giovedì 16 maggio 2013

Casto divo

Gli spettatori, checché ne pensino ad Arcore, non sono gonzi che si bevono tutto.

 

di Renzo Balmelli 

 

FLOP. In qualsiasi paese normale uno come Berlusconi sarebbe già stato mandato a casa da un pezzo e non se ne parlerebbe neanche più. In Francia Strauss-Kahn, che pure era potente, è stato spazzato via dallo scandalo in men che non si dica. L'anomalia tutta italiana consiste appunto nel continuare a dare credito a un personaggio che anziché lasciare un solo atto di governo degno di essere ricordato, passerà alla storia come il re dei party. Uno che militarizza l'ammiraglia delle sue televisioni per la propria autodifesa. Uno che in diretta promette aiuti a due povere donne, senza mai avere mantenuto una sola promessa fatta agli elettori. Uno che offende la memoria di Enzo Tortora con paragoni strampalati. Ma stavolta l'audience è stata impietosa. Il suo patetico show con la "nipotina" di Mubarak, oltre che mal fatto è stato un flop colossale. Gli spettatori, checché ne pensino ad Arcore, non sono gonzi che si bevono tutto.

 

DEGRADO. E' stato un gioco dissennato che fa leva su pericolosi cliché, l'arbitrario accostamento tra i programmi di integrazione di Cècile Kyenge e l'orrendo crimine di cui si è macchiato un clandestino africano a Milano. Un perfido tentativo di falsare il dibattito sul drammatico problema dell'asilo. Sia chiaro, nessuna attenuante potrà mai sminuire l'efferatezza del delitto, maturato in un clima di degrado che innestato su una mente deviata ha portato all'esplosione del delirio omicida. Ma non è col seminare paure inconsulte che si uscirà dal grumo di violenza urbana nel quale sono confinati gli immigrati, condannati a vegetare in un ghetto senza alcun contatto esterno, senza alcuna relazione sociale. Stranieri sono coloro che fanno il male a prescindere dalle origini, non chi si sforza di unire etnie e culture diverse. Il colore della pelle non centra.

 

DIVERSO. Alla Stampa di Torino lavora Massimo Gramellini, un signor giornalista che ogni settimana su RAITRE, ospite di Fabio Fazio, non perde occasione per dare voce a chi non ne ha. Nella rubrica che tiene sul suo giornale, il lettore è portato a conoscere persone e situazioni che altrimenti non troverebbero udienza. Vi si incontrano storie di vite vissute, segnate dalle privazioni, ma anche dalla determinazione di non farsi travolgere dai pregiudizi . Di riappropriarsi della propria dignità, ingiustamente calpestata da una concezione ancestrale della società. Tra i vari contributi di grande spessore umano, c'è chi gli scrive poiché crede in un Paese dove "una donna nata in Congo possa diventare ministro senza essere insultata". Dove la parola "diverso" non abbia solo connotazioni negative. Grazie a persone come Massimo Gramellini, in Italia si può. E di chi rema contro per partito preso non ce ne può importare di meno.

 

TEATRO. Pasternak replicava che la politica non gli diceva niente per una semplice ragione: non riesco ad amare le persone che sono insensibili alla verità. A volte osservandone le alterne vicende ci si trova in sintonia con l'autore del " Dottor Zivago". Sembra di assistere al teatro dell'assurdo. Un esempio. Scoprire quanto c'è di vero nelle voci su Angela Merkel e le sue frequentazioni filo-comuniste ai tempi della Germania est è materia scottante a Berlino. Non meno delle insinuazioni stando alle quali pare che la cancelliera tedesca non fosse una sostenitrice incondizionata della riunificazione, preferendole un socialismo democratico in una DDR autonoma. Quasi una bestemmia dopo la caduta del Muro. Ovviamente fioccano le smentite indignate a difesa dell'immagine della Merkel, CDU a tutto tondo, dama di ferro dell'UE, incrollabile paladina del rigore, di qua e di là. Che è poi il suo merito, ma anche il suo limite. A prova di smentite!

 

GIUSTIZIA. Ci risiamo. Dopo la severa requisitoria della Boccassini è ricominciata la sarabanda della destra. E per l'Italia si prospettano altre sofferenze. Se qualcuno si era illuso che il governo delle larghe intese coincidesse con l'inizio di un clima di pacificazione in cui la giustizia potesse finalmente seguire il suo corso nomale senza cadere in ostaggio dell'ex premier, ha dovuto ricredersi molto in fretta. Questo non molla per nessuna ragione, neanche a costo di tenere bloccato il Paese come d'altronde ha fatto negli ultimi vent’anni per fuggire dai suoi guai giudiziari. E che i suoi ministri si facciano vedere nella bolgia di Brescia a sfilare contro le istituzioni che in virtù del giuramento fatto al Quirinale dovrebbe essere i primi a tutelare, la dice lunga sulle difficoltà che l'esecutivo di Letta incontrerà sul suo cammino, tutto in salita.