giovedì 21 marzo 2013

Se l'UE fallisse

di Renzo Balmelli 


OMBRE. Se un giorno per somma sventura l'UE fallisse, sarebbe come azzerare progresso e democrazia. Per usare le parole di Moni Ovadia,"è allarmante constatare che passo dopo passo l'ideale di un'Europa unita, terra di diritti, di uguaglianza e fraternità si sta progressivamente disgregando e rischia l'implosione". Tra gli spasmi della crisi e i lacci della burocrazia, ricompaiono le ombre del passato, l'antisemitismo di ritorno, la demonizzazione degli immigrati, le inquietanti derive filo naziste, ennesima conferma del vecchio assunto secondo il quale l'unica cosa che l'uomo impara dalla storia è che non impara nulla dalla storia.


ANALFABETI. Alla fine della guerra furono in molti a dichiararsi sostenitori della Rosa Bianca, ma in realtà nella Germania ciecamente asservita alle bacate ideologie hitleriane la resistenza sul piano interno fu poca cosa rispetto all'enormità della tragedia. Rivedere il film dedicato a questo gruppo di giovani oppositori non violenti attivi a Monaco e condannati alla ghigliottina, mette addosso un senso di sgomento che il passare degli anni non ha contribuito ad attenuare. Il bieco, pedantesco e mortale formalismo dei giudici con la svastica ci ammonisce che contro l'analfabetismo delle dittature si arriva sempre troppo tardi.


OSTACOLI. Cade quasi a ridosso della Pasqua, ma alte sono le probabilità che sia poco festoso il clima della prima visita di Obama in Israele e nei territori palestinesi. Con gli occhi del mondo puntati su di lui, il capo della Casa Bianca proverà a rilanciare il dialogo tra le parti, ma la diffidenza di Gerusalemme e l'ostilità del mondo arabo in pieno subbuglio paiono in apparenza ostacoli insormontabili. Il rischio di tornare a casa a mani vuote esiste. Il Presidente ne era d'altronde consapevole e non per nulla ha atteso il secondo mandato, a rielezione avvenuta, per affrontare una missione in cui sarà chiamato a dare il meglio di se per onorare il Nobel della pace.


BARATTI. Sembrava un quadretto della Chicago anni trenta quando Silvio si è fatto vedere con gli occhiali scuri. Poco prima nei suoi giornali erano apparsi giudizi infamanti sulle eccellenti personalità al d sopra di ogni sospetto chiamate a guidare Camera e Senato. Da cartellino rosso. Ma ormai la credibilità della destra è a zero, tanto da proporre baratti indecenti per una poltrona, quella del Quirinale, che richiede invece doti di altissimo profilo morale. Dialogare si può, certo, ma non con i diktat dei berlusconiani, anche perché fin quando hanno governato loro i risultati per l'Italia sono stati catastrofici. Impresentabili? Quanto meno, inaffidabili.


SINONIMI. Cambiare si può nell'Italia di Luciana Boldrini e Piero Grosso, simboli di una società che rifiuta lo stato delle cose e diserta lo spettacolo tutt'altro che francescano proposto da isterici newcomer e da chi si attacca al potere come la cozza allo scoglio. Sono altre adesso le parole che arrivano al cuore di milioni di cittadini offesi da un sistema che per un ventennio ha contrapposto al buon governo una imbarazzante sequela di intrallazzi, escort e conflitti di interesse. Dopo una lunga traversata del deserto, finalmente solidarietà, legalità e giustizia da ricostruire riaccendono la speranza e il sogno, i due quasi sinonimi che tengono vivo il Paese, nonostante tutto.


SUBITO. Non c'è tempo da perdere. Non ce n'è più. E' ora di mandare in soffitta il politichese , rimboccarsi le maniche e fare subito un governo serio e responsabile, senza inciucioni con chi ha largamente demeritato. Il Paese va a rotoli e nel Mezzogiorno d'Italia, che langue nell'immobilismo, c'è il rischio di finire come Cipro. Una famiglia su cinque è povera, quattro su dieci sbarcano a malapena il lunario, il mercato del lavoro si deteriora ulteriormente. Nella loro crudezza, i dati del CENSIS evidenziano una situazione insostenibile, peggiore della Grecia, in cui per mancanza di alternative il peggior sottobosco mafioso finisce col trovare un facile terreno di coltura, carico di insidie.


SVOLTA. Come una voce dal sen fuggita, le frettolose congratulazioni ad Angelo Scola, entrato e uscito cardinale dal Conclave, oltre che un clamoroso infortunio, sono state la spia dei sentimenti controversi che nella CEI accompagnano la svolta globale del Vaticano. Contro la prospettiva di un Pontefice italiano hanno giocato parecchie considerazioni, non ultima l'appoggio alla destra berlusconiana che ha fatto arricciare il naso a molti porporati anche a livello internazionale. Solo un compromesso gattopardesco avrebbe potuto mutare il corso del Conclave, ma nella Chiesa povera e misericordiosa di Papa Francesco pare non ci sia posto per manovre d'antan ormai alla frutta, anche se servirà molta pazienza per rimuovere le incrostazioni delle vanità terrene.

 

giovedì 14 marzo 2013

Congiuntivite di Stato

 

Le sfide eversive - insegna la storia - si sa come cominciano, mai come finiscono.


di Renzo Balmelli 


FINALE. Evoca spiacevoli ricordi la sgangherata "marcia purificatrice" della destra contro i simboli della giustizia. Le sfide eversive - insegna la storia - si sa come cominciano, mai come finiscono. Che la congiuntivite diventi un affare di stato, mentre l'Italia soffre la crisi, significa perdere il senso delle proporzioni e della decenza in un clima surreale, al limite dell'assurdo. Comprensibile il disappunto di Napolitano. L'assalto del Pdl alle istituzioni per difendere l'indifendibile è l'ennesimo oltraggio fatto al Paese dall'infausta era berlusconiana nel disperato tentativo di sfuggire all'ineluttabile finale di partita del regno di Arcore.

 

PROFILO. Il fine giustifica i mezzi. Nel pensatoio del Cav ci mancava anche l'elogio dell'immoralità per completare il quadro già dimesso di un Paese in grosse difficoltà. Non è difficile immaginare lo stato d'animo di donne e giovani che per la prima volta sono parte cospicua del Parlamento al cospetto del "scilipotismo" dilagante. E' su di loro comunque che i cittadini fanno affidamento per tornare a una normalità virtuosa. L'Italia è in una condizione difficile, certo, ma anche stimolante, se l'ipotesi di un governo di "alto profilo" riuscirà a indicare l'alba di un nuovo giorno dopo lo squallore del Rubygate.

 

SOGNI. Abbiamo tutti in mente il volto di James Stewart che in Mr. Smith va a Washington, film manifesto di Frank Capra, resta alla tribuna 24 ore di seguito per non darla vinta ai politici avidi e maneggioni. L'attore che interpreta un giovane onesto, lontano dagli intrighi, ha trovato un tardivo emulo in quel senatore americano che giorni fa ha deciso di parlare fino allo sfinimento per la sua causa. James Stewart alla fine sviene, ma vince la battaglia della legalità. Il suo alter ego odierno, invece, si è arreso alla fatica. Come nel film si può scegliere: credere nel finale oppure ammettere che molti sogni purtroppo muoiono all'alba.

 

INCIVILTÀ. Con un "lei non sa chi sono io" che sprizzava arroganza da tutti i pori una signora della cosiddetta società "bene" di Milano ha apostrofato un infermiere corso in aiuto per salvare un malato. La dama, tutto fuorché grande, era al volante di una fuoriserie e pretendeva con toni perentori che l'ambulanza si spostasse mentre l'infermo veniva caricato sulla barella. Con gli occhi fuori dalle orbite ha minacciato di denunciare chi le faceva perdere alcuni istanti del suo tempo prezioso. Forse stava correndo dall'estetista. Un episodio di ordinaria inciviltà che svela parecchie cose sull'insolenza di un certo tipo di potere.

 

DISPETTI. Nel 1982 quella delle Falkland-Malvinas tra Londra e Buenos Aires fu una drôle de guerre senza capo né coda, mezza farsa e mezza tragedia. Poco convincente è stato il referendum che ora ha sancito l'appartenenza delle isolette al Regno Unito. Esito scontato, visto che gli abitanti hanno tutti il passaporto britannico. Se 31 anni fa la dittatura militare argentina mostrava i muscoli per ritardare la sua caduta e Margaret Thatcher ridava fiato alle ambizioni post imperiali dei conservatori britannici, oggi i rispettivi governi, incuranti del ridicolo, si guardano ancora in cagnesco tra scaramucce e dispetti mestamente congelati nel tempo.

 

PERDUTO. Roma sconvolta dall'arrivo di Gesù: è la trama di un libro appassionante e provocatorio dello studioso spagnolo Juan Maria Laboa. L'autore cerca di immaginarsi lo smarrimento del Cristo che, ridisceso sulla terra, non ci si raccapezza più e si sente perduto per ciò che gli tocca vedere. Il tema è antico e attualissimo alla luce delle dimissioni di Ratzinger che hanno moltiplicato le attese per una Chiesa che torni alle origini pastorali e abbandoni il potere temporale. Proprio come l'auspicio espresso dal barbone romano intervistato all'apertura del Conclave: "Voglio un Papa povero che capisca i poveri".

 

martedì 12 marzo 2013

Clausewitz

La guerra è nulla più che la prosecuzione della diplomazia con

altri mezzi. Difatti gli uomini continuano a spararsi addosso.


di Renzo Balmelli 


PROIETTILI. Se von Clausewitz tornasse, avrebbe la conferma che talune sue intuizioni erano azzeccate quando affermava che la guerra non è nulla più che la prosecuzione della diplomazia con altri mezzi. Difatti gli uomini continuano a spararsi addosso. Sono soltanto cambiati i mezzi. Ora gli ordigni sono molto più sofisticati delle cannoniere, ma ammazzano come e più di prima. In aggiunta vi è un'arma tanto silenziosa quanto efficace: i computer con i quali dati e notizie usati in un certo modo diventano proiettili. Col terzo millennio è iniziata l'era della guerra cibernetica affidata a un esercito di hacker addestrati negli attacchi informatici in tutto il mondo. Cina e Stati Uniti sono già ai ferri corti per questa corsa alla supremazia di nuovo tipo che potrebbe causare danni devastanti alla rete dei siti sensibili.


TRAMONTO. C'era una volta la "nobiltà nera" romana, rocciosa guardiana della tradizione alla corte pontificia, nonché protagonista delle cronache mondane e di alcune scene nei film di Fellini. Dello splendore gentilizio sono rimasti sbiaditi ricordi di cui rivive l'eco lontana nelle dimore avite dove i saloni si perdono a vista d'occhio. Sparito da tempo il suggestivo apparato barocco del cerimoniale, confinata nel museo la sedia gestatoria, anche la rinuncia di Benedetto XVI - come osserva il Corriere - ha disorientato le grandi famiglie aristocratiche travolgendole con l'impeto di "uno spartiacque profondo, traumatico, quasi insondabile". A loro dire quel gesto equivale al tramonto definitivo di un'epoca che difficilmente ritroverà l'antico splendore in un Conclave su cui si addensa l'ombra degli scandali e che ha ben altro a cui pensare.


ORO. Putin non farà come i cercatori che si spezzavano la schiena nel Klondike. Il presidente russo i lingotti li compera all'ingrosso per rimpolpare i caveau segreti di Mosca di cui già si favoleggiava alla corte degli zar e sotto il comunismo. E' una scelta in controtendenza rispetto ai maggiori centri finanziari che invece sono inclini a sbarazzarsi delle riserve aurifere in eccedenza. Chi è in vena di reminiscenze letterarie per capirci qualcosa potrà ispirarsi a Nastasya, l'eroina de L'Idiota, che per sfida gettava centomila rubli nel camino. Anche il leader del Cremlino avrà pensato che le banconote bruciano in fretta, mentre il metallo giallo è indistruttibile. Quanto sia vero però è tutto da dimostrare. La mitica età dell'oro sinonimo di abbondanza non è mai realmente esistita se non nei racconti come tema popolare di tipo leggendario.


CLANDESTINO. Nel mondo ci sono altri problemi. Bambini falcidiati dalla fame, violenze e prevaricazione. Ciò malgrado, non si esaurisce l'onda lunga dello sdegno per l'orso ucciso in Svizzera a sangue freddo. Quasi a voler smentire quell'iconoclasta di un Oscar Wilde (più conosco gli uomini, più amo le bestie), l'alzata di scudi degli umani non ha conosciuto frontiere. Nella Confederazione un deputato della destra ultra nazionalista, al colmo dell'indignazione, ha addirittura violato i sacri vincoli del patriottismo lasciandosi andare a giudizi infamanti sul suo Paese. Ciò che il povero plantigrado non sapeva era di essere un clandestino sconfinato senza documenti e quindi sottoposto a rigide restrizioni nella libertà di movimento. E la sua impertinenza gli è costata caro. Ora però nelle sue peregrinazioni lungo le vallate celesti saprà di non essere solo.


CHICCA. Tra i vari protagonisti dei fumetti, Topolino è probabilmente il personaggio che ha dato vita al maggior numero di interpretazioni critiche sul suo universo e, quindi, di riflesso, su quello del suo creatore, il discusso, controverso e geniale Walt Disney. Qualcuno ha detto che su Topolino si è scritto più che sui filosofi della scuola di Francoforte. Il ritratto che ne viene fuori non potrebbe essere più frastagliato: democratico, ma anche "fascista", politicamente scorretto, ma anche correttissimo. La discussione è destinata a ravvivarsi con l'arrivo di una vera chicca edita da Rizzoli: le primissime strisce firmate da Floyd Gottfredson, il grande disegnatore che decretò la fama di Mickey Mouse quando ancora non era una figura ben definita. Gli appassionati sperano tuttavia che

 

domenica 10 marzo 2013

Clausewitz

La guerra è nulla più che la prosecuzione della diplomazia con

altri mezzi. Difatti gli uomini continuano a spararsi addosso.

di Renzo Balmelli

PROIETTILI. Se von Clausewitz tornasse, avrebbe la conferma che talune sue intuizioni erano azzeccate quando affermava che la guerra non è nulla più che la prosecuzione della diplomazia con altri mezzi. Difatti gli uomini continuano a spararsi addosso. Sono soltanto cambiati i mezzi. Ora gli ordigni sono molto più sofisticati delle cannoniere, ma ammazzano come e più di prima. In aggiunta vi è un'arma tanto silenziosa quanto efficace: i computer con i quali dati e notizie usati in un certo modo diventano proiettili. Col terzo millennio è iniziata l'era della guerra cibernetica affidata a un esercito di hacker addestrati negli attacchi informatici in tutto il mondo. Cina e Stati Uniti sono già ai ferri corti per questa corsa alla supremazia di nuovo tipo che potrebbe causare danni devastanti alla rete dei siti sensibili.

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TRAMONTO. C'era una volta la "nobiltà nera" romana, rocciosa guardiana della tradizione alla corte pontificia, nonché protagonista delle cronache mondane e di alcune scene nei film di Fellini. Dello splendore gentilizio sono rimasti sbiaditi ricordi di cui rivive l'eco lontana nelle dimore avite dove i saloni si perdono a vista d'occhio. Sparito da tempo il suggestivo apparato barocco del cerimoniale, confinata nel museo la sedia gestatoria, anche la rinuncia di Benedetto XVI - come osserva il Corriere - ha disorientato le grandi famiglie aristocratiche travolgendole con l'impeto di "uno spartiacque profondo, traumatico, quasi insondabile". A loro dire quel gesto equivale al tramonto definitivo di un'epoca che difficilmente ritroverà l'antico splendore in un Conclave su cui si addensa l'ombra degli scandali e che ha ben altro a cui pensare.

ORO. Putin non farà come i cercatori che si spezzavano la schiena nel Klondike. Il presidente russo i lingotti li compera all'ingrosso per rimpolpare i caveau segreti di Mosca di cui già si favoleggiava alla corte degli zar e sotto il comunismo. E' una scelta in controtendenza rispetto ai maggiori centri finanziari che invece sono inclini a sbarazzarsi delle riserve aurifere in eccedenza. Chi è in vena di reminiscenze letterarie per capirci qualcosa potrà ispirarsi a Nastasya, l'eroina de L'Idiota, che per sfida gettava centomila rubli nel camino. Anche il leader del Cremlino avrà pensato che le banconote bruciano in fretta, mentre il metallo giallo è indistruttibile. Quanto sia vero però è tutto da dimostrare. La mitica età dell'oro sinonimo di abbondanza non è mai realmente esistita se non nei racconti come tema popolare di tipo leggendario.

CLANDESTINO. Nel mondo ci sono altri problemi. Bambini falcidiati dalla fame, violenze e prevaricazione. Ciò malgrado, non si esaurisce l'onda lunga dello sdegno per l'orso ucciso in Svizzera a sangue freddo. Quasi a voler smentire quell'iconoclasta di un Oscar Wilde (più conosco gli uomini, più amo le bestie), l'alzata di scudi degli umani non ha conosciuto frontiere. Nella Confederazione un deputato della destra ultra nazionalista, al colmo dell'indignazione, ha addirittura violato i sacri vincoli del patriottismo lasciandosi andare a giudizi infamanti sul suo Paese. Ciò che il povero plantigrado non sapeva era di essere un clandestino sconfinato senza documenti e quindi sottoposto a rigide restrizioni nella libertà di movimento. E la sua impertinenza gli è costata caro. Ora però nelle sue peregrinazioni lungo le vallate celesti saprà di non essere solo.

CHICCA. Tra i vari protagonisti dei fumetti, Topolino è probabilmente il personaggio che ha dato vita al maggior numero di interpretazioni critiche sul suo universo e, quindi, di riflesso, su quello del suo creatore, il discusso, controverso e geniale Walt Disney. Qualcuno ha detto che su Topolino si è scritto più che sui filosofi della scuola di Francoforte. Il ritratto che ne viene fuori non potrebbe essere più frastagliato: democratico, ma anche "fascista", politicamente scorretto, ma anche correttissimo. La discussione è destinata a ravvivarsi con l'arrivo di una vera chicca edita da Rizzoli: le primissime strisce firmate da Floyd Gottfredson, il grande disegnatore che decretò la fama di Mickey Mouse quando ancora non era una figura ben definita. Gli appassionati sperano tuttavia che la politica non interferisca in questo spazio di spensieratezza.

lunedì 4 marzo 2013

Un bel groviglio

Tocca ora a Napolitano sbrogliare la matassa, e questa volta l'inquilino del Quirinale dovrà dare fondo a tutta la sua saggezza

di Renzo Balmelli 

MATASSA. Se i partiti e la politica intendevano fare un regalo avvelenato al Presidente Napolitano ci sono riusciti in pieno. Alla fine del suo mandato il Capo dello Stato, al quale in questi anni non è stato risparmiato nulla dai turbolenti attori della vita istituzionale, si trova fra le mani una patata bollente che non si vorrebbe augurare nemmeno al peggior nemico. Tocca a lui sbrogliare la matassa, e questa volta l'inquilino del Quirinale dovrà dare fondo a tutta la sua saggezza, di cui ha già fornito svariate prove, per evitare che il Paese faccia la fine della Grecia dopo lo tsunami delle elezioni. Ed è inutile ripetere che se Grillo ha sbancato il tavolo, se l'ex premier è risorto, se l'impresentabile Razzi vince in Abruzzo, il problema sono gli italiani, non loro. In democrazia il voto si accetta. Tutt'al più è doveroso chiedersi come mai tanti elettori diano fiducia a chi spaccia soltanto illusioni. Boh!

 

OSTAGGI. Poteva essere davvero, come auspicava Nanni Moretti, l'occasione di liberare 60 milioni di ostaggi. Liberarli dal sortilegio del Cavaliere. Sarà per la prossima volta. Ora il risultato, purtroppo, è quello che è: brutto. Il verdetto delle urne anziché cambiare la storia ha fermato il tempo. Arrivata al giro di boa, l'Italia si avvia mestamente se non verso la totale ingovernabilità, di sicuro verso una governabilità fragilissima e senza prospettive, stretta tra due fuochi: o l'esecutivo di larghe intese, o chiusa nella morsa del pericoloso populismo/qualunquismo in confezione doppia della "premiata" ditta Berlusconi/Grillo. E siamo di nuovo al punto di chiederci quando la sinistra imparerà a non farsi male nonostante i pronostici favorevoli. "Smacchiare il giaguaro" è senz'altro uno slogan simpatico, ma niente più. Per vincere ci vuole altro!

 

PANCIA. Nella sua smania di grandezza voleva tutto: il campionato, il derby, la champions, il ministero dell'economia, i magistrati genuflessi, il Paese ai suoi piedi. Alla fine del suo " grand tour", tranne qualche escort ormai un po' sfiorita, non gli resta che la "Grosse Koalition" in salsa romana, non per salvare il Paese, ma se stesso. Nel tendere la mano al Pd per un progetto che fino a ieri era considerato dai suoi un oltraggio, si intravvede il disperato tentativo di salvare il sistema col quale ha portato l'Italia sull'orlo del baratro. Ciò dimostra che la sua stagione da premier è finita, ma non la sua diabolica capacità di parlare alla pancia della gente, di drogarla, e quindi di bloccare qualsiasi riforma che possa andare contro i suoi interessi. La sinistra non dovrebbe commettere l'errore imperdonabile di abboccare all'amo dell'inciucio.

 

ANGOSCIA. Per l'Europa l'esito delle elezioni italiane è il peggiore che poteva esserci. Il fatto che non ci sia una maggioranza e quindi nemmeno un interlocutore con cui parlare è motivo di forti inquietudini a Bruxelles tanto più che il voto segna una rivolta proprio contro l'UE, i suoi programmi, le sue ambizioni. A preoccupare è il fatto che quasi la metà degli elettori abbia votato per i partiti dall'aggressivo anti-europeismo tipico dei leghisti, dei grillini, ma fatto suo anche da Berlusconi a caccia di consensi a buon mercato. Il passaggio del testimone da un clown a un comico, nonché l'ipotesi del voto anticipato non fa che aumentare il timore che Roma finisca nella zona d'ombra di un prolungato periodo di incertezza. Sulle due sponde dell'Atlantico l'impasse dell'Italia, cioè di un grande Paese e ottava potenzia industriale, é un enorme punto interrogativo e un motivo di angoscia.

 

CULTURA. Se il cinema è lo specchio di una nazione, agli Oscar il volto dell'Italia non si è visto per niente. Spiegare le ragioni di questo lungo passaggio a vuoto non è facile e l'esito delle elezioni non aiuta a migliorare il quadro. Indubbiamente la sovrana indifferenza della destra verso la cultura ha avuto un ruolo non secondario. Ma anche la sinistra troppo distratta sull'argomento ha le sue responsabilità. Sul piano creativo lascia invece sconcertati l'assenza di un dibattito approfondito su quello che un tempo era il fiore all'occhiello del "made in Italy" e oggi rivive solo nelle appassionate e un po' malinconiche citazioni di Tarantino. Forse servirebbe un nuovo neo realismo, ma non pare che in giro vi sia la volontà di recuperare quella grande lezione. In alternativa si servono originali televisivi sempre più simili a scipiti fotoromanzi strappalacrime che esimono dal pensare.