martedì 19 febbraio 2019

Chi si accontenta gode?

 di Renzo Balmelli

 

DELUSI. Per dirla con un vecchio adagio, chi si accontenta gode. Però col rischio di non goderne mai e di restare delusi. Dopo la tornata elettorale in Abruzzo è quanto potrebbe accadere alla sinistra che dalle urne è uscita ancora zoppicante. Però è presto per capire se queste regionali faranno tendenza. Il numero dei votanti è troppo esiguo per essere un test nazionale. Certi segnali tuttavia parlano chiaro. La strada è ancora lunga prima di riuscire a riconquistare l’elettorato nauseato dai litigi e che si è lasciato ammaliare dalla facile demagogia di destra, come accadeva ai marinai stregati dalle sirene della Loreley. Le prossime verifiche saranno in Sardegna, Basilicata e Piemonte, ma soprattutto in Europa. A meno di miracoli, merce piuttosto rara in politica, l’ora purtroppo sembra già indicare un minuto dopo mezzanotte. Lasciamoci sorprendere.

 

SEGRETO. Vincono, litigano, strillano e combinano disastri. Questo è lo specchio dell’Italia a trazione leghista dopo il voto abruzzese. Per il resto sotto il vestito poco, quasi niente. La vittoria non è certo frutto dei programmi, quasi evanescenti, ma piuttosto della paura e altri sentimenti meno nobili. Da “Capitano”, definizione che ai vignettisti suggerisce lo spot di un dentifricio, Salvini assurge ora al ruolo di “Maschio Alfa” del governo. Ma avrà il suo bel daffare per calmare l’aspra lotta di identità all’interno della coalizione che non fa bene al Paese. Anzi fa malissimo, tanto che a causa dell’instabilità della situazione, i risparmiatori hanno già portato in Svizzera oltre 13 miliardi di euro. E senza segreto bancario.

 

AVVISAGLIE. Si dice che una mela al giorno toglie il medico d’attorno. In politica per togliersi dai mali si inventano i nemici. Vecchia come il cuculo, la tecnica di trovare uno scaricabarile per le cose che non vanno, è stata largamente riesumata dall’esecutivo giallo-verde. Prima sul piano interno contro gli alleati permalosi, poi dirottata verso altri bersagli: i migranti, l’Europa, Bruxelles, Frau Merkel e adesso la Francia di Macron. Nella vulgata leghista tutti coalizzati per affondare l’Italia. In realtà non esistono al mondo due popoli come il francese e l’italiano la cui storia sia più strettamente intrecciata. Ma queste purtroppo sono le avvisaglie più antipatiche di quanto potrebbe accadere se riuscisse l’assalto sovranista al fragile fortino europeo.

 

BAGEL. Erano letteralmente impietriti dall’orrore i parigini fermi davanti alle vetrine di un negozio di specialità ebraiche su cui spiccava a caratteri gialli la parola “Juden”. Nella capitale francese quella scritta, che in tedesco assume un carattere ancor più infame, ha riportato alla memoria l’immane tragedia dell’occupazione nazista durante la vergognosa repubblica di Vichy. “Juden” è un insulto che non si era mai più visto dopo Auschwitz, nemmeno nelle ricorrenti esplosioni di antisemitismo che ultimamente si sono fatte sempre più impetuose. Gli autori del gesto sapevano dove colpire per toccare il doloroso nervo scoperto di sentimenti ambivalenti e inconfessabili. Quello imbrattato in maniera tanto scellerata non era un emporio qualunque, ma un negozio specializzato nella produzione e la vendita dei “bagel”, ciambella tipica della cucina ebraica che nei romanzi del premio Nobel Isaac Singer assume una forte valenza simbolica quale fattore di aggregazione e identificazione all’interno della comunità ebraica. Ciò rende ancora più odioso il gesto, come se le lezioni più tragiche della storia lasciassero indifferenti le coscienze. Con il revisionismo strisciante che guadagna terreno c’è davvero di che inquietarsi.

 

VALIGIE. Sotto i velami dei danteschi versi strani, il festival di San Remo e il commissario Montalbano, diversissimi nei contenuti, sono finiti entrambi nel tritacarne di una volgare polemica di stampo nazional-populista per avere teso una mano ai migranti. Secondo l’ottica deformata di una certa mentalità ostile a prescindere, sia il vincitore di origini egiziane sia l’ultimo caso risolto dal famoso commissario sarebbero sconfinati in territori che non dovrebbero essere di loro competenza. E invece lo sono, eccome se lo sono, quando affrontano tra una canzone e un’inchiesta, il dramma dell’emigrazione e dei morti in mare dal profilo della solidarietà e non col linguaggio impietoso che li descrive come un’orda di criminali, anziché vittime della follia umana. Ormai è chiaro. Chi fa perno sui peggiori istinti non intende certo mollare la ghiotta preda che sfruttata a dovere è una fonte inesauribile di consensi dubbi a costo zero. Da questa prospettiva, sloggiare chi ne intralcia gli stolti propositi e provare a trasformare Strasburgo in avamposto per erodere le istituzioni UE dall’interno, rimane l’inquietante obbiettivo finale dell’insensata ideologia sovranista. Inquietante, ma ahinoi non impossibile nel clima di intolleranza in cui si stanno preparando le valigie all’Europa. Vediamo di non farla salire sul treno.

 

 


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