venerdì 20 novembre 2009

Retromarce di civiltà

 
La magra messe di risultati della FAO a Roma e la decisione di declassare il prossimo summit di Copenaghen sull'ambiente per mancanza di tempo, ci appaiono brutali retromarcia di civiltà

di Renzo Balmelli 
REALPOLITIK. All'infuori della fame, dei diritti umani e l'ambiente, tre temi universali strettamente connessi, nel terzo millennio non dovrebbero sussistere altre ragioni per armarsi e partire in guerra. Armarsi di buona volontà, s'intende, per una guerra pacifica. Gli altri moventi sono grandi idiozie al servizio della vanità e della smania di potere. Purtroppo sono quest'ultimi a prevalere. Quanto siano fragili i fronti e le risorse lo ha evidenziato d'altro canto il vertice della FAO che ha proposto un orizzonte desolante fitto di impegni generici, ma povero di mezzi per frenare il flagello della fame. Attorno a noi c'è un pianeta che soffre e urla per la denutrizione e dove per la prima volta il numero delle persone senza cibo ha superato il miliardo. Obama, presidente di buone letture , non ha atteso i corsi e ricorsi storici per provare a rifondare gli equilibri globali su cui si sta giocando il futuro del mondo. L'azione ha pero' i suoi limiti. Ci sono tributi da pagare agli interessi interni e alla ferrea legge della Realpolitik dai quali neanche Cina e Stati Uniti, i due colossi intenzionati a escludere dalle loro relazioni lo scenario della contrapposizione tra superpotenze, riescono a smarcarsi con profitto. Sui diritti umani, che non figurano in nessuna agenda dell'Impero di Mezzo, si evitano prese di posizione troppo nette che possano creare tensioni. Quanto alla decisione di declassare il prossimo summit di Copenaghen sull'ambiente per mancanza di tempo, invero un pretesto difficile da accettare, è una retromarcia brutale che raffredda le speranze di chi confidava in una svolta salvifica.

INDIGNAZIONE. Poveretto: chissà se lontano dal comodo lettone di Putin, mentre sproloquiava di complotti e alleati emuli di Bruto, qualcuno ha detto al premier che l'Italia non inizia ne finisce con i suoi guai. E che esistono cose piu' importanti di cui occuparsi. Ormai le sue notti il Cavaliere le trascorre con avvocati ed esperti di finanza per trovare il modo di sfilarsi dai processi. Assorbito dalla sua ossessione, gli resta davvero poco tempo per governare, tanto che il suo silenzio sui veri problemi del paese sta diventando imbarazzante. Quanto al gelo che corre nei rapporti pressoché inesistenti tra Palazzo Chigi e il Colle a causa del corto circuito politica-giustizia, è un'anomalia che la dice lunga sullo " stato di eccezione" in cui versa la democrazia da quando spadroneggia la destra. Secondo Roberto Saviano, uno che se ne intende, il cosidetto " processo breve" , un ddl non aggiustabile, accentua il rischio che il diritto possa distruggersi diventando uno strumento solo per i potenti. D'altronde anche la rabbia della Finocchiaro, che ha lanciato il testo contro il muro , rifletteva un diffuso e condivisibile sentimento di indignazione per l'ennesimo " golpe" strisciante contro la giustizia.

SANTO. Nasce il nuovo soggetto politico di Rutelli e le gerarchie ecclesiastiche sognano a occhi aperti. C'è sempre la Dc nel loro cuore e chissà che non sia la volta buona per la rinascita di un sistema consociativo che nei tempi di maggior splendore dalle sacrestie arrivava fino ai vertici dello Stato. Se la benedizione non è ancora solenne, l'apprezzamento rivolto all'Allenza per l'Italia ( attenti a evitare confusioni con l'altra Alleanza) è piu' che tangibile. Ormai tra la Curia e Arcore il calore di una volta si è spento. Troppe festicciole fanno male al decoro. Oltretevere, dove si ragiona sul lungo termine, la strategia parte dal presupposto che il dopo-Berlusconi sia già iniziato. In alternativa, nel calendario mondano del Vaticano, serve una nuova classe dirigente cattolica per costruire un partito del 15 percento. In quest'ordine di idee , gli esperti della Curia mostrano di apprezzare il movimento dell'ex sindaco di Roma che ha l'ambizione di intercettare i moderati. A tal proposito non poteva trovare conclusione piu' indovinata il columnist dell' Espresso: centro santo, subito!
DERIVA. Il Cavaliere è un asso nell'aggiustare i sondaggi. Cio' non di meno, da qualche settimana per la maggioranza i rilevamenti sono un po' come la canzone di Celentano, in cui il treno al contrario dei desideri va. La fiducia nel governo è in calo, PdL e premier marciano sul posto e nella coalizione si respira un clima da resa dei conti che l'affondo calcolato di Renato Schifani a proposito di elezioni anticipate ha reso ancor piu' esplicito. Probabilmente è ancora presto per considerare il discorso del presidente del Senato come un "certificato di morte" dell'esecutivo. Ma le reazioni scomposte di Berlusconi equivalgono a dire che la destra ha grossi problemi nel rispettare il patto con gli elettori. Ormai il Cavaliere non governa piu' e mena soltanto fendenti contro gli avversari e quella parte di alleati che si dimostranto sempre piu' insofferenti al ricatto del pensiero unico. Nell'autocrazia del sultano, plebiscitaria e illiberale, si cristallizza il male incurabile che affligge questa coalizione, fatalmente ingabbiata nella macelleria costituzionale delle " ghedinate" e dei Lodi su misura. In queste condizioni nocive per il paese, è diffficile dire come si concluderà l'ennesima sceneggiata politica inflitta all'Italia dagli attori di un perverso intreccio di interessi ad personam. Giuliano Ferrara, l'esegeta piu' fine di Silvio, si è chiesto se il berlusconismo non abbia un futuro alle sue spalle. Ammesso e non concesso che abbia mai avuto davvero un serio progetto innovativo, lo stillicidio di questi ultimi giorni, consumato nell'atmosfera morbosa e febbricitante quasi da fine impero, sembra escludere l'efficacia di un altro " predellino" per invertire la deriva del modello di Arcore.