di Renzo Balmelli
PROGETTI. Occorre muoversi con cautela sull'onda dell'euforia post-elettorale. Se dopo il netto successo di Macron si inneggia allo scampato pericolo, ciò non significa ancora che per l'UE l'emergenza di stampo neo fascista sia finita. L'inno alla gioia e le bandiere stellate segnano la rivincita dei simboli europei, certo, ma solo di questi fintanto che la svolta non sarà confortata e consolidata da altre, rassicuranti votazioni. Mentre si intrecciano le congetture per riuscire a capire come sarà l'Eliseo del nuovo inquilino, di lui sappiamo con certezza che contende a Napoleone il primato di più giovane “comandante” della Nazione e che con lui ha prevalso la Francia culla dell'Illuminismo. Ma il confronto con la storia ci dice anche che dietro l'angolo può sempre esserci una Waterloo imprevista, capace di vanificare le speranze, i progetti e quindi di non fare nulla, di non riformare nulla. Per Macron il difficile comincia adesso.
TERREMOTO. Nelle urne francesi era in gioco non unicamente la Presidenza, ma il futuro assetto dell'UE di cui Parigi è parte integrante, fondatrice e vitale. Immaginare che un verdetto diverso avrebbe potuto cancellare gli ultimi sessant'anni di pace sancito dai Trattati di Roma era davvero una ipotesi intollerabile. La vittoria di Marine Le Pen avrebbe contagiato i populisti di ogni risma e innescato un terremoto a catena addirittura peggiore di quello messo in moto dalla Brexit (e per anglo-sassoni convergenze anche dall'elezione di Trump) con conseguenze che ancora non sono state messe a fuoco. Colui che ha vinto ha ora enormi responsabilità sia nel provare a placare il malumore che serpeggia in quella parte del Paese, impoverita ed emarginata, che non l'ha sostenuto, sia nel recuperare le lezioni della Storia la quale insegna che lasciando indietro masse di persone arrabbiate di solito il prezzo da pagare è l'avvento di regimi impresentabili.
UN COLPO. Quale governo vedremo dopo il cambio della guardia all'Eliseo si saprà una volta conosciuto l'esito delle legislative di giugno che serviranno a definire gli equilibri usciti dalle presidenziali. Per quello che sarà il primo banco di prova di Macron e che potrebbe rappresentare l'inizio di una nuova era politica, viene da chiedersi se il Partito Socialista riuscirà a farsi sentire oppure se dovrà rassegnarsi a subire un significativo ridimensionamento. Anche altrove, dalla Gran Bretagna dove i conservatori sono in grande spolvero, alla Germania, dove la SP, nonostante l'effetto Schulz, incassa la seconda pensante battuta d'arresto, le prospettive non sono propriamente rosee. Che i partiti tradizionali facciano fatica a proporre le loro ricette non una novità, ma che sull'altro fronte, nonostante la sconfitta, sia il blocco di estrema destra a intercettare il dissenso è un fenomeno che deve preoccupare ben oltre i confini francesi. Insomma, viene da dire, sinistra se ci sei batti un colpo.
DINAMICA. A volte ritornano. O forse non erano mai usciti realmente di scena. Si erano soltanto nascosti dietro le quinte in attesa della prossima chiamata. Tale eventualità si sta verificando in Italia con una dinamica un tantino sospetta proprio quando si cominciano a tratteggiare gli scenari delle elezioni prossime venture. Tra coloro che fino all' altro giorno parevano avversari irriducibili, iniziano scambi di segnali e disponibilità' neppure tanto larvati. Tra Pd, 5 Stelle e l'inossidabile Berlusconi circolano, dopo la riconferma di Renzi, strizzatine d'occhio sulle regole del voto. L'intento è di non regalare il Paese agli incalliti populisti eurofobici, ma la ricerca di una scelta condivisa dovrebbe essere l'occasione per creare governabilità e stabilità e non la solita confusione.
SFIDA. Nel mondo milioni di individui soffrono la fame. Negli Stati Uniti una fetta cospicua della popolazione rischia di trovarsi senza assistenza sanitaria di base in seguito alla cocciutaggine con la quale la Casa Bianca per puro spirito di rivalsa appare determinata a ripudiare la riforma di Obama. Eppure sui giornali, alla televisione, ai congressi proliferano le ricette di cucina e quelle che vantano il fascino e la piacevolezza delle lussuose strutture alberghiere dedite alla cura della salute. Manicaretti, cibo a iosa, massaggi rilassanti, rassodanti, inebrianti fanno da cornice a un universo di privilegiati che i seimila profughi salvati in questi giorni riusciranno a malapena a scorgere da lontano, magari gettando lo sguardo oltre il muro che li divide dal consesso umano. Cibo, malnutrizione, migrazioni, pandemie sono fenomeni strettamente connessi e rappresentano la sfida più importante tra i grandi temi globali da vincere senza indugi. Fa specie che a prevalere sia l'esatto opposto.
GAFFE. Come nella pubblicità di una marca di orologi, alla popolazione britannica si può toccare tutto, ma non la famiglia reale. All'occorrenza saprà resistere anche ai contraccolpi della Brexit, ma delle storie che da tempo immemore circondano la vita di Buckingham Palace non può fare a meno. Il tè delle cinque, i pasticcini dolci e salati e le vicende delle loro maestà sono componenti della quotidianità che ora trovano nuovo e chiacchierato alimento nell' annuncio che il principe Filippo a 96 anni dopo un'esistenza trascorsa all'ombra della Regina, si ritira con imperturbabile aplomb dalla vita pubblica in piena campagna elettorale, proprio quando i reali evitano di fare parlare di se. Che sia questa l'ultima trovata del principe celebre per le sue gaffe politicamente scorrette ma che a quanto pare sembrava divertito a mettere in imbarazzo gli interlocutori è un motivo in più per tenere al caldo il piacere inesausto dei pettegolezzi.
SCANDALO. Deturpata dai rifiuti e dal degrado ambientale, Roma non è mai stata così irriconoscibile. Se quelle viste nelle ultime ore sono le immagini terribili della città che hanno fatto il giro del mondo – e purtroppo lo sono senza trucchi e senza inganno – nessuno può proclamarsi innocente. Né chi c' era prima e non ha fatto ciò che andava fatto per ovviare a guasti di tale dimensione, né chi c'è adesso e anziché reagire si arrampica sugli specchi per difendere l'indifendibile. E nessuno, sia nell'urbe che nella regione, è mai stato né prima né ora al suo posto, all' altezza del proprio mandato di amministratore se invece di porre fine allo scempio ci si ostina in sterili baruffe per il rimpallo delle responsabilità. Lo scandalo lambisce pure il governo che non può permettersi di avere come capitale una città lordata dal pattume e dai cassonetti maleodoranti che ammorbano l'aria. Roma è la caput mundi dell'arte, della storia e di uno straordinario patrimonio archeologico che richiamano milioni di turisti e che oggi assiste impotente al suo lento naufragio. Dovrebbero vergognarsi tutti coloro che la stanno mandando in rovina a causa di colpevoli inadempienze, condannandola alla stessa sorte che segnò il declino dell'impero romano, minato dall'ozio e dai giochi di potere. Roma tanto bella e tanto sporca sta vivendo l'ennesima tragedia della sua sublime e tormentata eternità.