Marine Le Pen ha provato a sdoganare il populismo "perbene", ma il suo compare italiano, il leghista Salvini, vuole dare il Daspo agli immigrati perché "portatori di scabbia e tubercolosi". E Grillo si colloca “oltre Hitler”.
di Renzo Balmelli
SLOGAN. Fra una settimana, quando uscirà il prossimo numero dell'AdL, capiremo quale indirizzo avrà preso l'Europa al termine di una tornata elettorale che di rado in passato ha tanto surriscaldato gli animi come stavolta. Vedremo se l'Unione si sarà fatta ammaliare, come gli ingenui marinai della Lorelei, dalle sirene di una certa destra ringhiosa e rognosa, determinata a liquidare l'importante eredità de padri fondatori, oppure se dal grande fiume ricaverà nuova linfa per creare un'entità, solida e capace d'imporsi. Con la furbizia che la distingue, Marine Le Pen ha provato a sdoganare il populismo "perbene", ma se pensiamo a certi suoi compari italiani (il leghista Salvini che vuole dare il Daspo agli immigrati perché "portatori di scabbia e tubercolosi", o Grillo che si colloca oltre Hitler), la diagnosi è presto fatta: il populismo "perbene" non sarà mai altro che uno slogan di basso conio.
CARENZA. Abbiamo bisogno di più Europa, di una comunità che sia il contrario di quella disgregata e disfatta di cui parla Primo Levi nel suo magistrale La Tregua, viaggio nel cuore di una umanità dispersa e rassegnata all'idea che "guerra è sempre", come dice un protagonista del romanzo. Qualcuno che di sicuro milita nel campo degli euroscettici ha scritto che da tempo l'UE è più all'origine di problemi che non di soluzioni. In simili affermazioni è palese una preoccupante carenza di idee alla quale il "Corriere della Sera" si impegna a porre rimedio, alla vigilia dell'eurovoto, riproponendo il libro dello scrittore torinese nell'ambito dell'iniziativa "Romanzi d'Europa". Attraverso la lettura di quelle pagine, che posano uno "sguardo lucido sul Vecchio Continente oltraggiato", la necessità di "una Europa dal valori condivisi" appare più che mai attuale.
SONDAGGI. Dalla virulenza della campagna elettorale per le europee risulta chiaro che in Italia il verdetto delle urne sarà considerato in primis un banco di prova sul piano interno per misurare i rapporti di forza tra i vari schieramenti. A diradare le incognite sul voto ha provveduto il portale Ticino online venuto a conoscenza di sondaggi che per legge gli elettori italiani non possono conoscere. In base a questi dati, finiti in rete, il Pd resta con ampio distacco il primo partito, con le carte in regola per uscire vincitore dalla consultazione, nonostante la disgregante ricaduta di EXPO 2015. Al Sud e nelle isole lo insidia il Movimento 5 Stelle, ma non in misura tale – osserva il portale – da ribaltare il quadro politico e quindi trasformare lo scrutinio delle europee in un referendum sul governo. Renzi insomma non dovrebbe fare le valige, potendo contare sulla compattezza degli elettori che lo voteranno, in parte magari piangendo, ma comunque lo voteranno. Quanto a Forza Italia, per ora naviga al terzo posto di una corsa sulla quale domina tuttavia la pesante ipoteca del reale interesse per queste elezioni che potrebbe dilatare il fenomeno dell'astensionismo.
VIOLENZA. Ha avuto vita più effimera di "Tripoli bel suol d'amor", la canzone con Gea della Garisenda avvolta nel tricolore sabaudo che glorificò le imprese coloniali italiane, la speranza che dopo Gheddafi la Libia potesse poco alla volta prepararsi a vivere un domani migliore. Le attese sollevate della rivoluzione del 2011 sull'onda della primavera araba se ne sono andate come le fragili promesse scritte sulla sabbia del deserto, mentre il desidero di rinnovamento politico non ha avuto seguito se non nei ricorrenti focolai di guerra civile. Scomparsa ormai da parecchio dalle prime pagine, la Libia vi è ritornata in questi giorni in seguito all'ennesima esplosione di violenza, settarismo e terrore che evidenzia la drammatica e dolorosa inconsistenza delle istituzioni nazionali e internazionali chiamate a governare la transizione. Tripoli è tutto fuorché un suol d'amore.
NAZIONALISMO. Anche l'India non sfugge al richiamo del nazionalismo che ormai è presente nel continente asiatico secondo modalità che è impossibile tratteggiare in modo univoco. Di quali colori si tingerà quello hindu in salsa agro-dolce che ha soppiantato la gestione storica della dinastia Gandhi-Nehru è un interrogativo non privo di incognite. In questa parte del globo i nazionalismi sono tanti quante le nazioni che la compongono e quindi ancor più insidiosi. Con la stessa lentezza che ha contrassegnato la lunga maratona elettorale indiana, durata più di un mese, bisognerà dunque dare prova di infinita pazienza per capire in quale direzione di muoverà il nuovo governo di Narendra Modi dopo la dirompente vittoria del Bharatiya janat, il suo partito forte di un consenso che non si vedeva da 30 anni e che per la sua ampiezza avrà di sicuro un peso maggiore pure sugli assetti internazionali.
DIVERSITA'. Non c'è soltanto l'Italia che litiga per gli aerei da combattimento. Anche la Svizzera ha le sue gatte da pelare quando si tratta di stanziare fior di miliardi per rinnovare la flotta dei caccia. Il progetto che prevedeva l'acquisto di una ventina di Gripen, un modello di aviogetto svedese ancora tutto da costruire, è apparso però troppo fumoso anche a una nazione che va fiera del suo esercito. La bocciatura era quindi inevitabile anche se finirà col sollevare strascichi polemici di lunga lena. Sui miliardi negati alla Difesa già si è avuto uno scambio di battute al calor bianco su chi è più patriota tra i germanofoni, in maggioranza favorevoli al credito, e i cantoni francofoni contrari. "La Svizzera non esiste", disse un artista elvetico in vena di provocazione. Si sbagliava. In effetti ne esistono più di una, ma divise da diversità e visioni culturali molto distanti quando sono in ballo le questioni di fondo.