mercoledì 15 giugno 2016

Per lei e per la causa femminile - Il momento storico di Hilary

SPIGOLATURE 

  

di Renzo Balmelli 

 

FIRST. Nelle corse a tappe i fuori classe si vedono quando iniziano le salite. Per Hillary Clinton, che sa il fatto suo, dopo il percorso relativamente pianeggiante delle primarie, la competizione più ardua inizia adesso e non sarà in discesa. La sua investitura, che ne fa la prima donna candidata alla Casa Bianca, è un grande momento storico per lei e per la causa femminile. Grazie a questa svolta epocale saltano le barriere che finora erano un ostacolo per tante americane ai vertici della carriera. Ma è soltanto l'inizio di una lunga volata.  Ciò che d'ora in poi attende l'ex first lady fino alla soglia della mitica Stanza ovale, sarà una sfida affascinante tra ragione e sentimento. Della prima, unita alle competenze, ne ha a iosa. Quanto alla capacità di evocare sentimenti, capacità che non è proprio il suo forte, dovrà riuscire, giocando meglio la carta delle emozioni, a conquistare il cuore dell'America arrabbiata con l'establishment che non la ama e si ribella al punto da farsi incantare dalle deleterie guasconate di Trump. Non è noto se esiste una versione in inglese del famoso detto "dagli amici mi guardi Iddio che ai nemici ci penso io". Qualcosa del genere però deve esserci se Obama già si è speso per esortare il partito a restare unito in modo da avere ancora un Paese a guida democratica, in grado di proteggere l'eredità delle sue riforme al riparo da avventure populiste.  

 

DISINCANTO. Si avverte tutto il peso della crisi dei valori che attanaglia l'Europa rendendola sempre più fragile, nel verdetto uscito dalle urne dopo il primo turno delle comunali. In Italia come nel resto del Continente si sono perse tante certezze. Da nord a sud le novelle sirene hanno lo stesso suono di quello della Lorelei, la bellissima ondina che incantava i marinai con promesse fallaci, causando naufragi e sciagure.  Comunque sia, al di là dell'espressione numerica del voto, che potrebbe ribaltarsi al secondo turno, la consultazione restituisce la radiografia di un Paese in parte sfiduciato che si avvia ai ballottaggi sull'onda del disincanto, spesso foriero di svolte poco raccomandabili.  Se non è l'anti politica, come si vorrebbe dare da intendere, è tuttavia un altro modo "tout court" di fare politica aggrappandosi a speranze che rischiano spesso di ridursi a miraggi. A tale proposito siamo nel bel mezzo di uno strano, fuorviante ragionamento. A qualcuno è passata per la mente l'idea peregrina di evocare l'avvento di un Cesare democratico, capace di cambiare la Nazione. Ma quando mai, tranne che nell'illusione prodotta dalla fata morgana, si è visto un Cesare democratico.

 

MACERIE. Quando Ralph Dahrendorf subito dopo il crollo del Muro di Berlino dichiarò che la storia aveva imparato a correre, non si sbagliò. Ciò che l'emerito filosofo e sociologo, scomparso nel 2009, forse non aveva previsto è che sotto la spinta degli eventi la corsa partita tra gli applausi del mondo avrebbe finito col diventare affannosa, confusa, senza meta.  A quasi trent'anni da quella profezia, l'UE, minata dal populismo a con l'incubo del Brexit, appare davvero stremata, frastornata, incapace di riconciliarsi con gli ideali dei padri fondatori. Eppure la salvezza e il futuro del grande progetto comunitario dipendono in primo luogo da un salutare ritorno alle origini, alle fondamenta della casa comune, la sola capace di tenere a bada le forze oscure che non aspettano altro che vederla crollare per camminare sulle sue macerie. Un copione già visto che dà i brividi. 

 

MITO. Lo si può ricordare in mille modi, col nome di battesimo di Cassius Clay o con quello di Muhammad Ali che volle assumere dopo la conversione all'Islam. Si possono rievocare i suoi successi sportivi, l'Olimpiade, l'indimenticabile incontro con Foreman nel cuore dell'Africa. "Volo come la farfalla e pungo come l'ape" è stata una delle sue frasi più celebri che testimoniano l'incredibile personalità di un pugile leggendario. A collocarlo però sotto un'altra luce che ne svela la grande umanità è stata la sua ferma decisione di non combattere in Vietnam con una scelta esemplare che ha segnato un'epoca anche dal punto di vista ideologico. Nel dichiarare che la boxe non ha nulla a che vedere con l'ammazzare i Vietcong, uno dei maggiori personaggi della storia dello sport è entrato nel mito, diventando , lui che aveva nei pugni una potenza micidiale,  un'icona della pace e della tolleranza razziale. Grazie a lui verrà magari il giorno in cui, prendendo lo spunto dal celebre aforisma, potremo dire finalmente che "c'è la guerra, ma nessuno ci va".