giovedì 17 aprile 2014

Il nostro uomo a Beirut

In Ucraina si prepara l'inferno? Nessuna paura. Berlusconi, noto in tutto il mondo per le sue doti di statista, corre in aiuto di Putin e manda in Libano, per una missione che salverà l'umanità, il fido Marcello Dell'Utri, il quale vanta una lunga carriera di mediatore occulto. Peccato che l'abbiano arrestato.

di Renzo Balmelli

FAVOLA. La cosa più buffa di questo vaudeville diplomatico è che ancora c'è gente, tanta gente, disposta a crederci e a consegnarsi pienamente e coscientemente alla più grandiosa bufala di fine impero. Non c'è che dire: sembrava impossibile, ma per l'ultimo giro l'ex Cavaliere è riuscito nell'impresa non facile di battere se stesso con una trovata delle sue che oscura perfino la fama della nipotina di Mubarak.

PROGRESSO. Grazie al successo della "Obamacare" che per la prima volta introduce negli USA il principio democratico della solidarietà e dell'uguaglianza di trattamento per tutti nelle cure mediche, il presidente americano si è già ritagliato un posto fra i grandi del suo Paese. Ma la battaglia per la rivoluzionaria riforma sanitaria ancora non è conclusa. Fino alle elezioni di metà mandato a novembre la destra radicale, alfiere dell'assolutismo liberista, le proverà tutte per rovinare l'odiato nemico e il suo grandioso progetto, anche a costo di pregiudicare la salute dei cittadini. Per le sue implicazioni l'esito del braccio di ferro riguarda da vicino anche l'Europa, dove sono all'opera agguerrite forze reazionarie decise a riportare indietro le lancette della storia.

CULTURA. Per smussare le tensioni che attraversano l'Europa si vorrebbe poter dire con Flaiano che la situazione è grave, ma non seria. Nell'UE purtroppo l'acuto paradosso non funziona: il clima difatti è pessimo, come peggio non potrebbe essere. Indietro tuttavia non si torna; non si deve tornare, come esorta a fare Giorgio Napolitano nella sua lucida, pacata, ma non rassegnata analisi. Anche perché volendolo si può creare un'entità solida e capace di imporsi. Per salvarsi dall'abisso verso cui spinge la bacata retorica populista basterebbe maturare la consapevolezza di appartenere a una cultura frutto di un insieme di valori e non di "una collezione di Stati" in cui nessuno risponde al telefono, come osservava col suo pungente sarcasmo Henry Kissinger. Grazie all'Internazionale della cultura il collegamento sarebbe assicurato.

DINASTIA. In India Sonia Gandhi non gradisce che si ricordino le sue origini italiane. Tanto da non muovere un dito nella vicenda dei marò. Nelle lunghe elezioni che dureranno fino a metà maggio la leader del Congresso cercherà di stare lontana da tutto quanto la possa fare sembrare una straniera. Tanto distacco nasce dal timore di una sconfitta clamorosa di una dinastia, quella dei Nehru-Gandhi, al potere da oltre mezzo secolo e oggi in forte calo di popolarità. Ciò che si va prospettando è uno scenario post elettorale intriso di estremismo nazionalista che stride con l'ideale di una società giusta e pluralista su cui si è fin qui poggiata la più grande democrazia del mondo.

DECLINO. Chissà quanto avranno pesato le strambe iniziative del suo vecchio gruppo nello strappo di Paolo Bonaiuti, lo storico portavoce di Silvio B. traghettato verso la navicella del Nuovo centro destra. Pur dopo anni e anni di fedele militanza, certo non dev'essere stato facile vivere gomito a gomito con chi una la pensa, l'altra la fa e che al massimo della glorificazione vede in Berlusconi nientemeno che l'Aung San Su Ky d'Italia, martire e perseguitato dai carcerieri. Rossi, beninteso. Ci vuole fegato, ammettiamolo, per mettere sullo stesso piano la madre coraggio di Rangoon e il bung-bunga. Il tutto poi per una pena sui generis, molto meno faticosa di una passeggiata. Ma cosa non si farebbe negli spasmi del declino, senza il bagliore dell'alba.

ABUSO. Se il codice penale punisse l'abuso del politichese, sarebbero in pochi a non finire sul banco degli imputati. Tra le espressioni più inflazionate in questa stagione turbolenta spicca la parola "riforma", di cui son piene le fosse. Basterebbe che ne venisse realizzato un centesimo di quelle che sovente annegano nell'oceano mare dell'ovvio per rendere il Paese davvero migliore. Nel suo torrenziale eloquio anche Matteo Renzi si aggrega al coro quando afferma che senza riforme "la sinistra è destra". D'accordo, il concetto va bene. A patto però che la sinistra tale rimanga nel cuore e nella mente, senza le contaminazioni del Nazareno. Altrimenti non ci siamo!

INGANNO. Si spegne nello squallore di un giro di prostituzione minorile ai Parioli, l'American beauty in salsa romana nel quale la cronaca fa specchio al dissesto morale di un sistema costruito nel corso di un ventennio su vizi privati, tanti, e poche pubbliche virtù. Col rischio che la storia politica si trasformi in storia criminale. Dopo le rivelazioni affiorate dall'inchiesta, proviamo anche solo a immaginare quale potrà essere il disagio dei figli quando verranno a sapere che il papà se la spassava con giovanissime della loro età. Forse la conclusione è scontata. Ma cos'altro attendersi dallo scadimento di una società senza regole fondata sull'inganno?

ANIMA. Un po' di De Amicis non guasta mai. Ha il sapore delicato di un edificante apologo del Cuore la vicenda dell'operaio siciliano, oggi in pensione, che a sua insaputa si è trovato da un giorno all'altro proprietario di due dipinti di immenso valore. A lui quelle due tele piacquero subito. Sebbene non ne conoscesse gli autori, le aveva acquistate senza esitare a un'asta delle Ferrovie, pagandole quarantamila lire, che all'epoca erano comunque un piccolo sacrificio. Ciò che invece ignorava era di avere in casa, appesi in cucina, due capolavori di Paul Gaugin e Pierre Bonnard, che oggi valgono decine di milioni di euro. Adesso la speranza è che lo spontaneo senso del bello sgorgato dall'anima abbia la meglio sulle pastoie legali e che i dipinti, sottratti all'avidità del mercato, diventino suoi per sempre come già sono.

CINISMO. Non le ha, ma se anche avesse tutte le ragioni di questo mondo Beppe Grillo le ha miseramente cancellate, senza sconti e senza giustificazioni abborracciate, con l'oscena rivisitazione di Auschwitz e Primo Levi piazzata sul blog della vergogna. In casi come questo, quando non si riesce a esprimere compiutamente lo sdegno, si usa dire che le parole non bastano. Orbene di fronte alla profanazione della Shoah e all'uso perfido, maligno, della poesia che fa da incipit a "Se questo è un uomo", dolente capolavoro dello scrittore torinese scampato all'Olocausto, si rimane impietriti. Senza parole, appunto, per una deriva morale inqualificabile. Con l'infame manipolazione della scritta "Arbeit macht frei" e l'oltraggio fatto a milioni di vittime innocenti, l'ex comico tocca il fondo, trasformandosi egli stesso nel "povero buffone di provincia" del suo violento j'accuse. Per un triste concorso di circostanze, la scomparsa, lo stesso giorno, di Emanuele Pacifici, memoria storica della comunità ebraica capitolina, non fa che aggiungere una nota di bieco cinismo elettorale alla pagliacciata del leader pentastellato.

 

mercoledì 9 aprile 2014

Quattro pezzi facili

di Renzo Balmelli

VALORI. Saranno in grande spolvero e complice la congiuntura avversa troveranno terreno fertile, ma l'avere perso Parigi e Avignone, immagini scintillanti della cultura francese, è per la destra e la sua propaggine estrema un smacco psicologico non facile da digerire. Per la "gauche" in difficoltà sarà una magra consolazione, ma nel contempo aver tenuto due capisaldi di alto prestigio è anche la dimostrazione che non tutto e perduto e che la vera sfida, all'interno della spietata radiografia di una crisi europea dagli sbocchi imprevedibili, si vince sul terreno dei valori che contano. Che sono poi quelli della tolleranza, dell'uguaglianza, dell'intelligenza e della forza delle idee. Certo, la Francia è inquieta e arrabbiata, ma – si spera – non ancora al punto da voltare la spalle alla sua grandiosa tradizione illuminista per gettarsi a capofitto nell'onda blu Marine, volgare e senza avvenire. "Capisco i problemi", ha detto a Repubblica l'attrice Charlotte Gainsbourg. Ma non ci sono scuse: il voto per il Fronte nazionale è un voto razzista che la patria di Voltaire non può tollerare.

BARRIERE. Più che un campanello d'allarme, le municipali francesi sono state una sirena che ha emesso un suono lugubre come quello che precede le grandi catastrofi. Il problema è che quando cominciano a farsi sentire di solito è troppo tardi. Come osservava Gramsci si ha l'impressione che il vecchio mondo muore e il nuovo non può nascere. Nel mezzo prosperano questi fenomeni di destra estrema che al pari del voto di protesta non sono un'esclusiva della Francia, ma si mescolano e si autoalimentano con analoghe pulsioni presenti in altre realtà del Vecchio Continente, dove non di rado assumono coloriture inquietanti. In questo senso l'innalzamento delle barriere nazionali che i populisti propugnano, è un fenomeno che preannuncia l'avvento di una società dell'esclusione, in cui la destinazione finale di ogni immigrato sia un "posto migliore" dove essere infelice.

ORCO. Crimine esecrabile oltre ogni immaginazione, la pedofilia prospera sotto il paravento del silenzio che mette i colpevoli al riparo dai rigori della legge. Gli ultimi dati a questo proposito rivelano che molto spesso gli autori di abusi su minori sono parenti, amici e conoscenti insospettabili, i quali, dopo la condanna, hanno la pena sospesa e tornano vicino alle loro vittime secondo l'immagine classica dell'orco in salotto. Gli esperti chiedono di cambiare la legge per difendere i bambini, ma non di rado sono "vox clamantis in deserto". Un alito di imbarazzo hanno sollevato in tale ambito le linee guida della Cei (la Conferenza episcopale italiana) che non prevede nessun obbligo giuridico di denuncia di un prete pedofilo pur riconoscendo un dovere morale la lotta agli abusi. C'è da chiedersi con quale percezione sia stato accolto tra i fedeli e non solo il sottile, ma significativo discrimine.

ZOO. Nella sontuosa biografia di Berlusconi, ricca di gossip e forse un po' meno di atti di governo memorabili, mancava soltanto l'arca di Noè in chiave moderna. Ora anche questa lacuna è stata colmata, una nuova pagina luminosa andrà a completare il racconto delle prodezze da affidare ai posteri. Dopo i sondaggi che danno il suo partito in netto calo, l'ex premier ha difatti deciso, ispirato dalla lettura di Madre Teresa, di affidare ciò che resta del suo patrimonio politico, alla protezione degli animali soli e abbandonati. Dallo zoo di Silvio dovrebbero venire nuovi impulsi per rianimare un movimento claudicante che grazie a cani e gatti potrà essere guardato con rinnovata simpatia, "aiutando il popolo dei moderati a diventare forza e maggioranza politica". Sarebbe curioso conoscere il parere degli elettori a quattro zampe, ma anche quello degli esclusi dall'arca.

 

martedì 1 aprile 2014

Marine dell’orgoglio blu

di Renzo Balmelli

ORGOGLIO. La bionda Marine, irrompe come una furia e la destra, non solo quella estrema, gongola. In Italia fa addirittura le capriole. Vuoi mettere la soddisfazione di farla pagare alla sinistra, anche a costo di finire stritolati in un abbraccio mortale. Mai in passato un voto municipale ha espresso una tale, inquietante dinamica, estesa all'intera Nazione. Il successo del Fronte Nazionale ha avuto dimensioni maggiori delle più nere previsioni. E dicendo nero, il colore non è scelto a caso. Come in altri momenti, la Francia, rivelatasi la grande malata dell'Unione, fa paura all'Europa e ora il mondo guarda a Parigi con un misto di speranze e timori. Serve uno scatto d'orgoglio, una nuova Bastiglia per frenare la deriva. La figlia di Le Pen ha provato a smacchiare il partito dall'armamentario xenofobo e razzista, ma si capisce al volo che è solo cosmesi e che il successo frontista porta con sé tutte le conseguenze che la storia ci ha insegnato.

PENNE. Nella solitudine di Hollande, in vistoso calo di popolarità, si cristallizza la difficoltà dei socialisti di porre un argine all'esercito dei populisti euroscettici che sospinti dal Fronte Nazionale si preparano a invadere il Parlamento di Strasburgo fra due mesi. Con un titolo azzeccato, in sintonia con i suoi novant'anni al servizio della satira d'autore, l'Unità ha scritto che "l'Europa ci ha lasciato Le Pen", cogliendo in pieno il nocciolo di una crisi che scuote la sinistra, forse troppo poco reattiva nell'intercettare il disagio dei popoli di fronte alla crisi. E ben altre penne potrebbe lasciarci l'Unione se non si innescasse immediatamente il contro sterzo per evitare di finire sull'orlo del baratro. Arrivati al punto, osserva Romano Prodi con il suo solito buon senso, "tutti sanno che il nostro futuro senza l'Europa non esiste" e che per mantenere diritta la barra occorre che la voce della saggezza riesca a prevalere sulla strategia dei falsi profeti, molto abili nel vellicare gli istinti più riposti. Non sarà facile anche perché il tempo stringe.

SPEZZATINO. Ci sono situazioni in cui il Vecchio Continente sembra avere un passato davanti a se. A determinare questa impressione è il risvegliarsi di mai sopite pulsioni indipendentiste che possono fare sorridere, come la proposta di annettere la Sardegna alla Svizzera, ma che in Crimea fanno venire i sudori freddi. Nel corso dei secoli i mutamenti dei confini ha portato a tragedie, guerre ed emigrazioni forzate. Senza risolvere alcun problema. A Mosca, dove forse hanno la coscienza sporca, i media controllati da Putin, ossia più o meno tutti, hanno dedicato spazi e minuti fuori dal comune al referendum per il Veneto libero, quasi a volere giustificare in qualche modo il ritorno allo spezzatino geografico, secondo le vecchie logiche ottocentesche. Ovviamente le motivazioni autonomiste (Scozia, Catalogna) sono diverse, ma sovente possono rappresentare un balzo a ritroso nel tempo che minaccia di cancellare anni e anni di sforzi per costruire l'Europa moderna.

BOTTONI. Con una battuta folgorante delle sue, Luciana Littizzetto ha fatto notare che è più difficile tenere il conto dei primi ministri italiani che non quello dei fidanzati attribuiti a una nota e bella show-girl. Come darle torto? In occasione delle visite ufficiali, all'estero non fanno nemmeno in tempo a segnarsi il nome sull'agenda che la volta dopo se ne presenta un altro. La sfilata dei capi di governo romani sotto la porta di Brandeburgo ne ha visti transitare cinque nei quasi dieci anni di "regno" di Angela Merkel. Compreso il cucù alla Cancelliera del ben noto autore. Un bella differenza. Ai tempi della vecchia Dc quando i governi cambiavano dal giorno alla notte si parlava di "stabilità nell'instabilità". Adesso non più. Dopo il repentino pensionamento di Letta, il concetto pare difficilmente applicabile a Renzi, impegnato a Berlino in una sua personalissima "guerra dei bottoni" dal bottino scarsamente quantificabile rispetto a quello del film e del famoso romanzo di Louis Pergaud.

PALLONCINI. Molti anni fa , con una canzoncina apparentemente innocua, ma dal significato esplicito, Renato Rascel si chiedeva "dove andavano a finire i palloncini che sfuggivano di mano ai bambini". La risposta è arrivata in questi giorni con l'inchiesta sullo sperpero di denaro pubblico nelle Regioni, dal Piemonte alla Sicilia. Solo che a sfuggire di mano non sono stati i divertenti giocattoli amati dai bimbi, bensì milioni di euro (oltre cento), inghiottiti da un giro d'affari senza fondo ai danni dell'erario. L'elenco delle follie è lo specchio di un Paese allo sbando. Tra ostriche, reggiseni, aragoste, pranzi di nozze, rimborsi chilometrici, tosaerba, tartufi, foulard di seta e orologi d'oro sono stati commessi abusi a cavallo tra il comico e il grottesco a spese contribuente che rivelano tutta l'insolenza del potere. Come quel tal consigliere che per giustificare le sue mirabolanti trasferte spiegò che andava a tre sagre al giorno, dove com'è consuetudine di palloncini se ne gonfiano tanti.

DECLINO. Quando ha visto il titolo in bella evidenza sulla versione on line del suo giornale di famiglia preferito, pare che Berlusconi si sia arrabbiato di brutto. Ma come, proprio la sua creatura, il quotidiano conteso a Montanelli, la Bibbia del pensiero unico, osava fargli lo sgambetto in modo tanto plateale quanto irriguardoso. Che cosa era successo di tanto grave? Era successo che il "Giornale" forse per eccesso di zelo elettorale si era permesso di scrivere senza tanti preamboli che Forza Italia avrebbe vinto, anzi, stravinto alle europee anche senza il nome e il brand di Silvio. Come dire che Berlusconi non vale niente o quasi. Certo che per un politico ormai ridotto al ruolo di ex (ex premier, ex leader, ex candidato e ora persino ex Cavaliere) dev'essere stato un brutto colpo venire a sapere dai suoi che l'era berlusconiana è ormai avviata a un malinconico declino.

BAVAGLIO. Fin dall'antichità dittatori e regimi autoritari hanno posto in cima alle loro priorità la lotta al dissenso da perseguire con qualsiasi mezzo, dalla prevaricazione fino all'uccisione di coloro che non si piegano ai diktat dei potenti. Le limitazioni alla libertà di stampa e la censura a danno dei cittadini non conoscono frontiere e anche ai giorni nostri, nonostante la comunicazione alla pari tipica di blog e social network, ha raggiunto in tutto il mondo proporzioni enormi. Il blocco di twitter da parte del premier turco Erdogan è stato solo l' ultimo in ordine di tempo dei numerosi tentativi per imbavagliare il dissenso online. Ormai la sfida ha assunto le caratteristiche di una guerra informatica senza esclusione di colpi. Però a differenza di quanto avveniva col Grande Fratello di orwelliana memoria, oggi gli utenti non si rassegnano e sanno come aggirare la repressione e dare scacco matto ai silenziatori delle proteste con una mobilitazione culturale e tecnologica universale che da filo di torcere ai despota di ogni risma. Ed è giusto così.