martedì 19 febbraio 2013

Si è dimesso!?

Solo il tempo dirà cosa abbia voluto dire realmente un gesto che si configura come spia del disagio.

di Renzo Balmelli 

SCONCERTO. Secondo la vox populi il Pontefice non scende mai dalla croce. Se dopo sei secoli dall'ultima volta in cui accadde, l'attuale Vicario di Cristo si dimette è comprensibile lo sconcerto del mondo cattolico. Credenti o no, sono in molti a chiedersi cosa si celi, a parte il declinante vigore, dietro la rinuncia di Benedetto XVI, un Papa defilato e refrattario alle scelte clamorose. Solo il tempo dirà, al di là del felpato linguaggio curiale, cosa abbia voluto dire realmente un gesto che sempre più si configura come la spia del disagio nel governare la barca di San Pietro in acque solcate da scandali e complotti. Nell'annunciare che si ritira per il bene della Chiesa, il teologo di Ratisbona sembra segnalare il desiderio di lasciare un segno con un gesto di novità su un Pontificato difficile e che ha visto fallire il tentativo di comporre i conflitti forse insanabili tra la libertà dei moderni e il dogmatismo dei tradizionalisti.


FUMATA. A prescindere da qualsiasi altra considerazione, le dimissioni del Papa sono un evento mediatico di grossa rilevanza. Passato lo stupore iniziale, è scattata la scintilla che si riaccende ogni volta: chi sarà il successore? Nei giorni e nelle settimana a venire i fari dell'attualità resteranno puntati sulla Santa Sede per carpire ogni possibile indiscrezione sul toto-Papa. Potenza delle moderne tecniche di comunicazione, che ormai aprono squarci sempre più vasti anche nelle segrete stanze del Vaticano, stavolta la preparazione al Conclave non ha avuto tempo di sedimentarsi tra il discreto fruscio delle tonache cardinalizie. Col nome dell'eletto si vedrà presto in quale direzione si muoverà la Chiesa, se saprà cogliere la spinta del rinnovamento al passo coi tempi, o se invece continuerà ad adagiarsi nel solco della tradizione. Non resta che attendere la fumata bianca, magari a Pasqua, giorno della Resurrezione.


PING-PONG. Mentre la Corea del nord minaccia la distensione con le sue armi nucleari, il pensiero corre a Zhuang Zedong, un nome divenuto famoso nei primi anni settanta del secolo scorso. Fu difatti anche grazie a lui se il braccio di ferro tra l'America e la Cina, ormai prossimo a esplodere, si fermò prima dell'ora ics. Fuoriclasse del tennis da tavolo, l'atleta cinese ai mondiali del 1971 a Pechino regalò una sciarpa al collega americano Glenn Cowan rimasto appiedato. Quel piccolo, grande gesto di amicizia aprì uno spiraglio nel muro delle ostilità dando il via alla "diplomazia del ping-pong" che contribuì a cambiare il corso della guerra fredda. Dopo avere attraversato da protagonista tutte le peripezie della Rivoluzione culturale, Zhuang Zedong è morto in questi giorni a 73 anni, ricordato come colui che a modo suo, dando una spallata all'ottusa burocrazia del sistema, tenne in piedi il fragile equilibro della pace.


BAMBOLE. Se ormai non vi sono più parole per biasimare i siparietti sessisti del Cavaliere, per contro lascia letteralmente esterrefatti il comportamento del pubblico che ride e batte le mani ad ogni battuta sconcia. Ne viene fuori un preoccupante spaccato dell'Italia Berlusconi -dipendente che in questa campagna surreale lo acclama a prescindere, anche quando tratta le donne come bambole gonfiabili. Alla bisogna il Cavaliere sarebbe disposto a dichiararsi marxista-leninista e i suoi lo accoglierebbero con una marea di bandiere rosse. Di cosa può ancora essere capace si è visto d'altronde nella memorabile imitazione che ne ha fatto Maurizio Crozza a Ballarò: "Mi davano tutti per morto, ho sparato tre o quattro cazzate, ho detto Mussolini, Imu e Ballotelli e ora sono al venti percento. Tu pensa come è bello questo paese". Era satira, ma sembrava una rappresentazione dal vero.


SFIDUCIA. Molti più indizi di quanti occorressero ad Agatha Christie per individuare il colpevole inducono a credere che ora del 24/25 febbraio se ne vedranno delle belle. Da una corsa alle urne diventata ormai lo spettacolo più pazzo e sconcertante del mondo, stanno uscendo segnali poco rassicuranti circa il rischio che il Paese ripiombi nel limbo dell'ingovernabilità. Che è poi quanto spera la destra per farsi i comodi suoi. Accompagnano e sorreggono questa percezione i dati inoppugnabili dell'Eurispes, l'irreprensibile e vigilante osservatore dello stato di salute civica degli italiani. Orbene, la misurazione del livello di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni secondo gli ultimi dati è sensibilmente peggiorato. Alle prossime elezioni è in palio il futuro dell'Italia che non va consegnato a forze irresponsabili. Purtroppo delusione e sfiducia non aiutano a migliorare.


CANZONETTE. "Mais où sont les festival d'antan", verrebbe da dire storpiando il famoso verso di Francois Villon. Già, che fine hanno fatto quelle liete serate di canzonette in libera uscita, tutto cuore e amore, rilassanti e piacevolmente innocue. Sparite. Come prima, anzi più di prima per la sovrapposizione delle date, nella manifestazione arcitaliana e nazional popolare per eccellenza ha fatto irruzione la politica. Vi arriva nella scia della ben poco gioiosa macchina da guerra del Pdl che tormentato dai fantasmi ideologici immagina l'Ariston trasformato nel Festival dell'Unità . Non si giunse a tanto nemmeno quando si paventavano le non irreggimentabili battute di Celentano e Benigni. Certo che se un partito teme l'effetto magari anche trasgressivo di uno spettacolo canoro, è evidente che è miseramente a corto di argomenti per ambire a guidare il Paese.


INCROCI. Cento anni portati benissimo. Il cruciverba, il re dei giochi enigmistici, taglia il traguardo del secolo di vita senza mostrare nemmeno una ruga. Da quando nel 1913 l'inglese Arthur Wynne pubblicò il primo schema sull'edizione domenicale del quotidiano americano "New York World", il fascino delle parole crociate è rimasto immutato, a dispetto delle nuove tecnologie e delle alternative multimediali. Quando se ne ha fin sopra la testa della politica e dell'assurdo teatrino dei vecchi tromboni, cimentarsi con i rompicapo escogitati dagli autori è un esercizio salutare che libera la mente. In Italia, paese che ha sviluppato una grande tradizione in questo campo, si possono incontrare le raffinate definizioni tipo " la città delle donne perse" con le quali dalle pagine della "Settimana enigmistica" Stefano Bartezzaghi, enigmista e scrittore, mette puntualmente alla prova i solutori.