di Renzo Balmelli
ADDIO. - Putin e Bush dovevano avere una strana concezione dei rispettivi ruoli quando al loro primo incontro nel 2001 si scambiarono una solenne promessa: scrivere assieme la storia per gettare le basi di un mondo migliore. Otto anni dopo, finito il valzer degli addii, l’americano e il russo al loro ultimo faccia a faccia da presidenti lasciano in eredità ai loro successori poche speranze, quasi nessuna certezza e un cumulo di problemi irrisolti.
Citiamone solo alcuni, i piu’ spinosi. I contrasti sull’avvicinamento della NATO ai confini della Russia, lo scudo spaziale, la guerra in Iraq e il dramma della Cecenia hanno innescato pericolose tensioni che rappresentano una spina nel fianco per la pace e la tranquillità dell’umanità intera. A dispetto dei sorrisi e delle strette di mano , l’attuale stato dei rapporti tra Mosca e Washington é il peggiore dalla fine della guerra fredda. E non é detto che cambiati gli inquilini, la cornice strategica al Cremlino e alla Casa Bianca si presti a creare le condizioni per riscrivere una storia migliore di quella che abbiamo vissuto finora.
PESSIMISMO. - In Italia i sondaggi sono vietati alla vigilia delle elezioni. Negli Stati Uniti la campagna é invece poco oltre la metà del guado e gli istituti specializzati si sbizzarriscono a sfornare inchieste sugli umori del paese. A volte con risultati che dovrebbero dare i brividi ai candidati alla presidenza. Sotto questo punto di vista, l’ultimo, potente campanello d’allarme lo ha suonato il New York Times che con la CBS ha portato alla luce l’esistenza di un diffuso e profondo malessere bipartisan. Dai dati risulta che l’America é afflitta da una crisi di sfiducia generalizzata che si consuma in un clima crepuscolare.
Secondo il sondaggio il pessimismo ha contagiato tutti, democratici e repubblicani, uomini e donne, città e campagna, laureati e semianalfabeti . L’ultima volta che il paese espresse un analogo scontento fu alla fine del mandato di Bush padre. Ora la fotografia é ancora piu’ scura e l’ insoddisfazione si traduce nella consapevolezza che gli USA, impantanati in Iraq e sull’orlo della recessione, siano sulla strada sbagliata. La censura all’operato di Bush junior é implicita, il suo partito é crollato al minimo storico, ma lo stesso meccanismo paradossalmente potrebbe penalizzare anche i democratici se quest’ultimi , anziché fornire un’immagine rassicurante, continueranno a dilaniarsi come irriducibili fratelli-coltelli.
VANITA’. - Silvio Berlusconi nella sua sconfinata vanità é arciconvinto che il prestigio dell’Italia nel mondo non sia mai stato cosi’ alto come quando era lui a governare. Certo, bisogna ammettere che di questi tempi quanto a immagine il Bel Paese non sta attraversando un periodo felicissimo. Prima l’immondizia campana, poi la mozzarella alla diossina, a seguire il parmigiano fatto in Cina e infine il vino adulterato hanno inferto un duro colpo al made in Italy.
Ma all’estero, a parte la trovata del “Veltrusconi”, il Cavaliere non riesce a imporsi quale leader adatto a guidare il prossimo governo. L’endorsement dell’Economist, l’investitura a miglior candidato, va a Walter Veltroni, mentre un altro giornale ricorda con una buona dose di ironia che un giorno Berlusconi, con un paragone a dir poco sperticato, si autodefini’ il “Gesu’ Cristo” della politica. La conclusione dell’editorialista è impietosa: risulta difficile attribuire il ruolo di salvatore della patria a un esponente politico che nel suo programma fa l’elogio dell’evasione fiscale.