inimmaginabili.

La cosa gravissima, che ha portato a un crescendo di frenesia in una campagna scialba, ma se non altro segnata dal fair-play fino alla sceneggiata azzurra, é stata l’inopinata, rozza aggressione al Quirinale ed a cio’ che rappresenta quale simbolo per tutti i partiti, per tutti gli italiani. Giorgio Napolitano , galantuomo di grande levatura che della sua funzione di garante ha fatto un punto d’onore, é stato trascinato nella battaglia con una mancanza di scrupoli che ha rasentato la prevaricazione. Senza mezzi termini, quasi fosse una pedina di nessun conto, il Presidente é stato in pratica invitato a sloggiare per consentire a Silvio , incapace di distingure tra funzione pubblica e idolatria di se stesso, di occupare al piu' presto la poltrona che già ha prenotato sul Colle.

Mai eravamo ancora giunti fin qui nel punto piu’ basso della Repubblica: un meschino mercimonio ( il Quirinale in cambio del Senato al Pd) che ha seguito modalità da “ mercato dei trenta denari”, calpestato le istituzioni e avvelenato la democrazia mentre milioni di italiane e italiani si accingono a recarsi alle urne. Le frasi sul Quirinale, che le tardive ritrattazioni lasciano comunque intatte nel loro significato originale, confermano un modo di intendere la politica che dovrebbe appartenere ad un altro tempo perché ha già fatto disastri spaventosi per l'Italia.

Siamo al cospetto di una irruente presa dello stato, con la biografia del leader offerta come moderna ideologia della destra. Non sono dunque bastati due cicli da Premier - osserva Ezio Mauro su Repubblica - ne la doppia conquista di Palazzo Chigi, per trasformare il Capo del Pdl in un uomo di Stato. Messo in agitazione dai sondaggi, l’unico totem nel quale ha una fiducia cieca, Berlusconi ha dato il via a un festival delle escandescenze senza precedenti, privo di senso e di qualsiasi logica, ma che se non altro é valso a capire meglio di che stoffa é fatta la cultura profonda che lo domina. In due giorni, il Cavaliere ha chiesto la perizia psichiatrica per i magistrati , contro i quali cova un odio viscerale, e si è rifiutato di sottoscrivere un patto bipartisan di lealtà repubblicana.

Poi é tornato alla carica con i brogli elettorali , a cui si aggrappa quando teme di perdere, gettando manciate di fango sull’onestà degli elettori e la probità degli scrutatori al servizio dello stato. L’improvviso, inconcludente tuffo nel passato, accompagnato da un
sentimento di vendetta e da un desiderio incoercibile di rivalsa, é poi giunto al parossimo quando Marcello Dell’Utri, grand commis del partito berlusconiano, ha annunciato che la destra dopo la vittoria riscriverà i libri di storia per espellere la Resistenza e lasciare cosi' libero corso al revisionismo caro a quella corrente di pensiero mai veramente affrancata dalle tentazioni nostalgiche, che considera la Liberazione un concetto superato, il confino al pari di una vacanza a cinque stelle e il 25 aprile una ricorrenza da cancellare dal calendario. Fa tremare le vene ai polsi l’idea che per un pugno di voti si possa ricorre a metodi tanto squallidi. Sotto questo punto di vista i segnali di pericolo sono talmente eloquenti da dare pienamente ragione a Prodi quando afferma che il successo di Berlusconi verrebbe accolto con sgomento dall’Europa e dal mondo intero.