CANNONI - E’ una prova di scarsa lungimiranza la pretesa di vedere pacificato l’Afghanistan affidando l’immane compito alle operazioni militari. Già esiste una pregiudiziale negativa verso gli eserciti stranieri, raramente ben accetti. Se poi, nonostante il cospicuo aumento di mezzi e contingenti , i risultati nella lotta al terrorismo scarseggiano, è comprensibile che si diffonda la rassegnazione. Non è quindi mancare di rispetto ai due militi italiani caduti a Herat ed a coloro che in questa tragica sorte li hanno preceduti, chiedersi se questi sacrifici servono ancora a qualcosa. Mentre lo scacchiere internazionale continua a proporre tragedie, porsi qualche interrogativo di natura morale sulla necessità di rivedere le regole d’ingaggio è legittimo se non altro per non allungare la scia dei morti. Di quanti eroi, oggi onorati , domani dimenticati, ci sarà ancora bisogno per maturare la consapevolezza che la democrazia non si esporta sulla bocca dei cannoni.
CAMICIE - Non v’è traccia della sorridente grazia orientale nella Thailandia che lontana dai cataloghi per turisti mostra il volto feroce della repressione. Dietro la scala cromatica delle camicie che determinano le idee politiche ( rosse quelle proletarie, gialle per le élite) si delinea una sorda lotta per la supremazia carica di incognite. E’ uno scontro senza quartiere nel quale , a difesa dei privilegi delle cricche locali, si fronteggiano populismo, oligarchi, militari, monarchia, ma dal quale è assente la vita parlamentare. Ed è appunto l’incertezza della democrazia di fronte ai poteri forti che alimenta i timori degli osservatori. Priva di un passato coloniale e quindi per lungo tempo baricentro neutrale del sudest asiatico, la Thailandia sta adesso vivendo una prova piu’ devastante delle sue crisi ricorrenti. Non è quindi da sottovalutare il rischio di ricadute negative sugli equilibri dell' intera regione e in particolare sui paesi vicini che reduci da conflitti terribili sono ora intenzionati a concludere il loro cammino verso realtà normali e riconciliate.
MANIPOLAZIONI - Lascia sconcertati il rigurgito revisionista sul passato che non passa. Il giudice Garzon non potrà indagare sui crimini del franchismo, il che è tutto dire, mentre in Italia capita di leggere la tesi secondo cui la Repubblica di Salo’ fu una “ necessità storica” in contrapposizione alla “ viltà della Resistenza” che combatteva per valori non democratici. A metà degli anni settanta del secolo scorso la lunga agonia del generale Franco divenne la metafora dell’agonia di una dittatura spietata. Un baratro di violenze verso il quale ancora oggi la Spagna non ha fatto del tutto i conti. Ovunque dove il fascismo è passato, restano, immutate nel tempo , le tracce indelebili di profonde sofferenze che non ammettono ambigui patti dell’oblio. L’ essenza stessa della democrazia è vincolata al diritto imprescrittibile della memoria per continuare a distinguere tra vittime e carnefici. Stare dalla parte del regime franchista, macchiatosi di crimini contro l’umanità, non fu come schierarsi con la Repubblica. E nemmeno oggi a distanza di anni sono tollerabili indigeste manipolazioni della storia che mirano a snaturare la verità.
COCCODRILLO - Tempo fa a Berlusconi era scappato detto che in Italia c’è troppa libertà di stampa. Forse non fu un lapsus. Premesso che della suddetta libertà non ce n’è mai abbastanza , adesso è fonte di diffusa preoccupazione il previsto arrivo della nuova legge sulle intercettazioni che fissa paletti pericolosi per il diritto all’informazione. In difesa del provvedimento Pdl e Lega giurano che servirà a tutelare la privacy dei cittadini . Peccato pero’ che nel testo ci sia scritto altro. Col ddl Alfano (sempre lui) in effetti si da via libera a inaccettabili stangate sui media, assolutamente incompatibili con i valori democratici. Palese è infatti il tentativo di confezionare, col sigillo della censura preventiva, uno scudo protettivo su misura per i potenti che si devono sottoporre al giudizio dell’opinione pubblica. Insomma siamo alle solite. Dopo i famigerati bandi di stampo bulgaro, la maggioranza insiste nell'insano proponimento di mettere il bavaglio al panorama giornalistico italiano, già in subbuglio per altri episodi poco chiari. Fa molto discutere a questo proposito la posizione del TG1, sotto tiro per i servizi che cancellano l’opposizione. Inoltre , in un clima di roventi polemiche, alla RAI sembra condannata a scomparire Annozero, la trasmissione di Santoro che Palazzo Chigi vede come il fumo negli occhi. Crea dibattito oltre lo squallore di quiz e reality e quindi da fastidio. In cantiere già vi sarebbe un format piu’ gradito al capo , senza contraddittorio e affidato a conduttori di provata “fede”. E' ovvio che da tutto questo improvviso fermento non sono estranee le attuali difficoltà del premier. Chiuso nell’angolo dallo scandalo Scajola, dalle ondate d’urto del malaffare e dalle paure del caso Bertolaso che fa traballare parecchie poltrone del suo governo, Berlusconi prova a liberarsi dalla stretta dettando le regole ad personam per l'occupazione del consenso mediatico su cui ha costruito la sua carriera politica. Gli è di grande aiuto la compiacenza dei suoi uomini piazzati nei posti chiave del mercato. Accade cosi’ che nei telegiornali “amici” la batosta elettorale rimediata in Alto Adige e il sensibile calo nei sondaggi abbiano avuto meno risalto della caccia a un fantomatico coccodrillo in un lago del Casertano. Quando le cose si mettono male c’è sempre un mostro di Loch Ness con cui sviare l’attenzione. Ma a volte non basta. Cio' che la destra non aveva previsto è la ferma alzata di scudi del mondo dell'informazione che chiama il paese a mobilitarsi contro le limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca ; limitazioni che di fatto equivalgono a mettere sotto tutela i cittadini. Per l'ok definitivo al provvedimento la partita quindi non è ancora chiusa.
SCANDALO - E’ velenosa come il fiore di cui porta il nome, la lista di Anemone che sta facendo correre rivoli di sudore gelato nei ranghi della maggioranza. Nel libro mastro delle ristrutturazioni mai effettuate, ci sono quattrocento nomi, tutti di personaggi eccellenti, politici, funzionari dello stato, quanto basta per mandare a casa il governo. Un giro di malaffare di proporzioni colossali. L’elenco di Diego Anemone, l’imprenditore considerato figura centrale della cricca degli appalti, è una mina vagante carica di minacce. Tra regali, appartamenti sotto banco, contratti pilotati, grandi opere manipolate, prestazioni sessuali e quant’altro, ci sono tutti gli elementi per una nuova, sconvolgente Tangentopoli . Ma conoscendo l'abilità di chi controlla la rete degli intrallazzi, non ci sarebbe da meravigliarsi se grazie alla protezione delle leggi ad personam tutto finisse in una bolla di sapone a spese della collettività. Con l’ennesimo scandalo, viene infatti a cadere, sacrificata sull’altare della corruzione, l’ultima possibilità di fare le riforme entro la fine della legislatura. Sarebbero stati tre anni ideali, tre anni liberi da scadenze elettorali, dunque propizi per cambiare registro. Ma a questo punto, nel caos generale, non se ne farà nulla. Nel tentativo di salvarsi la pelle e non finire sotto inchiesta, nessuno penserà piu’ alle riforme. E’ strano assai, la destra ha un potere enorme suffragato dalle elezioni, eppure ne fa un’uso deprecabile, sciagurato, nel solo intento di assecondare i propri interessi. Ha ragione Bersani: bisogna andare a ondo delle indagini senza ammiccamenti, altrimenti il malcostume continuerà a dilagare.