C'è qualcosa di paradossale e antistorico nell'atteggiamento delle forze disgregatrici che provano a sabotare l'UE.
di Renzo Balmelli
MANUALE. C'è qualcosa di paradossale e antistorico nell'atteggiamento delle forze disgregatrici che provano a sabotare l'UE. La loro matrice è europea, ciò nonostante il loro nemico è l'Europa unita e senza più guerre. Un caso non più politico, ma da manuale di psicanalisi. In genere il club degli "anti" si muove sulla scia del populismo oltranzista, nella consapevolezza che l'euroscetticismo paga e che in tempi di austerità è una fonte inesauribile di facili consensi. Nel tritacarne di una duplice crisi – quella di identità e quella della solidarietà – il nazionalismo totalitario può ancora giocare brutti tiri. Un motivo in più per non arrendersi.
SPINTA. In mancanza di meglio, la destra si consola con il crollo dei grillini, fenomeno per altro prevedibile. Dall'uomo qualunque in poi, sia in Italia sia nel resto dell'Europa, il peronismo d'importazione non ha mai avuto vita lunga. Con Alemanno a Roma, escono ammaccati anche i sondaggi che davano il Pdl in vantaggio di chissà quanti punti. Polvere, e nemmeno polvere di stelle. Aspettando i ballottaggi, dalle urne delle amministrative si configura la geografia di una sinistra che nonostante tutto dispone ancora della spinta per ripartire, non per grazia ricevuta e non sempre mantenuta, ma per rinnovare il patto riformista con il Paese.
DISINCANTO. Dire che tutto è relativo non ha nulla a che vedere con la teoria della relatività, ma serve per dare un senso alle cose. Così se in Italia l'astensione fa gridare allo scandalo, nella Confederazione elvetica, culla della democrazia diretta, la partecipazione al 63% verrebbe considerata un buon risultato. Con ciò non si può certo sminuire la portata del fenomeno. Il calo dell'affluenza pone un interrogativo drammatico ai partiti, tanto più che il disincanto sconfina nel totale disinteresse. Ma d'altronde è difficile immaginare che possa crescere qualcosa di buono dopo anni di bunga bunga, processi, leggi ad personam e promesse mai mantenute.
LASCITO. Non per fare il verso a D'Alema, ma se il Pd, premiato dalla prima sfida con gli "alleati" di governo, vorrà davvero rappresentare la svolta rispetto all'indigesto inciucio delle larghe intese, dovrà non soltanto dire, ma anche fare qualcosa di sinistra. Dovrà quindi ricordarsi ogni giorno di essere la coscienza civile del Paese, così come lo sono stati don Puglisi, assassinato dalla mafia, e don Gallo, il prete dei poveri, entrambi depositari di un patrimonio umano, ideale, politico immenso e ricchissimo. Patrimonio che è poi anche un lascito morale a misura d'uomo a fronte di un sistema di potere che fa acqua da tutte le parti.
ARMA. I terroristi "fai da te" che hanno profanato Boston, Londra e Parigi sono come i seriali killer e gli stupratori la cui violenza non si spiega soltanto con il raptus o la follia omicida. Dormienti o in libertà provvisoria, essi sono tra noi e le loro motivazioni, gestite o meno da una regia occulta e perversa, rappresentano la nuova frontiera della prevaricazione che si alimenta alle bacate ideologie dell'estremismo religioso, in questo caso di matrice islamica. Ciò che le rende ancora più temibili è la capacità di condizionare le menti con relativa facilità e di trasformarle in un'arma sempre puntata da cui nessuno può considerarsi al riparo.
STELLE. Chi ha paura della storia? La domanda è sorta spontanea da quando si è saputo che la RAI sembra intenzionata a mandare in pensione La storia siamo noi, la trasmissione di Giovanni Minoli che provvedeva a ricordare al pubblico "come eravamo" senza ricorrere agli orpelli e alle cortine fumogene. Condotta con piglio giornalistico, serio e appassionato, la rubrica nei suoi dodici anni di esistenza ha prodotto un notevole sforzo di divulgazione culturale sulla storia dell'Italia e non solo. Oltre ai commenti, sempre calibrati, il corredo iconografico era di prima qualità, non fatto insomma per piacere a chi considera il confino una vacanza a cinque stelle.