martedì 29 settembre 2015

Un lungo, lungo addio

VANITÀ. Ai "coccodrilli", in gergo le biografie dei personaggi più noti preparate con largo anticipo, Fidel Castro ci ha fatto il callo. Quante volte la sua scomparsa, tra gli scongiuri del diretto interessato, è stata annunciata al mondo. Decine, puntualmente smentite. A dispetto degli uccelli di malaugurio, lui , seppure segnato dall'età, ma ancora lucido ad onta del lungo addio, resta il simbolo della rivoluzione cubana. La sua rivoluzione, che di quella originale, con l' assalto alla Moncada, ha conservato soltanto il ricordo sotto la sferza dei tempi che cambiano, dei crescenti bisogni materiali della gente e delle ideologie che vacillano. Malgrado ciò, a 89 anni suonati il "leader maximo", sfidando i " coccodrilli" e le relative lacrime, si diletta a discutere di teologia con Francesco, il terzo capo della chiesa di Roma in visita all'Avana, convintissimo, complice la vanità che non invecchia, che diversamente dai Papi, morto un Fidel non se ne farà un altro.

 

SPETTRO. Provaci ancora Alexis. Camaleontico, volubile, e pieno di contraddizioni, Alexis Tsipras, nonostante queste premesse, torna al governo per una seconda vita politica che l'elettorato greco, stanco e provato dalla crisi, ha deciso di regalargli non fidandosi di nessun altro. E' stato, quello ellenico, un voto più pragmatico che per motivi ideali, nella speranza di restare nell'area dell'euro e di giungere a una intesa sul debito estero. Con questo mandato, il leader di Syriza, solo lontano parente del premier anti austerità, cercherà all'opposto di tenere a galla la Grecia con un piano austero, anche perché, tra i tanti problemi irrisolti, sul Paese incombe pure lo spettro dell'ultra destra di stampo neonazista. La novità di queste elezioni è difatti la crescita allarmante di Alba dorata che ora diventa la terza forza del paese senza avere assolutamente nulla di luminoso.

 

MITO. Questa proprio i tedeschi non se l'aspettavano. Mai avrebbero immaginato che la Volkswagen, " la vettura del popolo" che dai tempi della dittatura nazista, quando fu creata per volere di Hitler, ha scandito la vita di intere generazioni, giocasse a carte truccate per vendere più automobili. Barare sulle emissioni nocive per un pugno di dollari potrebbe significare la fine di un mito; il mito dell'integrità e dell'affidabilità germanica. Lo scandalo, partito dagli Stati Uniti ma ormai globale , e il danno di immagine per il popolare" maggiolino"sono enormi, tanto più che la Repubblica federale si è sempre presentata al mondo esigendo, con fondate ragioni, di essere considerata un modello virtuoso. Che copertina farà ora lo Spiegel che non esitò a raffigurare l'Italia con un pistola posata sugli spaghetti? Magari una porzione di crauti con un motore contraffatto, ritratto irriverente del virtuoso dalle traballanti virtù. 

 

CALCOLI. Quando si alzarono i veli sull'orrore di Auschwitz e altri luoghi scellerati, gli ipocriti benpensanti dell'epoca, che col Terzo Reich avevano fatto affari loschi, misero subito le mani avanti. Non sapevamo, non potevamo immaginare. Falso. Avevano soltanto voltato la faccia dall'altra parte. Ora, noi, ognuno di noi, non potrà trincerarsi dietro le menzogne di comodo. Nessuno a meno di negare l'evidenza oserà raccontare alle prossime generazioni di non avere visto le tragedie che si consumano in diretta tv davanti ai nostri occhi. Se è vero che dietro la guerra in Siria e il dramma dei profughi si celano calcoli inconfessabili, volendolo qualcosa possiamo già fare anche adesso. Come ha scritto una lettrice, mostriamo che chi non ha potere ne ha invece uno più forte delle avversità ; il potere della gente onesta e indignata.

 

CALCIO. Non tra gli ulivi del capolavoro neorealista, bensì tra i frondosi alberi che fanno ombra alla FIFA in quel di Zurigo non c'è pace per la potente organizzazione del calcio planetario travolta dalla crisi. Oltre alla polemica che investe la gestione dello svizzero Joseph Blatter, a fare discutere, sullo sfondo dell'intricato e imperscrutabile neorealismo del pallone, sono ora le condizioni di lavoro definite "feudali" che regnano nel Qatar, scelto per i mondiali del 2022 tra molte riserve. Secondo le stime del Guardian, lo sfruttamento della manodopera immigrata di origine asiatica assunta sui cantieri degli stadi ha ormai superato ogni limite. Finora la FIFA, con un atteggiamento pilatesco, si è limitata ad affermare che in futuro toccherà valutare meglio le candidature. Meglio sarebbe stato pensarci prima.