mercoledì 23 dicembre 2015

Almeno noi apriamoli gli occhi...

di Renzo Balmelli 

 

RETORICA. Se non la ferocia di un “generale dagli occhi azzurri e la giacca uguale”, evocata da Fabrizio de André, è sempre comunque la vigliacca bestialità umana a spegnere la vita di centinaia di bambini in fuga che ora dormono sul fondo del mare così come i piccoli indiani massacrati nel greto del Sand Creek. I loro occhi non vedranno il Natale, se mai l'hanno avuto. Per loro non ci sono alberelli ingioiellati, vetrine rutilanti e nemmeno i panettoni della pubblicità che esortano a essere buoni. Leggere le cifre di questa lunga strage dei più innocenti fra gli innocenti rende ancor più insopportabile la ridondante retorica delle Feste. Almeno noi, al caldo tra le domestiche pareti, apriamoli gli occhi prima che l'assuefazione al dramma finisca col farci perdere la coscienza di ciò che sta accadendo e la riduca a un tuffo al cuore del momento che a sua volta altro non è che un grumo di ripetitiva e fiacca retorica.

 

COMPLICITÀ. Sul finire di un 2015 gravido di minacce di ogni genere, la morte di Licio Gelli, avvenuta a 96 anni, suona come un monito per chi fosse affetto da strane amnesie e fingesse di non sapere com'era l'Italia torbida della Loggia P2, al centro dei segreti e dei misteri più neri del Paese. Anche oggi si resta sgomenti nel rievocare i misfatti da mettere sul conto di quella forsennata Spectre ordita dal Venerabile mediante una rete di melmose relazioni e di smanie eversive che nel clima invasato della strategia della tensione, dello stragismo e del tintinnar di sciabole, arrivò fino alla soglia del colpo di stato. Solo il saldo impianto della democrazia, forgiato negli anni della Resistenza alla dittatura, è valso a sbarrare la strada a una svolta autoritaria alla Pinochet che poteva trovare terreno fertile nei gangli inquinati della società e nella criminosa complicità di chi agiva nell'ombra sul filo dei ricatti e degli omicidi. 

 

NERO. Era furibonda Marine Le Pen dopo il secondo turno che la priva del viatico di cui aveva bisogno per rendere credibili le sue ambizioni presidenziali. Si tira un sospiro di sollievo, certo, ma la consolazione è di breve durata. La bruciante disfatta dei frontisti non è un motivo per abbassare la guardia. Anzi. Solo grazie alla trasfusione di sangue della sinistra, ignorata bellamente da Sarkozy, che però esce male da queste elezioni, la "diga repubblicana" ha funzionato risparmiando alla Francia l'onta delle regioni in mano all'estrema destra. Aggirata per ora l 'umiliante deriva, resta tuttavia il paradosso del Fronte Nazionale che perde aumentando i voti in quella che Le Soir definisce una vittoria che "ne dit pas son nom" e che minaccia di continuare a essere una insidia qualora la breve alleanza contro la paura, anziché consolidarsi, si rivelasse inadatta a sradicare il "Bleu Marine", in verità più nero che blu.

 

DEVIANZE. A volte, nel leggere i commenti alle regionali francesi oppure alle farneticanti esternazioni di Donald Trump negli Stati Uniti, viene da chiedersi se si comprenda veramente il rischio di quel genere di linguaggio che si sta adoperando negli schieramenti votati alle peggiori infamie al fine di sostenere le proprie, bacate ideologie. Chiamare "fronte antifascista" l'opposizione all'estrema destra non è una distorsione della storia, ma rappresenta l'urgenza di contrapporsi politicamente, culturalmente e democraticamente a un fenomeno che, quando lo si lasciò libero di fare, produsse guasti spaventosi. Certo, grazie ai padri fondatori della moderna UE, non siamo alla Germania del 1938, ma quando si ascoltano le frenesie di un signore indicato come il principale fra i candidati alle presidenziali americane del partito repubblicano, i sottili distinguo servono poco per frenare chi potrebbe un giorno diventare l'erede di nostalgiche devianze.

 

SCOMMESSA. Con il clima, se il confronto non fosse riduttivo, è un po' come con il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno. Per taluni il vertice di Parigi è stato un evento che merita l'appellativo di "storico" per l'importanza dei risultati raggiunti e fin qui mai neppure sfiorati. Per altri è stata l'inutile riunione condominiale dei padroni dell'energia che figurano tra i big dell'inquinamento. Alla luce dei fatti emersi dal summit, occorre dire che l'imperativo a contenere il rialzo delle temperature sotto i due gradi con l'obbiettivo di arrivare a 1,5 gradi è una scommessa ambiziosa, ma dall'esito incerto. In questo accordo da realizzare nella seconda metà del secolo c'è sempre infatti l'incognita del fattore tempo per quelle popolazioni che si affacciano sul baratro del surriscaldamento e per le quali potrebbe essere toppo tardi. In quest'ottica per mettere in salvo il futuro dell'umanità non fa ombra di dubbio che occorra una marcia in più.

 

RISVEGLIO. "Ho visto cose che voi umani neanche riuscite a immaginare". Fin dai tempi del famoso monologo di Blade Runner, a scadenze cicliche la fantascienza torna a proporre sul grande schermo i suoi miti, le sue metafore, i suoi sogni, le sue illusioni. Da giorni, nel mondo, si è messa in moto la lunga marcia degli appassionati che accorrono al cinema per immergersi nuovamente nella leggenda di Star Wars e ritrovare l'atmosfera della saga inventata da George Lucas che sembra non invecchiare mai. E' un fenomeno di massa , non facile da capire e inquadrare, che risponde al bisogno di emozionarsi al riapparire dei personaggi più noti, Obi Wan Kenobi, Luke Skywalker o Darth Vader, di dimenticare tutto per due ore nel palpitare per " Il Risveglio della Forza", che è il titolo del film, e nell'applauso liberatorio per disfatta del suo lato oscuro come vorremmo che sempre fosse.

 

mercoledì 16 dicembre 2015

L'avanzata di un partito esecrabile

di Renzo Balmelli 

 PLACEBO. Regge poco la tesi che era soltanto il primo "tour", che i conti si faranno a bocce ferme e che dopotutto zia e nipote Le Pen non hanno vinto le elezioni nazionali, ma soltanto le regionali. Già, ma intanto il loro programma che pur facendo perno attorno alla radicalizzazione xenofoba è riuscito malgrado le poco edificanti premesse a raccogliere una valanga di voti, dilata le dimensioni del successo e accresce le inquietudini. La signora che infiamma gli estremisti non ha d'altronde nessuna intenzione di fermarsi. Vuole l'Eliseo, la cacciata dei socialisti, il funerale dell'Europa, la crociata anti immigrati e non predica certo la concordia. Scusate se è poco. Comunque sia, regionale o nazionale , la scossa provocata dal Fronte Nazionale è stata avvertita ben al di fuori dei confini francesi con tutti gli interrogativi sulle implicazioni culturali oltre che politiche di un possibile, incontrollabile contagio dalle conseguenze che vanno oltre ogni immaginazione. In un continente che di colpo potrebbe ritrovarsi molto "Vecchio", il ricorso alla desistenza per fare vincere il meno peggio potrà forse servire nell'immediato a contenere i danni, ma in proiezione futura altro non è che un placebo di limitata efficacia, comunque inadatto a frenare l'avanzata di un partito esecrabile

 VENTO. In queste ore difficili, scandite dalla perversa miscela di terrorismo ed estremismo, ci si chiede se l'ondata populista esplosa in Francia possa mettere in dubbio l'Ue così com'è stata ideata finora. Un semplice ripasso della storia ci dice che le grandi intuizioni non muoiono, mentre le ideologie peggiori finiscono sempre col soccombere. Ma è una consolazione passeggera. Nell'indigesto cocktail sono finiti troppi ingredienti per placare l'ansia di coloro che paventano il ritorno dei nostalgici, dei faziosi nemici della Repubblica e della democrazia. Il Fronte è una realtà radicata nei gangli della società transalpina, complici- purtroppo - anche le ambiguità della destra moderata e le divisioni della sinistra che hanno regalato al frontismo un terreno praticamente già arato. Alla luce di quanto si è visto, ormai non è più possibile tergiversare: solo il ricorso alla ragione può bloccare la disgregazione dei valori ereditati dall'Illuminismo, prima che il vento lepenista finisca col travolgere i nostri ideali più cari. 

 VULNERABILITÀ. Con mirabile intuito già vent'anni fa lo scrittore Henning Mankell, la cui prematura scomparsa ha gettato nello sconforto milioni di lettori, aveva capito quali avrebbero potuto essere le insidie celate in una rete di comunicazione sempre più intensa e rapida. Nel romanzo "Muro di fuoco", tradotto in italiano da Marsilio e considerato uno dei suoi migliori, il padre del commissario Wallander mostrava il rovescio della medaglia di un sistema dove un tempo la paura correva sul filo, mentre ai giorni nostri, come l'autore aveva previsto, il terrorismo viaggia indisturbato via Internet, diventato ormai la piattaforma prediletta per azioni di propaganda, mobilitazione e proselitismo. Ne abbiamo avuto la prova nella strage di Parigi che ha messo in luce l'inquietante vulnerabilità di una società apparentemente molto efficiente, molto interconnessa, ma proprio per questo sempre più in balia delle forze del male. 

 PREDICATORE. All'opposto di Milano, che per la prima della Scala non ha ceduto alla paura e non si è fatta intimorire, nell'America profonda si risvegliano gli istinti più riposti per mano di sciagurati avventurieri della politica. Messo ai margini il Tea Party, gli americani stanno per ritrovarsi un nuovo condottiero della purezza " made in USA" chiamato Donald Trump, il miliardario che tenta la scalata alla Casa Bianca accanendosi contro i mussulmani, tutti i mussulmani, con lo stesso livore usato in passato dai reazionari con i "negri" che inseguivano il sogno di Martin Luther King. Tra gli imbarazzati silenzi dei repubblicani sulle deliranti provocazioni del magnate estremista, molti si chiedono se l'America non abbia trovato il suo Le Pen che cresce nei sondaggi ed è sempre più solo in vetta agli indici di popolarità all'interno del suo partito grazie all'aggressiva potenza comunicativa e la capacità di interpretare in modo rozzo ma pagante le paure dell'elettorato di destra. 

 ANTIDOTO. Sarà un casuale concorso di circostanze, ma ogni qual volta l'umanità cade in preda dell'inquietudine cominciano a rifiorire le leggende metropolitane sui mondi sperduti nelle galassie e popolate da esseri viventi dalle fattezze più incredibili. Tra le ultime variazioni sul tema, si è parlato in questi giorni di una misteriosa cupola aliena che un gruppo di cacciatori UFO avrebbe individuato sulla superficie di Marte e che secondo questa fonte potrebbe nascondere i resti archeologici di una antica civiltà marziana. Per completare il quadro c'è chi giura di avere visto due figure umanoidi vestite come astronauti camminare sul pianeta rosso non lontano dalla famigerata cupola. La psicologia avrà molti argomenti per spiegare la tendenza a proiettare nelle profondità siderali le fantasie che fin dall'antichità popolano la mente degli uomini nella ricerca di un antidoto all'insoddisfazione e allo snervante logorio della vita sulla terra.

 DISAGIO. Per vincere la depressione c'è lui, depresso per antonomasia, a offrirci un corroborante cordiale con i suoi film sempre uguali e sempre diversi nel segno di una continuità affascinante. Lui, Woody Allen, il genio del cinema, ottant'anni appena compiuti, che in mezzo secolo di carriera ha girato 45 pellicole senza mai perdere di vista la sua cifra stilistica in cui si intrecciano, con il tocco del maestro, la commedia, l'umorismo e le citazioni dotte. Al ritmo di quasi un film all'anno, Woody Allen ha interpretato senza mai smentirsi lo stesso ruolo di uomo colto, intellettuale, ironico e pieno di dubbi che sa trasferire le sue nevrosi in tanti capolavori e trasformare Manhattan in un luogo dell'immaginario collettivo. Ma sempre ricordandoci "che Dio è morto, Marx è morto e pure lui si sente esistenzialmente poco bene". E proprio Irrational Man, l'ultimo suo lavoro, sintetizza seppure con fasi alterne il disagio e il senso dell'esistenza sui quali il regista, alle prese con l'eterno dilemma del rapporto tra "Delitto e castigo" proposto dal suo amato Dostoevskij, non smette di interrogarsi e di interrogare gli spettatori nel solco di uno stimolante confronto.

mercoledì 9 dicembre 2015

Il giorno prima di domani

Davvero, non possiamo lasciare alle prossime generazioni un ambiente irrimediabilmente devastato dal collasso climatico...

 

di Renzo Balmelli 

 

SFIDA. In una Parigi ancora traumatizzata dalla ferocia jihadista , due temi caldi, clima e terrorismo, temi in apparenza distanti, ma in realtà strettamente correlati, si incrociano sotto il segno dell'emergenza per configurarsi come una unica sfida epocale con cui confrontarsi nell'immediato futuro. L'esito della partita più difficile per le sorti della umanità dipende da come la società delle nazioni, spesso condizionata da interessi di parte , riuscirà a varare una strategia unitaria per frenare il surriscaldamento e l'inquinamento della Terra che sia decisamente migliore e più efficace di quella messa a punto per fermare i terroristi. In caso contrario il vertice del COP21 non avrebbe alcun senso se dovesse limitarsi agli impegni di facciata o si accontentasse di soluzioni al ribasso. Si finirebbe col lasciare alle prossime generazioni un ambiente irrimediabilmente devastato dal collasso climatico sullo sfondo di uno scenario apocalittico peggiore di qualsiasi fantascientifico day after.

 

SOS. Forse il tempo non è ancora scaduto per la Terra. Ma attorno a noi si compiono ogni giorno tanti e tali attentati alla natura da non più consentire calcoli e tergiversazioni. Mentre l'elenco dei decessi rispetto alle normali aspettative di vita registrati a causa dell'inquinamento continua ad allungarsi, sul Brasile si è abbattuto il peggiore disastro ambientale della storia del Paese con conseguenze spaventose. Da due dighe lasciate in pessimo stato dall'incuria dell'uomo è fuoriuscita una fiumana inarrestabile di sostanze nocive che ha contaminato terreni, fiumi , e l' Oceano atlantico che ora si è tinto di rosso. Potrebbe volerci un secolo per ritornare a una situazione di normalità. Al summit parigino arriva quindi più forte che mai l'SOS del pianeta in sofferenza che ora attende l'arrivo di bravi primari al suo capezzale capaci di " disinquinare" l'aria ammorbata dai veleni che tolgono il respiro e oscurano il cielo. 

 

SQUILIBRI. Se Bangui dopo il viaggio del Papa è diventata la capitale spirituale del mondo, ora è tempo di guardare avanti e di farne anche la capitale della rinascita materiale nei Paesi più martoriati dell'Africa. Col suo viaggio il Vicario di Roma ha inteso lanciare un appello affinché milioni di derelitti, dimenticati da tutti, non siano più costretti a vegetare nel cono d'ombra del benessere. Ma per disegnare un domani degno di essere vissuto in questa parte del mondo ci vorrebbe un miracolo, materia piuttosto rara di questi tempi . I numeri non dicono tutto, ma possono dire molto e se si mette a confronto il Pil pro capite della Repubblica centrafricana di 541 dollari annui con i 600 miliardi di euro posseduti da 300 Paperon de Paperoni nella sola Svizzera, si intuisce quanto enorme sia la voragine di ingiustizie che separa l'universo dorato dei ricchi da quello dei poveri. Eppure basterebbe una modesta frazione di quella montagna di soldi per alleviare l'esistenza di tante popolazioni, se solo esistessero regole etiche tese a mitigare gli intollerabili squilibri nella distribuzione delle ricchezze.

 

COPPIA. Come se non avesse già abbastanza guai, un altra calamità sta per abbattersi sulla Francia dove l'estrema destra ritoccata, ma non mondata dai suoi peccati originali, si prepara a festeggiare il trionfo annunciato al primo turno delle elezioni regionali di domenica prossima. Sotto la guida di zia Marine e della nipote Marion Le Pen, la nuova coppia al femminile più gettonata dai sondaggi, il Front National sta vivendo l'ennesimo momento di grazia seguendo una tendenza già in atto da mesi e che il 13 novembre ha solo amplificato. Se la vittoria venisse confermata al secondo turno, più difficile in virtù del gioco delle alleanze, all'ombra della torre Eiffel potrebbe aprirsi una periodo di forti turbolenze politiche. I francesi si troverebbero a dover convivere con un partito sempre più a destra e con un presidente e un governo di sinistra, però più fragili, sebbene Hollande, grazie alla forza d'animo dimostrata durante gli attentati, abbia riguadagnato molte simpatie perdute. Solo l'incognita rappresentata dal previsto altissimo tasso di astensione potrebbe in qualche modo ridisegnare i pronostici, ma non al punto da rallentare l'avanzata delle tendenze populiste e xenofobe che fanno paura all'Europa.

 

martedì 1 dicembre 2015

Una Libia bis, un altro Afghanistan, un nuovo Iraq?

di Renzo Balmelli 

 

SPIRAGLIO. Sulla politica di Renzi è legittimo essere in disaccordo. Ma sulla guerra nel pantano mediorientale che piace ai seguaci del nostalgico "armiamoci e partiamo", la cautela e la prudenza mostrate dal presidente del Consiglio con accenti non diversi da quelli usati da Obama, sono condivisibili senza riserva. Una Libia bis, un altro Afghanistan , un nuovo Iraq e l' incognita siriana perpetuata all'infinito non farebbero che fornire ulteriore nutrimento al terrorismo disumano di matrice jihadista. Secondo la ferrea logica di Bismarck, il tintinnar di sciabole è la prosecuzione della diplomazia con altri mezzi, ma è una regola vecchia, da dimenticare fino a quando esiste un seppur minimo spiraglio per tenere viva la speranza di un mondo migliore. 

 

BONIFICA. Al di la delle opzioni militari , dalla voragine dell'orrore e della paura apertasi a Parigi e poi a Bamako emerge la necessità di immaginare anche altre, coraggiose strategie per affrontare la sfida del terrorismo globale . Questa difatti è una battaglia che si vince innanzi tutto non con le armi spianate- non solo, comunque - ma con le politiche sociali, non disgiunte da un capillare impegno educativo e culturale. Ossia le risorse in grado di promuovere un progetto condiviso per la bonifica delle macroscopiche ingiustizie che affliggono l'umanità e che sono la causa di tanti dolori. A questo punto i primi a farsene carico dovranno essere i mussulmani, nella consapevolezza che spetti agli islamici sciogliere le ambiguità nei rapporti con l'Isis. 

 

MITO. Chi ha visto Midnight in Paris di Woody Allen ha potuto rendersi conto di quanto intense fossero le relazioni tra l'America e la mitica Parigi degli anni venti, quella della generazione di Hemingway, Scott Fitzgerald, Gertrude Stein e molti altri ancora che hanno scelto la capitale sulla Senna per scrivere, divertirsi e concepire i loro capolavori. Come il protagonista del film che vuole a tutti i costi tornare a quell'epoca incantata, anche il messaggio di un lettore del New York Times apparso dopo la strage del 13 novembre e diventato subito virale, suona come un inno d'amore scandito sulle note suadenti di "I love Paris". In esso è raccolta l'immagine della Francia che incarna tutto ciò che i fanatici religiosi hanno sempre odiato, la gioia di vivere, l'aroma inebriante di un croissant appena sfornato, una bottiglia di vino condivisa con gli amici, una scia di profumo. La Francia che mai si piegherà al ricatto dell'oscurantismo. 

 

SVOLTA. Nell'Argentina approdo di milioni di migranti provenienti dall'Italia, è stata una lotta all'ultimo voto tra due oriundi a segnare l'esito del primo ballottaggio nella storia del Paese per la corsa alla presidenza. A bocce ferme Maurizio Macri, con lontane ascendenze calabresi, ha ottenuto una vittoria a scapito di Daniel Sciolli, di origini molisane, indicato come il successore della presidente Kirchner; vittoria che segna la fine del peronismo e apre una fase di grandi cambiamenti nella politica estera e in quella economica di Buenos Aires. Con questo voto l'Argentina volta pagina e la signora Antonia, moglie dell'eletto, in una società che tiene gran conto del potere declinato al femminile potrebbe essere la nuova Evita, ma certo non Peron.

 

TRAGUARDO. Sarà pure, come certificano gli attestati delle riviste specializzate, la sola statista in grado di esprimere l'unica leadership del mondo occidentale. Ma a dispetto dei riconoscimenti e alla faccia del ridicolo cucù di matrice berlusconiana, Angela Merkel per i 10 anni della sua elezioni alla guida del governo tedesco, mai avrebbe immaginato di tagliare l'importante traguardo in un momento tanto difficile. Con la Germania in gioco su tanti fronti, dalla scelta di aprire ai profughi all'attacco micidiale del terrorismo, dallo scandalo della Volkswagen alle fibrillazioni dell'Europa, la sfide epocali dell'inossidabile Cancelliera potrebbero , a seconda dell'esito, assicurarle un posto stabile nella Storia oppure avviarne il declino. Nella maggior parte dei commenti la "Mutti", la mammina come la chiamano oltre Reno, è ancora la leader di cui si fidano i tedeschi che ne apprezzano le scelte dettate dal buon senso. Ma le scosse brutali di questi giorni non risparmiano i grandi della terra che sembrano avere perso il bandolo della matassa.