di Renzo Balmelli
MEMORIA. A meno di non essere Pico della Mirandola, che in Emilia era di casa, l'uomo ha la memoria corta. Quando, passato il giorno del cordoglio, altre notizie occuperanno le prime pagine , sarebbe imperdonabile lasciare cadere nell'oblio il dramma del terremoto vissuto da queste popolazioni. Non si dovrà insomma ripetere quanto accadde dopo il vertice dell'Aquila di cui è rimasto un lungo sciame di impegni disattesi. Per ora la macchina dei soccorsi e della solidarietà funziona, ma l'elenco degli errori da evitare è lungo. Già sul finire del '700 un rapporto parlava di Reggio "avvezza" ai terremoti. Tenendone conto, magari si poteva evitare il peggio, anziché inveire contro la malasorte. Se i lavoratori vengono travolti dai capannoni pericolanti, è vano parlare di fatalità: è l'imprevidenza che ne amplifica le conseguenze.
ALCOVA. Quando Berlusconi decise di farsi da parte, chi pensava a un suo ravvedimento ha dovuto ricredersi. A indurlo a questo passo, come si poteva facilmente immaginare, non fu in effetti l'interesse del paese, bensì una furberia delle sue per rientrare in gioco. Difatti, neanche a farlo apposta , appena riesumato il presidenzialismo alla "francese" - un nome che ad Arcore accende fantasie da alcova - il Pdl si è precipitato a rilanciare il "salva Ruby"; con questa norma verrebbe estinto il reato di concussione cui deve rispondere il Cavaliere per la bufala sulla nipote di Mubarak. Fare le riforme è difficile, riformare il berlusconismo impossibile.
DANNO. Per la gravità dei reati , lo scandalo di Calciopoli che sta stravolgendo la regolarità del campionato e calpesta il concetto dello sport onesto , vale quanto Tangentopoli. Agli occhi dei tifosi, feriti dall'inganno, ce n'è infatti quanto basta per non fidarsi più delle "partite", così come dopo il cataclisma di Mani pulite - perdonate l'ovvio gioco di parole - gli elettori cominciarono a diffidare dei " partiti". Il danno di immagine è enorme, ma i responsabili del disastro non mostrano pentimento alcuno e snobbano il premier Monti , vox clamantis nel deserto della corruzione, quando esorta a fare un passo indietro per restituire dignità al calcio.
LACUNA. Dove si trova Berlino? Che figura, la Cancelliera non lo sa. Beccata in fallo mentre annaspava sul mappamondo senza trovare la capitale, la lacuna in geografia è valsa ad Angela Merkel la bocciatura della ZDF e le frecciate al vetriolo di Oliver Welke, il Crozza del secondo canale tedesco. Da un po' di tempo la dama di ferro traballa. All'estero sale il malumore per la sua gestione spigolosa della crisi, e non minori sono le difficoltà in patria dove le rimproverano di pensare soltanto alla sua rielezione. Ma è un calcolo miope, perché sul piano interno è già indebolita. Essere la prima della classe a volte è un ruolo scomodo.
OSSESSIONE. Da quattro anni la destra americana prova a sabotare la Casa Bianca per cacciare " l'abbronzato "- come lo chiamò Berlusconi - anche a rischio di mandare il paese in malora. Anziché sulla forza delle idee- forse inesistenti - il programma dei repubblicani si basa infatti sul livore contro l'intruso di colore, diventato ormai una vera e propria ossessione. Il peggio tuttavia deve ancora arrivare. Su Obama sta per abbattersi una campagna aggressiva di violenza inaudita e dai costi spropositati. Qualcosa come un miliardo di dollari. Ma l'oro non fa un buon presidente. Bush venne eletto grazie al "big money" e sappiamo com'è finita.
INCUBO. Significa "luce" il nome del quartiere di Tall Dhau nella città siriana di Hula, teatro della strage d'innocenti che ha indignato il mondo intero. Il paese però sta sprofondando nelle tenebre della repressione e di giorno in giorno cresce l'incubo di una guerra tutti contro tutti. A sostenere Assad nei suoi folli propositi, diventando parte del problema, sono rimaste solo Cina e Russia, unite da una ragione fondamentale: entrambe non tollerano che un popolo si ribelli all'autorità. Con alleati di questa taglia sempre pronti a far valere il diritto di veto, Damasco disdegna la diplomazia, ma davanti alle voci dell'orrore è difficile restare indifferenti.
GIUDIZIO. L'ergastolo inflitto a Mubarak è la classica sentenza pilatesca frutto di un compromesso tra la tendenze affiorate nell'opinione pubblica, indignata l'una, gattopardesca l'altra. Tenuto conto dell'età avanzata dell'imputato, l'esito ideale del processo sarebbe stato un giudizio storico complessivo sul suo regime in cui molti hanno prosperato. L'obiettivo è stato invece trascurato; d'altronde i militari chiamati a pilotare la transizione non l'avrebbero consentito. Il vecchio sistema continuerà quindi a pesare sull'Egitto grazie ai fedelissimi di Mubarak sempre ben piazzati nei gangli vitali del paese, tanto da avere un loro candidato al ballottaggio.